Il condominio
è un ente di gestione che si costituisce senza alcuna formalità immediatamente
dopo la costruzione dell’ edificio e la vendita anche di uno solo degli
appartamenti di proprietà esclusiva.
Un condominio, come detto, comincia ad esistere giuridicamente nel momento in
cui un edificio, di proprietà di un unico proprietario, viene frazionato
mediante atti pubblici; quando cioè una proprietà individuale diviene plurima,
con il trasferimento di ciascuna singola unita’ immobiliare a soggetti diversi.
Restano però in comunione pro indiviso tutte quelle parti dell’edificio che per
ubicazione e struttura funzionale, sono destinate a soddisfare esigenze generali
e primarie del condominio stesso.
Il condominio dunque si costituisce allorché due o più soggetti proprietari di due o più unita’ immobiliari di uno stesso edificio, esercitano il loro diritto sia sulle parti comuni che sulle proprie in modo proporzionale al valore delle rispettive proprietà.
La proprietà può essere per piano o porzione di piano in senso non solo verticale ma anche orizzontale o per singola unita’ immobiliare con parti necessariamente comuni perché contenenti accessori indivisibili per natura o destinazione.
Il condominio, a differenza della comunione, e’ caratterizzato dall’esistenza di una proprietà immobiliare divisa, e può definirsi un "ente di gestione" che, sprovvisto di personalità giuridica e senza autonomia patrimoniale opera per la conservazione delle parti comuni dell’edificio e della funzionalità dei servizi nell’interesse comune di tutti i partecipanti, pur senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino.
Comunione e Condomino
A cura dell’ Associazione A.R.A.I.
L’istituto del Condominio, non previsto dal vecchio codice civile del 1865, è stato regolato dall’attuale codice che risale al lontano 1942. Il legislatore non poteva lontanamente prevedere quale evoluzione avrebbe avuto nel corso degli anni il fenomeno condominio sotto l’impulso non solo di nuove tecnologie (antenne centralizzate, cancelli automatici ecc.) ma soprattutto di nuove normative e Leggi speciali.
Si è così assistito ad una notevole produzione di sentenze dei vari Tribunali e della Suprema Corte di Cassazione che spesso non hanno potuto risolvere l’enorme casistica di problematiche che assillano quotidianamente condomini ed amministratori.
Il Condominio trae la sua origine dall’ istituto della comunione alla quale è intimamente legato. L a differenza giuridica tra i due istituti è molto sottile.
La Comunione si ha quando più persone hanno in comune la proprietà su un bene mobile o su un immobile ed ogni comunista (così si chiamano i partecipanti) è proprietario per l ‘intero del bene in comunione. Ad esempio un fabbricato in comunione è posseduto per intero da tutti i partecipanti alla comunione a prescindere dal fatto che sia diviso o meno in appartamenti.
Il Condominio invece si forma quando il costruttore vendendo la prima unità immobiliare fa si che in uno stesso edificio i beni di proprietà esclusiva coesistono con la comproprietà rappresentata dalle cosiddette "parti comuni", le quali servono tutti o una parte dei condomini.
Nel condominio confluiscono due diritti: un diritto di proprietà esclusiva e uno di proprietà di comunione forzosa e necessaria finalizzata alla conservazione ed alla manutenzione di quelle parti comuni, che, in quanto pertinenza del condominio, non possono essere divise.
Nella comunione ogni partecipante ha un solo diritto: quello sulla totale proprietà comune indivisa. Gli articoli che regolano la comunione vanno da 1100 al 1116 c. c.
In definitiva il condominio costituisce un aspetto particolare della comunione, e ad esso si applicano tutte le norme degli articoli 1117/1139 del codice civile, ed in alcuni casi le norme generali sulla comunione.
La comunione si distingue in base all’oggetto.
Comunione pro diviso: quando la comunione cade su un bene del quale ciascun comunista ha in esclusivo godimento una porzione;
Comunione pro indiviso: quando la comunione interessa un bene unico e ciascun comunista la possiede per intero insieme agli altri.
Parti comuni
A cura dell’ Associazione A.R.A.I.
Il condominio é l’insieme delle parti di un edificio che sono di proprietà comune a più condomini.
Una esatta identificazione delle parti comuni è contenuta nell’articolo 1117 del codice civile.
Le parti comuni si possono classificare in tre distinte categorie, suddivise in necessarie, perché costituiscono la struttura stessa dell’edificio, di pertinenza, perché comprende tutti i locali destinati ai servizi comuni, ed infine accessorie in quanto comprende le opere, le installazioni ed i manufatti che servono all’uso ed al godimento comune.
1117. Parti comuni dell’edificio
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:
1) il suolo su cui sorge l’ edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie alluso comune;
2) i locali per la portineria e l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono alluso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
Scendendo nei dettagli si nota infatti che alla prima categoria appartengono quei beni ed in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune e che per la loro natura vengono normalmente utilizzati da tutti; il loro uso esclusivo o la loro modifica necessita dell’assenso di tutti gli interessati:
è il terreno su cui sorge l’edificio;
sono le opere che servono a garantire la stabilità dell’edificio;
costituiscono la struttura stessa dell’edificio, formano parte integrante dei pilastri e comprendono tutto quanto contribuisce al decoro architettonico dell’edificio; costituendo una comunione pro indiviso nulla impedirebbe ai condomini di utilizzarli per le proprie esigenze nella parte corrispondente al piano di sua proprietà, sempre che non sussistano convenzioni speciali e che l’utilizzo non urti con i divieti posti dagli articoli 1102, 1120 e 1122 e cioè:
Vengono considerati come muri maestri comuni a tutti i condomini anche i pilastri, le colonne e le arcate che formano i portici.
Sono invece di proprietà esclusiva i muri di tramezzo, per cui il singolo condomino potrebbe rimuoverli, spostarli o modificarli senza il consenso degli altri condomini
opera destinate a proteggere l’edificio dagli agenti atmosferici, costituita da struttura inclinata di travi, ricoperte da tegole;
sono coperture calpestabili piane e secondo il titolo possono essere di proprietà esclusiva o di proprietà comune; se invece costituiscono il prolungamento ideale di unità immobiliari di proprietà esclusiva, si chiamano terrazze a livello;
sono comuni a quei condomini che possono potenzialmente utilizzarle;
servono di norma per accedere alle proprietà esclusive, ma possono creare difficoltà interpretative a seconda del tipo di edificio;
sono dei marciapiedi coperti, delimitati da un lato da pilastri e dall’altro muri dell’edificio;
area comune scoperta che, posta tra i corpi fabbrica dell’edificio, ha la funzione di dare aria e luce all’intero fabbricato. E tuttavia possibile che, ove deliberato dall’ assemblea, possa essere destinato a parcheggio delle macchine sempre nel rispetto dell’ art.1102, e che l’assemblea stessa possa disciplinare l'uso turnario in caso di incapienza del bene comune
Alla seconda categoria appartengono i locali destinati a servizi comune: i locali per la portineria e l’alloggio del portiere, la lavanderia, il riscaldamento centrale, gli stenditoi ecc.
Alla terza appartengono i beni o gli impianti che sono accessori di tutte le proprietà singole o una parte di esse: le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune:
Quanto disposto dall’articolo 1117 non ha certo carattere esaustivo ne inderogabile. ciò significa che possono pur esistere dei beni comuni non previsti o vi possono essere dei beni non comuni, ma assegnati in forza di un titolo ad un singolo condomino.
Non costituiscono parti comuni le soffitte, i solai, il sottotetto considerati elementi integranti o pertinenza dell’ultimo piano, i vespai (riempimenti calcarei a nido d’ape) sottostanti il pavimento del piano terra.
Si presumono parti comuni il sottosuolo ed il terrapieno, di concezione diversa rispetto ad i seminterrati o cantinati che possono essere di proprietà esclusiva.
E’ altrettanto possibile che se dei beni comuni servano solo una parte della collettività (ascensore, scala), si avrà in questo caso un condominio parziale. L’amministratore ne dovrà tenere conto per una giusta ripartizione delle spese, escludendo quei condomini che non traggono alcuna utilità da certi beni.
Il pianerottolo non è una pertinenza delle abitazioni, bensì delle scale e deve considerarsi di proprietà comune, a meno che un titolo non dica diversamente .
Condominio orizzontale
Esaminiamo ora i condomini orizzontali, formati da ville di proprietà esclusiva costruite su lotti di terreno che, facendo parte di un unico grande lotto, sono collegati con cose comuni.
Le parti comuni a tutti i lotti di terreno di esclusiva proprietà ove sia costruita o meno una villa, si possono identificare in : - recinzioni - cancelli . videocitofoni - viali - acquedotti - piscine - campi da tennis - impianto di illuminazione. Trattandosi di un condominio atipico, la tabella millesimale sarà del tutto particolare e dovrà tenere conto della superficie dei lotti, della superficie di costruzione, sul volume costruito su di essa e valutare poi la distanza che intercorre tra l’entrata comune e l’entrata in ogni lotto.
Pertinenze ed accessori della proprietà individuale.
Giardini. I giardini, considerati entità naturali, non sono menzionati dall'art. 1117 c. c. tra le parti comuni, in quanto a volte sono una pertinenza comune a tutti i condomini altre volte sono pertinenza ("una cosa senza essere parte di un altra è ad essa accessoria") delle unità immobiliari dei piani terreni; sia nel primo che nel secondo caso sono sempre una parte del lotto del terreno originario comune. E necessario perciò che nel titolo o nell’atto di acquisto venga specificata l’appartenenza di questo giardino, ai fini soprattutto delle spese di manutenzione.
Balconi.. Nelle disposizioni dedicate alla disciplina del condominio, invece, non viene detto nulla a proposito dei balconi, per cui è necessario valutare la situazione caso per caso, considerare la posizione, la struttura e le caratteristiche costruttive di ciascun balcone. Non esiste, quindi, una sola regola valida per tutte le ipotesi; bisogna, invece, individuare i principi che consentono di inquadrare le varie fattispecie. Naturalmente la maggior parte dei problemi è già stata affrontata e risolta dalla giurisprudenza. In molti casi si è pronunciata su di essi anche la Corte di Cassazione. In linea di massima si possono individuare le seguenti situazioni: a) Balconi in aggetto; b) Balconi a castello
Balconi in aggetto: sono i tipici balconi sporgenti sui muri perimetrali e le cui strutture sono di proprietà individuale, esclusi i frontalini che, se rivestiti o contenenti elementi architettonici, costituiscono parte comune.
Balconi a castello: anche se accessori degli appartamenti dai quali si accede rientrano nella proprietà comune a due piani: quello sovrastante e quello sottostante.
Uso delle parti comuni
A cura dell’associazione A.R.A.I.
Molte volte un lavoro eseguito da un condomino senza il consenso dell’assemblea viene ritenuto non lecito, mentre invece è consentito dalla legge. È la legge infatti che sancisce i limiti entro i quali il singolo può eseguire un lavoro utilizzando a proprio favore la cosa comune. Tali limiti non possono essere travalicati, ma vediamo quanto dispone l'art.1102 per l'uso lecito della cosa comune e quanto di contro vieta.
L’articolo 1102 (Uso della cosa comune). Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
In base al primo comma di tale articolo ogni partecipante al condominio ha la facoltà di usare la cosa comune con il divieto però di non alterarne la destinazione, attuando una modificazione del bene o del suo utilizzo in modo contrario alla natura della cosa, al titolo, alla legge, o alla volontà dei partecipanti, espressa attraverso o un regolamento contrattuale o con un regolamento assembleare. Per il secondo comma ogni singolo condomino può apportare, anche a sue spese, le modifiche necessarie al miglior godimento della cosa comune, senza dover chiedere autorizzazione alcuna all’assemblea dei condomini, purché non venga alterata la consistenza e la destinazione del bene che attuano delle innovazioni come vedremo appresso.
All’ultimo comma l’art.1102 precisa, infine, che uno dei comproprietari potrebbe, addirittura usucapire il suo diritto maturato per il suo esclusivo utilizzo determinato dall’inerzia degli altri perdurante un determinato lasso di tempo.
In ogni caso stabilire se è stata compiuta un alterazione della cosa comune o se si attua un possibile impedimento nel pari uso da parte di altri condomini, sarà compito di un tecnico dopo aver compiuto le opportune indagini ed accertamenti.
Uso delle parti comuni
A cura dell’associazione A.R.A.I.
Molte volte un lavoro eseguito da un condomino senza il consenso dell’assemblea viene ritenuto non lecito, mentre invece è consentito dalla legge. È la legge infatti che sancisce i limiti entro i quali il singolo può eseguire un lavoro utilizzando a proprio favore la cosa comune. Tali limiti non possono essere travalicati, ma vediamo quanto dispone l'art.1102 per l'uso lecito della cosa comune e quanto di contro vieta.
L’articolo 1102 (Uso della cosa comune). Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
In base al primo comma di tale articolo ogni partecipante al condominio ha la facoltà di usare la cosa comune con il divieto però di non alterarne la destinazione, attuando una modificazione del bene o del suo utilizzo in modo contrario alla natura della cosa, al titolo, alla legge, o alla volontà dei partecipanti, espressa attraverso o un regolamento contrattuale o con un regolamento assembleare. Per il secondo comma ogni singolo condomino può apportare, anche a sue spese, le modifiche necessarie al miglior godimento della cosa comune, senza dover chiedere autorizzazione alcuna all’assemblea dei condomini, purché non venga alterata la consistenza e la destinazione del bene che attuano delle innovazioni come vedremo appresso.
All’ultimo comma l’art.1102 precisa, infine, che uno dei comproprietari potrebbe, addirittura usucapire il suo diritto maturato per il suo esclusivo utilizzo determinato dall’inerzia degli altri perdurante un determinato lasso di tempo.
In ogni caso stabilire se è stata compiuta un alterazione della cosa comune o se si attua un possibile impedimento nel pari uso da parte di altri condomini, sarà compito di un tecnico dopo aver compiuto le opportune indagini ed accertamenti.
Le tabelle millesimali
A cura dell’associazione A.R.A.I.
Le tabelle millesimali hanno la funzione di determinare il valore delle singole unità immobiliari e di conseguenza il valore delle singole quote di comproprietà sulle parti comuni dell’intero edificio ai fini della ripartizione delle spese e della formazione della volontà dell’organo assembleare.
In virtù di quanto dispone l'art. 68 att. c.c. "per gli effetti indicati dagli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 c.c., il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini.
I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell’intero edificio, devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.
Nell’accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano".
Le tabelle millesimali possono essere contenute in un regolamento contrattuale perché predisposte dal costruttore o redatte successivamente per volontà dei singoli condomini. In entrambi i casi la formazione delle tabelle integra un vero e proprio negozio di natura contrattuale, che, andando a riguardare il diritto di comproprietà dei singoli sulle parti comuni, richiede per l’approvazione o modifica l’unanimità. Qualora vi fossero disaccordi e non si potesse arrivare alla formazione delle tabelle millesimali, è previsto che anche un solo condomino possa rivolgersi all’autorità giudiziaria che, procedendo alla redazione tramite un perito, rende obbligatorie per tutti i condomini le tabelle.
Vi sono vari tipi di tabelle millesimali.
La più importante è sicuramente quella di proprietà che esprime il rapporto tra i valori delle singole unità immobiliari, espresse appunto in millesimi. In quasi tutti i condomini ormai vi sono, oltre la tabella di proprietà, altre tabelle, tutte relative ai servizi ed agli impianti comuni regolandone le varie spese di gestione (es. riscaldamento, scale, androne, ascensore, portierato, autoclave ecc ‘).
La redazione delle tabelle millesimali dovrebbe possibilmente essere affidata ad un tecnico in quanto occorre attuare un accurato studio dello stabile, effettuare le planimetrie delle varie unità immobiliari, e procedere poi all’esame delle caratteristiche qualitative, che, a loro volta, incideranno sulla scelta dei valori dei cosiddetti coefficienti riduttori.
Tali coefficienti, definiti da una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n°12480/66, sono detti di differenziazione ed indicano con 1 il valore normale medio, che può essere aumentato o diminuito secondo se le caratteristiche qualitative hanno più o meno importanza.
Criteri di determinazione.
Nella determinazione di una tabella millesimale non ha alcuna importanza il calcolo esatto dei valori Lire/Mq., o delle superfici o dei volumi, quanto invece il rapporto tra i valori o superfici o volumi delle unità immobiliari. Non vanno tenuti in considerazione il canone di locazione, lo stato di manutenzione o i miglioramenti apportati nel tempo all’unità immobiliare.
L’applicazione dei vari "coefficienti di riduzione", alla superficie o volume reale delle singole unità immobiliari, trasforma tale superficie da reale in virtuale o volume virtuale.
La quota millesimale relativa ad ogni unità immobiliare deriva dal rapporto tra la superficie virtuale della u. i. e la somma di tutte le superfici virtuali di tutte le u. i., secondo coefficienti prestabiliti.
Prendiamo ora in esame i vari coefficienti applicabili:
Dopo aver definito l’applicazione dei vari coefficienti, che esprimono le differenze qualitative tra le varie u.i., questi si moltiplicheranno tra loro, al fine di avere un unico coefficiente, detto globale, che servirà per determinare la superficie o volume reale e dunque le quote millesimali di ogni u.i..
I valori, determinanti le quote millesimali, (ex art. 69 att. c.c.) "possono essere riveduti o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano".
Amministratore condominiale: come sceglierlo
Come riconoscere un amministratore di condominio corretto.
La
scelta dell’Amministratore deve essere oculata.
La cautela di preferire un iscritto a un associazione di categoria é già
qualcosa, ma non basta: nemmeno gli albi professionali tutelano dagli
imbroglioni.
E’ un bene informarsi presso altri condomini dove il candidato lavora già e diffidare di chi chiede un compenso irrisorio: probabilmente si rifarà applicando tangenti ai fornitori o alle ditte che eseguono lavori edili.
L’amministratore corretto si riconosce dalla serietà della sua gestione:
L Amministratore
condominiale
A cura dell’associazione A.R.A.I.
L’amministratore è l’organo di governo del condominio al quale è legato dal punto di vista legale da rapporti indicati nel contratto di mandato, per sua natura fiduciario.
1703. Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra.
1710. Diligenza del mandatario. Il mandatario è tenuto ad eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia’’’
E’ evidente il contrasto giuridico-legislativo, dal momento che, in attesa che le varie proposte di legge trovino attuazione, allo scopo di inquadrare una figura che va acquistando una sempre maggiore rilevanza, soprattutto per il notevole fiorire di nuove leggi speciali, le quali richiedono persone preparate e capaci, chiunque, solo teoricamente però, può svolgere questa attività. Ci si augura che venga approvata la legge che istituisce un Albo professionale a cui gli amministratori dovranno essere iscritti. Tale disegno di legge prevede comunque la possibilità per un condomino interno, anche se non iscritto all’Albo, ma in possesso almeno di una buona preparazione, di amministrare il proprio condominio. Vale comunque la pena di insistere sulla scelta di persone qualificate, preparate ed esperte nel campo. Ogni errore commesso dall’amministratore alla fine ricade sul condomino.
Nomina e revoca.
1129. (Nomina e revoca dell’amministratore). Quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore. Se l’assemblea non provvede, la nomina è fatta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
L’amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea.
Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’ art. 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.
La nomina e la cessazione per qualunque causa dell’amministratore dall’ufficio sono annotate in apposito registro.
L’amministratore deve essere nominato quando in un condominio vi sono più di quattro condomini. Viene eletto dall’assemblea condominiale. La nomina dell’amministratore fatta dal costruttore - venditore di un edificio, anche se inserita nel rogito, è nulla. L’amministratore può essere nominato dall’Autorità Giudiziaria qualora il condominio ne sia sprovvisto e l’assemblea non riesca a pronunciarsi a proposito. L’Autorità Giudiziaria provvede unicamente su richiesta di almeno un condomino. Per l’importanza che riveste la nomina dell’amministratore, la legge prescrive la maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno la metà dei millesimi degli appartenenti al condominio. La stessa maggioranza, secondo la giurisprudenza, è necessaria per la riconferma.
L’amministratore può essere revocato dall’assemblea con la stessa maggioranza richiesta per la nomina; la revoca può avvenire in qualsiasi momento anche senza motivo alcuno, spettando però, secondo diversi giuristi, il compenso che avrebbe dovuto percepire durante tutto il periodo, soprattutto se viene revocato per colpa non sua prima della scadenza del mandato,.
Ma l’amministratore può inoltre essere revocato anche dall’Autorità Giudiziaria su ricorso anche di un solo condomino:
a) quando, essendo stato destinatario di una citazione o di un provvedimento, che esula dalle sue attribuzioni, non ne abbia dato comunicazione all’assemblea dei condomini (u. c. articolo 1131);
b) se non ha reso conto della sua gestione per due anni;
c) se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.
Per la revoca è competente il Tribunale ove ha sede il condominio, che, sentito l’amministratore, provvede in Camera di Consiglio. Contro il provvedimento del Tribunale, l’amministratore può fare ricorso secondo l’art.64 delle disposizioni di attuazione entro 10 giorni dalla notifica.
Durata dell’incarico. L’amministratore dura in carica un anno, scaduto il quale può essere confermato o sostituito, con le maggioranze indicate, ed in ogni caso non decade automaticamente, fino a quando non verrà nominato legalmente un successore.
Retribuzione. All’amministratore spetta un compenso per il lavoro svolto; in mancanza di decisioni in tal senso dell’assemblea sono da applicarsi le tariffe professionali indicate da Collegi e Associazioni. Se passerà la nuova proposta di legge, i compensi si applicheranno a tariffario. Si precede infatti la istituzione di collegi distrettuali e nazionali con il compito di formulare le proposte di tariffe professionali, da sottoporre al Ministero di Grazia e Giustizia. Gli stessi collegi distrettuali potranno essere poi interpellati dai condomini in caso di controversie sull’onorario e avranno anche il compito di tentare una conciliazione della lite.
Attribuzioni dell’amministratore.
1130. L’amministratore deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare luso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione
Le attribuzioni dell’amministratore, di carattere essenzialmente esecutivo, sono definite dall’art.1130 c.c.; ad esse devono aggiungersi quelli eventualmente attribuiti dal regolamento di condominio, dall’assemblea, da leggi speciali e dalle norme generali del diritto.
Esecuzione delle delibere. L’amministratore deve dar corso alle delibere prese dall’assemblea e curare l’osservanza del regolamento di condominio, operare con la diligenza del mandatario, e non potrà applicare deliberazioni, contrarie alle leggi e all’ordine pubblico.
Disciplinare l'uso delle cose comuni. E compito dell’amministratore consentire a tutti i condomini di usufruire dei servizi comuni in maniera completa, andando a stabilire in concreto quanto non previsto dal regolamento di condominio. E altrettanto necessario il buon senso quando si tratta di trovare soluzioni che, pur permettendo a tutti di godere di parti comuni, non sempre sono adatte a soddisfare i bisogni o le pretese di tutti i condomini.
Si pensi per esempio al cortile insufficiente per posteggiare le autovetture di tutti o alle necessità di consentire svago ai bambini in contrasto con il bisogno di quiete delle persone anziane. Per raggiungere questo, l’amministratore può addirittura ordinare e invocare dalle autorità il rispetto delle sue disposizioni. Unica difesa dei condomini dissenzienti è il ricorso alla assemblea.
Riscuotere i contributi ed erogare le spese. L’amministratore è inoltre un organo finanziario nel senso che deve riscuotere le quote di spese condominiali ed impiegarle per il buon funzionamento del condominio, deve redigere il rendiconto consuntivo, facendolo approvare dall’assemblea unitamente al preventivo con la relativa ripartizione delle spese
Ciò è importantissimo perché soltanto grazie a tali approvazioni, l’amministratore potrà ottenere dal Tribunale "provvedimenti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi di condanna" nei confronti dei condomini morosi, naturalmente proprietari, per l’art. 63 delle disposizioni di attuazione. Infatti il giudice, di fronte ad una situazione di chiara morosità, potrà prendere subito le necessarie misure, riservandosi solo in seguito di esaminare eventuali obbiezioni da parte del condomino.
Dal momento che i crediti condominiali non sono privilegiati, in caso di fallimento o di vendita di immobili da parte di qualche condomino il recupero può divenire estremamente difficile, per cui, a ragione, la giurisprudenza dominante sostiene che l’amministratore potrebbe rispondere in proprio dell’insolvenza del condomino, se risulterà che egli non si è attivato per tempo (come purtroppo spesso accade). Si ritiene normale prassi addebitare a tutti i condomini le quote non versate da un condomino in stato fallimentare ed inviare le ricevute al curatore fallimentare nella speranza di poter rientrare delle somme versate nel caso di capienza.
Oltre a quanto previsto per la manutenzione ordinaria, l’amministratore deve provvedere a tutto quanto concerne la manutenzione straordinaria ed imprevedibile in termini di realizzazione e pagamenti. Per la realizzazione di tali opere dovrà essere espressamente autorizzato dall’assemblea a meno che le opere non rivestano il carattere di urgenza.
Compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti le parti comuni. L’amministratore ha il dovere di tutelare gli interessi del condominio sia nei confronti dei singoli condomini che nei confronti dei terzi.
Rendere il conto della sua gestione. L’amministratore ha l’obbligo di relazionare annualmente l’assemblea per tutto ciò che concerne la gestione contabile indicando le entrate, le uscite, la situazione patrimoniale e la ripartizione delle spese tra i condomini.
Altri compiti. E’ dovere dell’amministratore provvedere ad eliminare subito il pericolo nell’imminenza di possibili crolli, anche se l’assemblea per questioni di risparmio abbia rinviato i lavori necessari. Dovrà intervenire con decisione e autorità se qualcuno mette in pericolo l’incolumità altrui. In situazioni di questo genere, la disubbidienza alle deliberazioni assembleari è un dovere che gli deriva da norme penali: infatti, in caso di reato egli dovrà rispondere innanzi al magistrato, eventualmente insieme a tutti i condomini. L’amministratore inoltre quale custode del regolamento condominiale dovrà adoperarsi per farlo rispettare, anzi potrà rivolgersi al magistrato senza bisogno di alcun consenso se incontrasse forti resistenze. Tutti gli stabili moderni dispongono di numerosi impianti (ascensori, gas, luce, elettricità, riscaldamento, scarichi fognari, antenna centralizzata e talvolta anche impianti di sicurezza antincendio, piscine campi da tennis e così via), vengono utilizzati una vasta gamma di servizi (polizze assicurative, portineria o impresa pulizie, giardiniere ecc.) ed ognuno di questi elementi può essere fonte di guai o di problemi. L’amministratore è così costretto a possedere una notevole competenza unita a capacità organizzativa e buon senso e ad avere in più la capacità di decidere tempestivamente, quando ad esempio uno stabile potrebbe rimanere al freddo per parecchi giorni nel cuore dell’inverno o gli ascensori in stabili di dieci piani non sono funzionanti.
Responsabilità civili. Oltre ai compiti indicati nell’art.1130 del c.c., ve ne sono altri di carattere tecnico-amministrativo, comuni agli amministratori di società, riguardando le norme sui dipendenti, quelle sui contributi da versare ad INPS ed INAIL, quella sulla sicurezza degli ascensori.
Responsabilità penali. Ma in quanto responsabile del condominio, sull’amministratore gravano anche responsabilità più pesanti: alludiamo a quelle penali. Possono essere ricondotte a due specie: quelle di volontà e quelle di omissione. Sono volontari tutti quei reati commessi con dolo. In particolare le violazioni di domicilio, all’esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sospensione dei servizi perché il condominio non paga), e così via. Si è di fronte invece ai reati di omissione qualora per negligenza, non si mettono in atto tutte quelle misure di sicurezza richieste dalla legislazione o imposte dalla tecnica più progredita e da ciò derivano lesioni o anche la morte. Si allude ai cornicioni caduti, ad ascensori precipitati, a caldaie scoppiate ed a corti circuiti e incendi. Va raccomandata in tali campi la massima diligenza anche se ciò costasse la disubbidienza alle delibere assembleari, che spesso sono in contrasto con la legge penale; è meglio, infatti, non essere riconfermati amministratori che sentirsi sulla coscienza la vita o la menomazioni di una persona. Una buona polizza assicurativa può alleviare il danno civile, ma non annulla il fatto e soprattutto non solleva dalla conseguente condanna penale.
Rappresentanza attiva e passiva.
1131. (Rappresentanza). Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.
L’amministratore che non adempie a questobbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.
L’amministratore, quale organo rappresentativo, ha il potere di rappresentare il condominio in giudizio. Se promuove azioni legali si dice che la rappresentanza è attiva. Se deve resistere ad azioni promosse da altri la rappresentanza è passiva. Nel primo caso l’amministratore può agire in giudizio a tutela degli interessi condominiali sia nei confronti dei condomini stessi che dei terzi nei limiti delle attribuzioni stabilite dalla legge o dal regolamento. Può anche agire al di fuori di tali limiti ma solo a seguito di una delibera assembleare presa con il voto del secondo comma 1136.
Può inoltre adire vie legali per ottenere l’osservanza del regolamento di condominio o l’esecuzione di delibere non rispettate. Se è convenuto in giudizio bisogna distinguere se la citazione riguarda o meno questioni comprese nelle sue attribuzioni, Nel primo caso potrà operare come meglio crede in relazione alla scelta dei legali ed alla strategia da seguire, e l’azione deve riguardare solo le parti comuni (ciò anche se a rivolgersi verso il condominio è un condomino), nel secondo caso dovrà informare immediatamente l’assemblea. La "legittimazione" rimane intatta per tutti i gradi di giudizio, ma in ogni caso è limitata alle vertenze relative alle parti ed ai servizi comuni, mentre quelle riguardanti le singole proprietà dovranno essere gestite dai diretti interessati. La legittimazione comprende quindi anche la possibilità di impugnare una sentenza. L’assemblea, però, per quanto riguarda la rappresentanza processuale del condominio, può conferire questo potere anche a una persona diversa dall’amministratore.
Il Regolamento di
Condominio
A cura dell’associazione A.R.A.I.
Il condominio è regolato, oltre che dalle norme stabilite dalle leggi, anche dalle disposizioni contenute in un proprio regolamento di condominio il quale obbliga tutti i condomini sia originari che successivi acquirenti delle singole unità.
Rappresenta dunque lo statuto contenente l’insieme delle norme cui debbono attenersi tutti i singoli partecipanti al condominio.
Se da un lato il codice prevede delle norme sul condominio in generale, il regolamento, facendo riferimento alla fattispecie presa in esame, va a regolare i problemi che ogni condominio comporta in relazione ai diversi metodi e criteri costruttivi che generano spesso incertezze sulla individuazione delle parti comuni e di riflesso sulla ripartizione delle spese. E’ evidente che più un regolamento è completo, più si eliminano i contrasti e le questioni tra condominio tra amministratore e condomini.
1138. (Regolamento di condominio). Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa luso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.
Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell art. 1136 e trascritto nel registro indicato dall’ultimo comma dell’ art. 1129. Esso può essere impugnato a norma dell’ art. 1107.
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132 1136 e 1137.
L’art.1138 c.c. impone la formazione di un regolamento allorché in un condominio vi siano più di dieci condomini, pur essendo facoltativo con un numero inferiore.
Si possono avere due diversi tipi di regolamento, in relazione al diverso tipo di maggioranze per l’approvazione e di conseguenza per la forza vincolante di ognuno.
Regolamento contrattuale.
E’ il regolamento predisposto dal costruttore, e viene di solito accettato e dunque approvato, facendo parte integrante del contratto, dai condomini acquirenti delle singole unità immobiliari.
Può contenere a carico dei singoli condomini delle limitazioni che un regolamento approvato a maggioranza non può contenere, come per esempio vietare di apporre insegne, targhe o qualunque altra attrezzatura similare sui muri perimetrali comuni dell’edificio.
Può anche fissare qualsiasi suddivisione delle spese comuni e potrà essere modificato solo con l’assenso di tutti.
Regolamento assembleare.
E’ il regolamento con la maggioranza qualificata dell’assemblea dei condomini sia nel caso di formazione che nel caso di revisione, anche su iniziativa di un solo condomino. In entrambi i casi è necessaria la maggioranza del 2° comma dell’art.1136 c. c., ossia la maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresentino almeno metà del valore dell’edificio.
Altri autori, invece, escludono tale natura "normativa" limitandosi a riconoscere al regolamento condominiale natura meramente "negoziale", risultando così l’interpretazione delle norme in esso contenute insindacabile in sede di legittimità. In quest' ultimo senso è ora orientata tra l’altro anche la Corte di Cassazione.
Il regolamento assembleare non va trascritto come allegato nei registri immobiliari e quindi non ha alcun valore come documento se cè un contrasto di interessi con qualcuno estraneo al condominio.
Contenuto del regolamento.
Il Regolamento condominiale deve essere strutturato in maniera tale da comprendere nella prima parte una precisa identificazione delle parti comuni dell’edificio confermando o variando quanto contenuto nell’ art. 1117 c. c. in ragione o dei titoli di proprietà o delle caratteristiche tipiche del condominio preso in esame. Sempre a proposito delle parti comuni, deve contenere le regole sull’utilizzo delle stesse, precisando eventualmente le relative limitazioni. Componente essenziale di ogni regolamento deve essere una trattazione, possibilmente analitica, della disciplina relativa alla ripartizione delle spese tra i condomini, utile e necessaria per eliminare contrasti all’interno del condominio. Sostanziale a questo proposito è la differenza tra i due tipi di regolamenti. Infatti, il regolamento contrattuale può derogare in questo senso ai criteri stabiliti dal codice civile, il regolamento assembleare, invece, deve limitarsi ad attuare per le diverse parti comuni le disposizioni di legge. Entrambe le forme di regolamento, poi, possono determinare con precisione le attribuzioni dell’amministratore, prevedere o riservare talune attività all’assemblea o ad alcuni condomini (es. capisca la), ma non possono mai modificare le disposizioni inderogabili del cod. civile.
L Assemblea di
Condominio
A cura dell’associazione A.R.A.I.
L assemblea è l’organo deliberativo o normativo del condominio e rappresenta nella sua sovranità la suprema volontà dei condomini.
I poteri dell’assemblea riguardano le decisioni circa l’uso delle parti comuni, le innovazioni, la ripartizione spese, la nomina e revoca dell’amministratore, l’approvazione dei preventivi e rendiconti, le liti giudiziali, ma trovano dei limiti nelle norme inderogabili della legge e nella sfera di diritti privati dell’individuo.
L’ assemblea di condominio è composta da tutti i condomini e in certi casi (v. assemblea ordinaria annuale) anche dagli usufruttuari. Soltanto per le deliberazioni che riguardano il riscaldamento ed il condizionamento possono intervenire anche gli inquilini. Chi non è condomino non può prendere parte all’assemblea, a meno che non abbia la delega di un condomino naturalmente proprietario.
1135. (Attribuzioni dell’assemblea dei condomini). Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede:
1) alla conferma dell’amministratore e all’eventuale sua retribuzione;
2) all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;
3) all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e all’impiego del residuo attivo della gestione;
4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale.
L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.
Modalità, forma e contenuto della convocazione.
L’amministratore deve convocare tutti i condomini aventi diritto o a mezzo raccomandata a mano, facendo cioè circolare un foglio su cui ognuno può apporre la propria firma per presa visione, o con la classica raccomandata con ricevuta di ritorno. E’ opportuno infatti che l’amministratore si procuri la prova dell’avvenuta convocazione, per cui, pur nel silenzio della legge, che non prescrive formalità particolari, è da escludersi qualsiasi forma di convocazione verbale.
L’assemblea deve essere convocata lasciando almeno cinque giorni tra il momento del ricevimento della comunicazione e quello dell’assemblea. I cinque giorni iniziano a decorrere dal giorno seguente al ricevimento dell’avviso da parte del condomino. Non esistono giustificazioni, nemmeno di forza maggiore, che possono far abbreviare tale termine.
L’amministratore deve dunque provvedere a spedire gli avvisi di convocazione con notevole anticipo. In caso di mancanza di tempo potrà avvalersi dell’operato dell’ufficiale giudiziario o della consegna a mano.
L’avviso di convocazione deve contenere tutti gli elementi idonei a individuare il luogo, la data ed ora dell’incontro. E, inoltre, consigliabile che nell’avviso di convocazione sia indicata eventualmente la data dell’assemblea di seconda convocazione, tenendo presente che essa non deve essere tenuta ne nello stesso giorno, ne oltre dieci giorni dalla prima.
L’assemblea, inoltre, non deve essere convocata in orari impossibili, e pur non essendo previsto un luogo preciso per la convocazione dell’assemblea, bisogna evitare che taluni condomini evitino di partecipare a causa della scelta della sede, per esempio di partito o di appartamento di condominio in lite con altri ecc. L’assemblea potrebbe essere tenuta anche molto distante dal condominio, per es. d’inverno, per una seconda casa estiva, pur essendo opportuno tenerla nel comune dove vive la maggior percentuale di condomini.
Un invito esplicito a disertare la prima convocazione per presentarsi direttamente alla seconda per aggirare le difficoltà relative alla costituzione delle maggioranze necessarie, spesso difficili da raggiungere, fa sì che l’assemblea effettivamente convocata, dovrà ritenersi di prima convocazione anziché di seconda, con tutte le conseguenze che ne derivano.
La convocazione inoltre deve contenere un preciso ordine del giorno, in quanto ogni condomino ha il diritto di sapere su che cosa si dovrà discutere anche per potersi preparare in modo adeguato, per questo motivo infatti, nessuna decisione può essere presa su un argomento che non sia stato posto all’ordine del giorno (es. varie ed eventuali).
L’amministratore o un suo delegato devono essere presenti presso la sede dove si tiene l’assemblea e fornire la prova della regolarità della convocazione e consegnare almeno la documentazione necessaria allo svolgimento dell’assemblea. Occorre poi fare l’appello dei presenti e procedere alla nomina di un Presidente e di un segretario. Il primo avrà il compito di disciplinare l’assemblea, il secondo dovrà redigere il verbale.
66. L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall art. 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione.
In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.
L’avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza.
L’assemblea è di regola convocata dall’amministratore in carica, e solo in tre casi può essere convocata da persone differenti con determinati accorgimenti e cautele :
1) da ciascun condominio quando manca l’amministratore (per esempio defunto);
2) da almeno due condomini che rappresentino 1/6 del valore dell’edificio, qualora l’amministratore si sia rifiutato di convocarla;
3) dal curatore speciale, come stabilisce l’articolo 65 delle disposizioni di attenzione del codice civile.
La delega assembleare
A cura dell’associazione A.R.A.I.
67. Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante.
Qualora un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente.
L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria delle parti comuni dell’edificio il diritto di voto spetta invece al proprietario.
Ogni condomino può intervenire in assemblea a mezzo di un rappresentante, pertanto se nulla dice a riguardo il regolamento, chiunque, condomino o estraneo o anche l’amministratore, può essere portatore di deleghe.
Il delegato però non può delegare a sua volta ad altri, a meno che non sia autorizzato da chi ha dato la delega. La legge, non pone limite al numero delle deleghe, ma parte della giurisprudenza ammette che il regolamento contrattuale possa prevedere un numero massimo delle deleghe, di cui uno può essere portatore, sia vietando a qualcuno di esserne portatore (per esempio l’amministratore). Il mandante è rappresentato in pieno dal delegato, a meno che non gli abbia comunicato i limiti del suo mandato, non potrà mai lamentarsi per l’operato del delegato, anche se lo stesso ha votato in modo differente alle sue istruzioni. Ad ogni effetto il condomino rappresentato è come se fosse presente. Un condomino proprietario di più appartamenti può dare solo una delega; è pertanto illegittimo il comportamento di quei costruttori - venditori che danno deleghe, per rappresentarli in assemblea, a tutti coloro che non sono ancora proprietari di un’unità immobiliare, ma hanno solo firmato un compromesso di acquisto. Infatti a contare nelle votazioni non è solo il numero di millesimi posseduti, ma anche quello di condomini presenti, secondo il principio " ad ognuno un voto" . Se un condomino è rappresentato da più di una persona e ciascuna delle quali potrebbe votare in modo diverso, tale principio perderebbe il senso.
Duplice maggioranza. Nel sistema maggioritario del condominio ogni decisione deve essere presa con la duplice maggioranza: quella espressa dal valore dell’edificio rappresentata dai millesimi e quella dei condomini. Le delibere si adottano con le diverse maggioranze, secondo meccanismi e percentuali che variano anche a seconda della proposta presa in esame.
Millesimi. I millesimi risultano dai rogiti d’acquisto in mancanza e provvisoriamente possono essere sostituiti da un altro sistema (per esempio: calcolando il numero dei vani). Relativamente al principio della maggioranza dei condomini, il proprietario di tre grandi appartamenti e di un box hanno esattamente lo stesso potere di voto del proprietario di un monolocale. Moglie e marito che hanno in comunione uno o più appartamenti, o eredi che hanno (anche con quote diverse) in comproprietà lo stesso immobile, hanno diritto a un solo voto. Si rammenta che il voto è sempre unico e non può essere frazionato; se si presentano in assemblea più comunisti o comproprietari, essi devono scegliere un rappresentante unico.
Le norme che riguardano la convocazione e il funzionamento dell’assemblea sono dettate dallart.1136 cod. civile e sono inderogabili. La loro violazione comporta la nullità o l’annullabilità
dell’assemblea o delle sue deliberazioni.
1136. (Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni). L’assemblea è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio.
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’ art. 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio (1) (2).
L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.
Delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore.
Costituzione e validità dell’assemblea. Uno degli aspetti principali dell’intera normativa sul condominio riguarda la costituzione dell’assemblea e le maggioranze necessarie per deliberare sui vari punti all’ordine del giorno. Non bisogna infatti confondere quanto previsto al primo comma dell’articolo 1136 c.c. a proposito di regolare costituzione o validità dell’assemblea con la validità delle deliberazioni. Per la validità dell’assemblea in prima convocazione occorre che al momento dell’inizio della assemblea siano presenti, di persona o per delega, i 2/3 del valore dell’edificio o valore delle singole unità immobiliari espressi in millesimi, e i 2/3 dei partecipanti al condominio determinabili con un semplice calcolo matematico. Mancando entrambe queste condizioni, il codice prevede che l’assemblea possa riunirsi in seconda convocazione, e pur non parlando espressamente di regolare costituzione dell’assemblea, la sottintende prescrivendo che per la validità delle deliberazioni è necessario il voto favorevole di almeno 1/3 dei condomini che rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio. Constatata la validità dell’assemblea, questa resta sempre valida anche se in seguito molti partecipanti si allontanano. Per la validità delle deliberazioni occorre controllare volta per volta se il quorum richiesto viene raggiunto. I condomini possono lasciare l’assemblea, possono arrivare dopo che è iniziata ma ciò deve essere annotato, occorrendo che per ogni votazione sia verificato il raggiungimento del quorum stabilito.
Prima e seconda convocazione. Detto della regolare costituzione dell’assemblea e verificato che non siano stati raggiunti i requisiti minimi, l’amministratore deve redigere verbale di assemblea deserta che deve essere trascritto nel libro verbali. E’ importante che questa procedura venga rispettata, dal momento che si rischia che l’assemblea di seconda convocazione possa intendersi di prima, con lo spostamento delle relative maggioranze. Se nell’avviso di convocazione è già indicata la data dell’assemblea di seconda convocazione, l’amministratore non ha altre incombenze. Se invece nulla è indicato, l’amministratore deve provvedere a convocare ed a tenere entro 10 giorni dal giorno della prima convocazione l’assemblea di seconda convocazione.
Il Presidente. Constata la validità dell’assemblea, è bene che questa scelga il Presidente e il segretario. Se l’assemblea è numerosa occorre che il Presidente sia una persona energica e competente a guidare un dibattito. Il Presidente ha solamente poteri disciplinari e di certificazione limitati a quella assemblea. Il Presidente deve anche risolvere alcuni casi che si possono presentare: se sono presenti dei comproprietari, egli deve invitare a scegliere un rappresentante comune, dovrà anche avvertire che non possono essere ammesse le votazioni segrete. Dovrà pure avvertire che per essere valide le deliberazioni devono raggiungere il quorum richiesto sia con riferimento ai millesimi, sia con riferimento alla percentuale di condomini.
Svolgimento dell’assemblea. Adempiute le formalità ha inizio la discussione sull’ordine del giorno, limitando possibilmente il tempo degli interventi. Ogni discussione di solito termina con la richiesta di approvazione o di rigetto di proposte su cui si è discusso. I voti sono sempre positivi o negativi, gli astenuti non contano. Le deliberazioni sono approvate se raggiungono il quorum richiesto, che per la prima convocazione è equivalente almeno alla metà del valore dell’edificio ed un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea. Fanno eccezione le delibere che la legge classifica come importanti, per le quali occorre un quorum speciale sia in prima sia in seconda convocazione.
Maggioranze per le votazioni. Esaminiamo ora le maggioranze che la legge richiede per la validità delle deliberazioni. Mentre in prima convocazione le delibere devono riportare il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio, in seconda convocazione è sufficiente l’approvazione di 1/3 dei condomini rappresentanti almeno 1/3 del valore dell’edificio. Tale maggioranza normale è necessaria per la maggior parte delle deliberazioni:
Si parla di maggioranza qualificata quando occorre invece il quorum di almeno la metà del valore dell’edificio e della maggioranza degli intervenuti per:
E’ necessario la maggioranza speciale dei 2/3 del valore dell’edificio e della maggioranza dei partecipanti al condominio quando:
Si deve invece far ricorso all’unanimità dei consensi per:
Verbale. Compito del segretario è quello di redigere il verbale delle deliberazioni dell’assemblea. Il verbale deve essere redatto durante l’assemblea e letto ai presenti. Deve essere conciso ed essenziale.
L’ultimo comma dell’art.1136 c.c. stabilisce che le deliberazioni dell’assemblea devono essere trascritte nel registro dei verbali che l’amministratore deve tenere e consegnare poi a chi gli subentra. In tale documento che ha valore di prova scritta per le delibere prese fino alla loro impugnazione, si può rilevare la storia del condominio in tutto il suo divenire.
Elementi essenziali del verbale sono l’indicazione delle decisioni prese, il quorum raggiunto dalle varie deliberazioni, il nome di coloro che hanno manifestato il proprio dissenso. Ciò permetterà, infatti, agli stessi di impugnare una delibera.
La copia del verbale deve essere trasmessa a cura dell’amministratore a tutti i condomini che erano assenti, sia per portare a loro conoscenza le deliberazioni prese dall’assemblea e gli obblighi che ne derivano, sia per dare loro modo, entro trenta giorni, di impugnarle. In mancanza di tale comunicazione non trascorrerebbe mai questo periodo e l’amministratore non avrebbe mai la sicurezza che una delibera sia diventata definitiva. Se questa comporta un notevole impegno economico, sarebbe tuttavia opportuno che l’amministratore attenda 30 giorni prima di applicarla. La comunicazione di copia del verbale deve essere fatta quindi con tutte le garanzie indicate per le convocazioni.
Impugnazione delle delibere
I condomini assenti e dissenzienti se ritengono che una delibera sia contraria alla legge o al regolamento del condominio possono impugnarla. L’impugnativa può essere proposta unicamente con atto di citazione, entro il termine tassativo di trenta giorni che decorrono per i presenti dal momento della delibera, per gli assenti dal giorno della ricezione del verbale dell’assemblea. Non ha senso far annullare una delibera che sia stata applicata, a meno che ci siano danni da rivendicare.
1137. (Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea). Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.
Ai fini delle impugnazioni delle deliberazioni è importante la distinzione tra delibere nulle e delibere annullabili: una delibera annullabile diviene pienamente valida dopo un certo periodo, se non è stata impugnata. Una delibera nulla, invece, non è mai valida.
Delibere nulle. Sono nulle le delibere che:
Qualora una delibera sia nulla, cioè non sia mai sorta per la nullità dell’assemblea, o per la mancanza di quorum, essa può essere impugnata senza limiti di tempo. Tale diritto, a differenza delle delibere annullabili, spetta anche a coloro che l’hanno votata..
Delibere annullabili. E’ annullabile la delibera che:
- è in contrasto con le norme del regolamento di condominio o con le norme derogabili del codice;
- è conseguente a un’assemblea annullabile
Limiti della deliberazione. Le delibere prese dall’assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini e sono esecutive. E’ da rilevare, però, che oltre al magistrato anche l’amministratore può sospendere l’esecuzione di una deliberazione applicando la diligenza del buon padre di famiglia, e può farlo in alcuni casi e precisamente:
1) quando sia contraria a una norma penale o a una orma imperativa di legge (che non può essere modificata nemmeno con l’accordo degli interessati);
2) quando si accorge che è nulla per mancanza di quorum;
3) quando si accorge che potrebbe essere dannosa per la collettività condominiale (per esempio: l’assemblea affida lavori straordinari a una ditta che risulta in stato fallimentare).
L’impugnazione, pur non attivando automaticamente la sospensione della delibera, fa si che l’amministratore debba avere il buon senso di attendere la fine della vertenza, sempre che non sia il giudice stesso per motivi di opportunità a sospenderla.
La gestione del
condomino
A cura dell’associazione A.R.A.I.
Il Codice civile riservando solo pochi articoli alla materia condominiale, molto poco dice a proposito della tenuta della contabilità.
Le norme di legge infatti si limitano a stabilire che l’amministratore è tenuto al termine di ogni anno a rendere il conto della sua gestione all’assemblea (art. 1130 ult. comma), che può essere revocato dall’autorità Giudiziaria su ricorso di ogni condomino se per due anni non presenta il conto della gestione (art. 1129 3 comma), e che è compito dell’assemblea approvare il preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e la relativa ripartizione tra condomini, nonché il rendiconto annuale dell’amministratore e l’impiego del residuo attivo della gestione (art. 1135).
Al contrario per quanto invece previsto per le società o imprese commerciali, le cui scritture contabili devono seguire rigorose norme, per la redazione del bilancio condominiale, il legislatore ha evitato rigide formalità. E evidente che ne trae vantaggio la semplicità, ma è altrettanto evidente che tale semplicità sia adatta soltanto ai condomini di ridotte dimensioni e non ai gradi complessi immobiliari.
IL RENDICONTO
Il rendiconto è il più importante biglietto da visita dell’amministratore. Attraverso infatti la presentazione del rendiconto vengono evidenziate le doti dell’amministratore in termini di puntualità, precisione, trasparenza.
Scopo della presentazione del rendiconto è dimostrare ai condomini come si è attuata la gestione, quali sono state le spese, in modo tale che si possa tenere sotto controllo l’operato dell’amministratore. Anche per quanto concerne il rendiconto, nulla viene precisato a proposito della forma e del luogo.
Forma. A proposito della forma, potrà utilizzare quella che a suo giudizio sia la migliore, attenendosi però a determinate regole per le quali è necessario che un rendiconto contenga tutte le voci relative alle entrate, compreso il fondo cassa all’inizio dell’esercizio, tutte le voci relative alle uscite, con allegati la ripartizione definitiva delle spese, la dimostrazione delle spese per gruppo, i crediti ed i debiti del condominio e se alcuni regolamenti prevedono la costituzione di fondi, l’amministratore oltre a rispettarne scrupolosamente la destinazione, deve darne annualmente conto, inserendo una quota di accantonamento nel preventivo relativo alla gestione del nuovo esercizio.
Luogo. Fino agli anni sessanta, parecchie sentenze erano concordi nel ritenere che la presentazione del rendiconto potesse farsi in assemblea. Tale teoria è stata però sovvertita da tutte le più recenti sentenze che hanno ritenuto più giusto, estendendo al condominio quanto previsto dall'art.1105 secondo cui "per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto delle deliberazioni"
Questo significa che oltre alla convocazione, con all’ordine del giorno l’approvazione del rendiconto, è opportuno inviare copia del rendiconto stesso per poter ogni condomino prepararsi alla discussione, esaminare eventualmente le pezze giustificative che l’amministratore dovrà mettere a sua disposizione nei giorni precedenti l’assemblea, conoscere la situazione generale del condominio e verificare se la ripartizione corrisponde alle indicazioni fornite dall’assemblea o dai regolamenti.
Conto corrente condominiale.
E’ ormai opinione diffusa che l’amministratore possa aprire un conto corrente intestato collettivamente al condominio; è però opportuno che tale operazione sia decisa dall’assemblea.
È comunque evidente che l’amministratore non può versare le somme condominiali su un conto corrente personale, facendo propri gli interessi bancari, dal momento che il singolo condomino ha un diritto soggettivo a vedere versate le sue quote su un conto corrente intestato al condominio e non personalmente all’amministratore e a conoscere l’entità degli interessi che maturino in suo favore.
Non è infatti legittimo il comportamento dell’amministratore che fa affluire i versamenti delle quote condominiali sul suo conto corrente personale e non su quello del condominio secondo varie pronunce di Tribunali.
Codice fiscale
L’amministratore deve richiedere il codice fiscale dello stabile in condominio che amministra all’ufficio distrettuale delle imposte dirette, in quanto questo deve essere esibito ed indicato in molte occasioni. Per far ciò deve presentare, oltre i suoi dati personali, anche il verbale dell’assemblea, da cui si evinca la sua nomina ad amministratore.
Documenti condominiali
A cura dell’associazione A.R.A.I.
Fra i compiti dell’amministratore vi è senz’altro quello di provvedere alla conservazione dei documenti condominiali.
Una parte di questi, riguardando la vita del condominio, va conservata a tempo indeterminato e comprende: a) il regolamento condominiale, b) l’elenco aggiornato di tutti i condomini, c) le tabelle millesimali, d) l’inventario dei beni di proprietà comune, e) il registro dei verbali dell’assemblea, f) la documentazione relativa alla costruzione dell’edificio, con lo schema dei vari impianti, concessioni comunali ecc., g) le ricevute sia degli avvisi di convocazione, sia delle trasmissioni dei verbali di assemblea, h) i documenti relativi alle assicurazioni sociali (Inps, Inail)
Un’altra parte, riguardando rapporti giuridici di durata definita, va conservata per tutto il periodo necessario previsto e comprende: a) contratto assunzione del portiere, b) contratti di fornitura Energia elettrica, acqua, combustibile, c) contratto manutenzione ascensori, d) assicurazione dello stabile, e) libretti di centrale termica, ascensori ecc.
L’ultima parte comprende documenti essenzialmente contabili come ricevute di pagamento, fatture, estratti conto bancari ecc.
Per quanto riguarda le ricevute di pagamento relativi all’esecuzione dei lavori e forniture di beni e servizi, queste devono essere conservati fino alla prescrizione decennale prevista dall’art.2946 del c.c.
Ripartizione delle
spese
A cura dell’associazione A.R.A.I.
Il condominio e’ un "ente di gestione" nel senso che provvede attraverso l’amministratore ad erogare le spese occorrenti alla manutenzione delle parti comuni con evidente ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie tra i condomini.
La ripartizione delle spese costituisce uno dei motivi di maggiori conflitti tra amministratore e condomini.
I criteri circa la ripartizione delle spese sono previsti dal codice civile agli articoli 1123, 1124, 1125, 1126.
1123. Ripartizione delle spese.
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.
L’articolo 1123 stabilisce addirittura tre diversi criteri di ripartizione :
1) riparto in misura proporzionale al valore delle singole proprietà, in base cioè alle rispettive quote millesimali.
2) riparto in misura proporzionale all’uso potenziale, allorché le cose comuni sono destinate a servire i condomini in misura diversa.
3) riparto in base alla destinazione esclusiva, quando cioè un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire solo una parte dell’intero fabbricato, le spese relative sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.
Essendo comproprietari delle parti comuni, i singoli condomini non possono esimersi dal pagare le relative spese rinunziando al diritto di comproprietà sulle parti comuni.
L’articolo 1124, che riguarda la manutenzione delle scale, e l’articolo 1125 per i solai, l’articolo 1126 per i lastrici solari di uso esclusivo prevedono un criterio misto, tenendo conto sia del valore millesimale sia dell’uso.
Le problematiche relative alla ripartizione delle spese aumentano se alcune unita’ immobiliari sono date in locazione. Vige in questo senso l’articolo 9 della legge 392/1978 sull’equo canone, fatti salvi i patti in deroga; nell’uno o nell’altro caso vale il principio che l’inquilino e’ tenuto a provvedere alle spese relative alla manutenzione ordinaria ed agli oneri accessori elencati nella suddetta legge del 78.
Modalità di ripartizione. Due sono i metodi per operare la ripartizione delle spese:
I due metodi in effetti si equivalgono, in quanto le quote riscosse sono da considerarsi come acconti versati dal condomino e comunque si deve effettuare a fine esercizio la redazione del rendiconto consuntivo.
Ripartizione spese tra inquilino e proprietario
Allorché una unità immobiliare viene concessa in locazione è possibile che sorgano ulteriori problemi a proposito di ripartizione delle spese, in quanto la normativa prevista dall’art.9 della legge 392/78 obbliga il conduttore a sostenere tutte le spese di ordinaria manutenzione (vedi testo e tabella), fatti salvi i patti in deroga tra conduttore e locatore.
9. (Oneri accessori). Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni.
Le spese per il servizio di portineria sono a carico del conduttore nella misura del 90 per cento, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore.
Il pagamento deve avvenire entro due mesi dalla richiesta. Prima di effettuare il pagamento il conduttore ha diritto di ottenere l’indicazione specifica delle spese di cui ai commi precedenti con la menzione dei criteri di ripartizione. Il conduttore ha inoltre diritto di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese effettuate.
Gli oneri di cui al primo comma addebitati dal locatore al conduttore devono intendersi corrispettivi di prestazioni accessorie a quella di locazione ai sensi e per gli effetti dellart. 12 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
La disposizione di cui al quarto comma non si applica ove i servizi accessori al contratto di locazione forniti siano per loro particolare natura e caratteristiche riferibili a specifica attività imprenditoriale del locatore e configurino oggetto di un autonomo contratto di prestazione dei servizi stessi.
Ma al di là di tutto rimane inconfutabile il fatto che soltanto il proprietario è responsabile nei confronti del condominio per le quote non versate dall’inquilino; ne deriva da ciò che l’amministratore deve proporre il relativo decreto ingiuntivo (art.63 delle disposizioni di attuazione) solo ed unicamente nei confronti del proprietario, che potrà sempre rivalersi nei confronti del conduttore.
Innovazioni condominiali
Per innovazioni si intendono tutte le opere che modificano completamente o in parte la cosa comune, alterandone la consistenza, la destinazione e, di conseguenza, il godimento da parte dei singoli partecipanti al condominio. La realizzazione di una nuova struttura, ad esempio un nuovo ascensore, prima inesistente, è un’innovazione.
Non sono da considerare innovazioni, ma semplici modifiche, tutte le opere che consistono in una semplice sostituzione di materiali con altri eventualmente più costosi (es. messa in opera di cancello automatico).
1120. (Innovazioni). I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’ art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o alluso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.
Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili alluso o al godimento anche di un solo condomino.
Per deliberare su tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni è necessaria, dunque, la maggioranza qualificata del 5° comma dell’art.1136 c.c. che prevede il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresentino i 2/3 del valore dell’edificio.
Limitazioni. L’art. 1120 c.c. pone al secondo comma delle limitazioni per le quali "sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendono talune parti dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino."
Tutte le innovazioni in contrasto con quanto previsto dal codice, sono da considerarsi vietate.
Innovazioni gravose e voluttuarie.
1121. (Innovazioni gravose o voluttuarie). (1) Qualora l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che la deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.
L’art. 1121 c., salvaguardando i diritti dei condomini dissenzienti, prevede che gli stessi siano esonerati dalla spesa quando "l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni o all’importanza dell’edificio e, consista in opere impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata..
Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa."
Pur nella evidenza del disposto legislativo, occorre precisare che la spesa sia da intendersi gravosa, allorquando non vi è alcun rapporto tra la cifra da spendere ed il valore intrinseco o l’importanza dell’edificio, e che si debba considerarsi voluttuaria quell'opera che non procura al condomino un’utilità proporzionale alla spesa sostenuta..
La legge all’ultimo comma dell’art. 1121 prende in considerazione i condomini e i loro eredi o aventi causa i quali, possono tuttavia in qualunque tempo partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera, rimborsando cioè agli altri partecipanti al condominio le spese da loro sostenute anche relativamente al periodo precedente alla loro partecipazione.
Innovazioni speciali.
Per le innovazioni riguardanti alcune materie, ritenute di apprezzabile rilevanza sociale o di grande attualità, il legislatore ha stabilito di derogare all’art. 1120, 1° comma c.c., consentendo all’assemblea di deliberare con maggioranze più ridotte.
La legge n. 13/89, modificata dalla legge n. 62 del 27.2.89, stabilisce che le delibere aventi per oggetto le innovazioni dirette ad eliminare le barriere architettoniche, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e l’installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, possono essere approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’art. 1136, II e III comma c.c.
Qualora il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, tali deliberazioni, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages.
La legge n. 122/89 si propone invece di contribuire alla soluzione di un altro grave problema dei nostri tempi: il parcheggio delle autovetture.
L’art. 9 di questa legge consente infatti all’assemblea del condominio di deliberare la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo e nei locali del piano terreno degli edifici, quindi delle vere e proprie innovazioni, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal II comma dell’art. 1136 c.c. anziché con quelle usuali stabilite dal V comma della stessa norma.. Resta però fermo quanto disposto dall’art. 1120, II comma e 1121, III comma c.c., sulle innovazioni vietate e su quelle gravose o voluttuarie.
L’art.9 non parla esplicitamente di cortili e giardini ma non sembra dubbio che anche la trasformazione di tali parti comuni in parcheggio possa rientrare nella disposizione in esame.
Supercondominio
A cura dell’associazione A.R.A.I.
Disciplina
L’espressione "supercondominio" viene comunemente accolta per indicare il fenomeno, in parte nuovo e sfornito di unadeguata elaborazione giuridica, che si verifica quando più edifici, ciascuno autonomo e a sua volta in regime condominiale o anche in proprietà singola, mantengano tuttavia parti o servizi destinati alluso comune.
Tali parti o servizi comuni necessitano di una gestione unitaria, separata da quella dei singoli edifici; il problema più rilevante che si pone, peraltro, è quello di stabilire se le entità comuni siano assoggettate al regime ordinario della comunione, ovvero a quello del condominio. Le implicazioni pratiche che si collegano alla soluzione del problema sono evidenti, e attengono alla gestione stessa delle cose e dei servizi, al loro uso, alla disciplina dell’assemblea e delle delibere, alla divisibilità e al trasferimento per ricordarne alcune.
Dalla applicazione delle norme sul condominio deriva la conseguenza che i condomini utilizzano la cosa comune come comproprietari e non come titolari di un diritto di servitù. Pertanto i condomini possono realizzare aperture nei muri perimetrali che delimitano il passaggio tra gli edifici per accedervi, nei limiti dellart. 1102 codice civile (Cass. Sez. II, 16 marzo 1993, n. 3102).
Va poi osservato, che una tale situazione può verificarsi sia in seguito allo scioglimento di un condominio preesistente che venga diviso, sia alla costituzione originaria di un complesso che preveda il godimento in comune di alcuni beni.
Indubbiamente la disciplina condominale, che presenta caratteri di specialità rispetto a quella della comunione ordinaria, è preordinata per regolare il fenomeno di edifici divisi per piani sovrapposti, a cui siano in comune le entità indicate dallart. 1117, Codice civile’2. Pertanto, pur nel caso di edificio "unico", ma in cui ciascuna delle parti in proprietà esclusiva non fruisca di enti comuni e possa essere riguardata come funzionalmente autonoma in relazione alle particolarità costruttive, non vè ragione di applicare la disciplina condominiale, mentre non si può escludere che tra loro permangano zone, che, pur essendo comuni, non realizzano una spiccata interdipendenza funzionale e quindi sia sufficiente sottoporle, per una corretta gestione, alle ordinarie regole della comunione.
In altre parole, tali ultime parti comuni non impediscono che gli edifici siano utilizzabili nella misura più completa e nella loro piena autonomia senza necessità di provvedere ad una gestione separata e continuativa di esse.
Detti principi, che escludono l’applicabilità, nei casi indicati, delle norme sul condominio, sono stati invocati nell’ipotesi in cui l’edificio sia diviso in due parti distinte e funzionalmente autonome da un muro interno verticale, dalle fondamenta al tetto, e in comune cada solo il muro divisorio.
La Corte di cassazione, in motivazione della sentenza indicata sub, richiamando del resto un proprio precedente (Cass. 13 maggio 1949, n. 1177), ha osservato, come l’unicità strutturale del fabbricato sia certamente un "elemento sintomatico" ma non determinante per affermare in concreto l’esistenza del condominio, se la divisione verticale in due parti operata dal muro di separazione mette in evidenza due corpi di fabbrica ciascuno godibile senza ulteriori interferenze.
Gli stessi criteri guida sono stati utilizzati per escludere l’esistenza del condominio (e quindi l’applicabilità delle relative presunzioni ex art. 1117, Codice civile ) al caso, che la stessa Corte suprema ritiene essere "un caso limite", dato addirittura dalla parziale compenetrazione di due corpi di fabbricato, ma sforniti di elementi strutturali o di servizi in comune, tanto che i due corpi di fabbrica potevano essere riguardati come indipendenti tra di loro, intendendosi tale indipendenza come "autonomia in senso statico e funzionale" (Cass. Sez. II, 20 ottobre 1984, n. 5315).
Ribadisce, poi, la Corte di cassazione, che, per potersi parlare di autonomia di edifici occorre che il risultato della divisione dia luogo a costruzioni munite di una loro autonomia strutturale (Cass. Sez. II, 7 agosto 1982, 4439), quandanche restino in comune tra gli originari partecipanti alcune delle cose indicate nellart. 1117, Codice civile; si esclude, pertanto, che la semplice autonomia dal punto di vista amministrativo e gestionale possa dar luogo ad edifici autonomi se la separazione del complesso non possa attuarsi senza interferire nella sfera giuridica di altri condomini.
Le osservazioni che precedono consentono di precisare meglio la figura del supercondominio, ove, come si è accennato in apertura, convivono edifici autonomi nel senso sopra indicato, e parti comuni ad essi, in quanto legate da un rapporto di accessorietà necessitata dalla configurazione dei luoghi (androni, passaggi) (Cass. Sez. II, 16 dicembre 1980, n. 6509;Cass. sez.II, 8 agosto 1996,n.n.7286), ovvero risultanti dalla destinazione ad assolvere un servizio comune impressavi dalla volontà dei partecipanti (Cass. Sez. II, 10 novembre 1976, n. 4139); i proprietari, infatti, possono considerare più fabbricati, costituenti un unico corpo ed aventi in comune tetto fognature ed altro, un solo complesso immobiliare predisponendo ed approvando un unica tabella condominale; nulla vieta che l’accorto riguardi solo talune porzioni rimaste in comune dopo la separazione.
Sebbene dunque le norme del condominio trovino di regola applicazione nel caso di edifici divisi per piano, le stesse regole disciplinano anche il caso in cui più edifici contigui, ma autonomi, "abbiano o creino servizi destinati permanentemente ed oggettivamente alluso e al godimento di tutti; il fatto stesso che una o più cose o servizi risultino comuni rispetto ad una pluralità di proprietari rende applicabile la disciplina condominiale (Tribunale Milano Sez. VIII, 24 giugno 1991; Appello Milano Sez. I, 25 settembre 1992).
Fra i singoli edifici deve dunque esistere e permanere una compenetrazione funzionale di parti, tali da determinare una contitolarità necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni in relazione alla specifica funzione di esse di servire per l’utilizzazione e il godimento delle parti dell’edificio o edifici oggetto di proprietà individuale, situazione che si verifica anche se le opere comuni sono strutturalmente distaccate dai singoli edifici (Cass. Sez. II, 16 dicembre 1980, n. 6509).
In tali presupposti, la giurisprudenza ritiene applicabili le norme sul condominio e non quelle sulla comunione ordinaria e, conseguentemente, che si formi per queste cose un ente collettivo di gestione con lo scopo di regolare la formazione della volontà del gruppo e i rapporti interni dei partecipanti.
Il fondamento normativo della disciplina viene individuato negli artt. 61 e 62, disp. att., Codice civile che, prevedendo la possibilità dello scioglimento del condominio quando l’edificio possa essere diviso in parti che abbiano i caratteri degli edifici autonomi, nonché la costituzione di condomini separati consente lo scioglimento anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate nellart. 1117, Codice civile.
In particolare, la formula normativa del primo comma dellart. 62 ("restano in comune fra gli originari partecipanti") allude, da un lato, al fatto che continua ad applicarsi nella nuova situazione nata dallo scioglimento del condominio originario la stessa disciplina giuridica condominiale propria di questo, dall’altro, che i partecipanti all’originario condominio sono anche i partecipanti del nuovo ente destinato a sovrapporsi (supercondominio) ai condomini separati (subcondomini).
Deriva pertanto da tali principi, che lo scioglimento del supercondominio con la divisione delle parti comuni e relative delle singole porzioni ai singoli condomini risultanti, è assoggettato alla norma di cui allart. 1119 codice civile ; è altresì valido il patto contenuto nel regolamento contrattuale, che vieti senza limiti di tempo la divisibilità delle parti comuni, non essendo applicabile l'art.1111 codice civile dettato in tema di comunione. In tal caso si richiede per la divisione il consenso di tutti i condomini (Tribunale Roma, sez. IV, 17 aprile 1997).
In effetti, la ratio che giustifica il permanere della situazione condominale continua ad essere la stessa, e cioè, che le porzioni di piano, i piani, ovvero gli edifici in proprietà singole non possono essere utilizzati o meglio goduti, in difetto delle cose o servizi che permangono necessariamente comuni, o a cui sia impressa la durevole destinazione a soddisfare bisogni comuni.
Sembra anche errata, allora, la terminologia, talvolta adottata, che individua il "supercondominio" in un "condominio tra i condomini", mentre in realtà il condominio delle parti per così dire "intercomuni" trova i propri partecipanti non negli amministratori dei singoli condomini (salve le deleghe che possano essere loro conferite), ma negli stessi proprietari delle porzioni singole (Cass. Sez. II, 5 gennaio 1980, n. 65; Cass. Sez. II, 16 marzo 1981, n. 1440). E stata ritenuta radicalmente nulla la clausola del regolamento contrattuale la quale prevedeva che partecipassero all’assemblea del supercondominio gli amministratori dei singoli condomini, anziché tutti i comproprietari degli edifici, per contrarietà a norme imperative concernenti la composizione e il funzionamento dell’assemblea (Cass. Sez. II, 28 settembre 1994, n. 7894; Appello Milano, 14 novembre 1997, n. 3218); conseguentemente è nulla la delibera che sia stata adottata nella assemblea formata dai soli amministratori, pur se conforme al regolamento, per violazione della norma, inderogabile per legge, di cui allart. 1136, sesto comma, codice civile (Cass. sez.II, 13 giugno 1997, n. 5333). Secondo altra decisione (Tribunale Napoli Sez. X, 12 ottobre 1994, n. 8111), la cui complessa motivazione merita lettura, non solo la previsione contenuta nel regolamento contrattuale circa la partecipazione dell’amministratore del singolo condominio all’assemblea del supercondominio non è inficiata da alcuna nullità, ma l’amministratore può in tal caso partecipare alle riunioni dell’assemblea supercondominiale senza necessità di approvazione da parte dell’assemblea del condominio di riferimento. Sorgono peraltro problemi in ordine ai poteri di rappresentanza che l’amministratore può esercitare nella detta assemblea, in quanto l’amministratore è pur sempre mandatario degli amministrati e non potrebbe creare dei vincoli a loro carico senza una espressa delega. Secondo la decisione riferita, l’amministratore potrebbe partecipare all’assemblea supercondominiale senza delega solo nei limiti in cui gli argomenti da trattare rientrassero nelle attribuzioni conferite dalla legge ex art. 1130 Codice civile , ma la stessa decisione non solo esclude che il potere dell’amministratore si estenda sino ad approvare delibere che comportino oneri di spesa, ma solleva dubbi sugli stessi poteri di rappresentanza, allorché la decisione riguardi il miglior godimento delle entità supercondominiali (la cui disciplina è fuori dai suoi poteri). In definitiva, anche ove la partecipazione dell’amministratore alle assemblee supercondominiali sia previsto dal regolamento contrattuale, appare assai problematico stabilire i limiti entro i quali il medesimo possa validamente obbligare i propri condomini. Si afferma ancora nella motivazione della sentenza in esame, che permane nei singoli condomini il diritto di impugnare le delibere assunte in violazione dei loro diritti, in quanto la volontà espressa dall’amministratore non sia conforme alla delega conferita.
In applicazione del principio per cui i partecipanti del supercondominio non sono i complessi condominiali che lo costituiscono ("lotti"), ma pur sempre i singoli condomini, e salva diversa regolamentazione regolamentare, si è affermato che, per verificare la regolare costituzione dell’assemblea e la validità delle delibere del supercondominio, deve riconoscersi a ciascun condominio il diritto di votare in ragione dei millesimi di proprietà che competono al bene esclusivo.Appare d’altra parte pacifico, che l’assemblea la quale sia chiamata a deliberare su beni e servizi comuni del supercondominio sia formata da tutti i condomini che ne fanno parte e trovino applicazione le disposizioni dellart.1136 codice civile in ordine alla convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze; deve conseguentemente dichiararsi la nullità della deliberazione relativa alla divisione del servizio di portierato e al licenziamento del portiere assunta dalla assemblea formata dai condomini di un solo fabbricato, mentre il servizio era comune anche ad altro edificio facente parte del complesso i cui condomini non erano stati convocati (Cass. set.II, 8 agosto 1996, n. 7286). Per procedere alla determinazione dei millesimi (che esprimono la misura della partecipazione dei singoli alle cose comuni supercondominiali), occorre preventivamente stabilire quale sia la partecipazione di ciascun "lotto" (cioè singolo condominio) alle spese comuni supercondominiali, (fatto uguale a mille il valore complessivo delle cose e dei servizi comuni supercondominiali), quindi all’interno dei singoli lotti determinare proporzionalmente il valore delle singole proprietà (Tribunale Monza 25 maggio 1991 nel caso esaminato dalla sentenza il supercondominio era formato da cinque lotti; al lotto A erano assegnati al fine di ripartire le spese 300 millesimi, al lotto B 150, al lotto C 200, al D 210, al lotto E 120, al lotto "Centrale" 20; il Tribunale ha stabilito che i millesimi da assegnare ai singoli ai fini della partecipazione in assemblea debbano essere proporzionati al valore millesimale di ciascun lotto; quindi, per il lotto A, il valore della proprietà individuale deve essere rapportato a 300, per il lotto B a 150 e così via).
La presunzione legale di comproprietà stabilita dallart. 1117, Codice civile è applicabile per analogia anche quando non trattasi di parti comuni di edificio diviso per piani, bensì di parti comuni di edifici limitrofi, aventi le caratteristiche di edifici autonomi ma destinati permanentemente alla conservazione e alluso degli edifici stessi (Tribunale Catania, 25 gennaio 1982).
Il principio ha avuto applicazione in tema di androni, cortili, pozzi di luce che trovansi tra edifici strutturalmente autonomi e appartenenti a proprietari diversi e siano obiettivamente e attualmente destinati a dare aria e luce ai fabbricati che li fronteggiano (Cass. Sez. II, 29 maggio 1978, n. 2309); portoni e scale, precisandosi che la presunzione di comunione può essere vinta dalle risultanze del titolo.
Va però osservato, che se nell’ambito di un supercondominio, i boxes e i loro viali di accesso appartengono a proprietari dei diversi edifici, non si può senz’altro presumere che di detti viali di accesso siano di proprietà comune a tutti i partecipanti del comprensorio, dovendosi invece presumere fino a prova contraria, che dette entità appartengano alla comunione tra i proprietari dei boxes; di conseguenza, l’amministratore del supercondominio non è legittimato ad agire per ottenere che i viali di accesso rimangano sgombri di veicoli (fra l’altro nella specie, boxes e rispettivi accessi erano posti nel sottosuolo, mentre il supercondominio comprendeva solo parti in superficie) (Tribunale Milano Sez. VIII, 27 giugno 1988, n. 6096).
La suprema Corte, infine, riconoscendo che se un impianto di riscaldamento è posto al servizio di più edifici, legittimamente occorre far riferimento ai principi che regolano il condominio, e non la comunione ordinaria, per disciplinare la fattispecie, ha affermato, che, di conseguenza, il patto di in divisione contenuto nel regolamento contrattuale è pienamente valido e non incontra il limite di tempo previsto nel massimo di 10 anni per la comunione ordinaria (art. 1111, secondo comma, Codice civile ); altre volte, invece, ha affermato, che, quando un complesso residenziale composto da più palazzine singolarmente erette in regime condominiale disponga di manufatti e spazi in godimento comune, questi si devono ritenere soggetti alla disciplina della comunione e non del condominio ai fini della nomina di un amministratore dei beni comuni (Cass. Sez. II, 20 giugno 1989, n. 2923).
Va ancora rilevato che non assume nessuna rilevanza giuridica lo scioglimento di fatto di condominio complesso; pertanto, prima dello scioglimento, gli interessino di cui siano portatori i condomini che aspirano alla divisione devono trovare sfogo in sede di assemblea condominale ed eventualmente in sede giuridica a seguito all’impugnazione di delibera che abbia leso taluni interessi a scapito di altri (Tribunale Roma, 2 giugno 1980).
La giurisprudenza, nel ribadire che le norme relative al condominio si applicano anche al caso di più edifici autonomi e di diversa proprietà che mantengano in comune porzioni o servizi, ha affermato che il singolo condomino non può, staccandosi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese della sua conservazione (Tribunale Milano Sez. VIII, 21 marzo 1991, n. 2222).
Quanto alla organizzazione interna del supercondominio, deve considerarsi perfettamente legittima la nomina di consiglieri del condominio complesso anche se tale carica non è prevista dal regolamento, in quanto la istituzione di un organo utile e per di più non comportante oneri rappresenta esercizio legittimo della discrezionalità dell’assemblea condominiale (Tribunale Milano Sez. VIII, 6 aprile 1992).
Ovviamente, i partecipanti al supercondominio devono nominare un amministratore che assicuri la gestione delle cose comuni e al quale soltanto compete di pretendere il pagamento dei contributi relativi alla gestione(Cass. Sez. II, 4 maggio 1993, n. 5160)ione della centrale termica del supercondominio. Se un condomino, opponendosi a decreto ingiuntivo relativo alle spese di centrale termica facente capo ad un supercondominio, eccepisca il difetto di legittimazione attiva dell'amministratore del proprio condominio, non ha la necessità di integrare il contraddittorio con l’amministratore del supercondominio (Cass. Sez. II, 29 settembre 1994, n. 7946).
All’amministratore delle parti comuni di un supercondominio spettano tutte le facoltà inerenti a tale gestione, tra cui la legittimazione ad agire in giudizio senza necessità di delibera assembleare nei casi in cui tale potere è riconosciuto all’amministratore del condominio, e di pretendere la consegna dei libri contabili dal precedente amministratore (Tribunale Roma Sez. III, 4 luglio 1994, n. 10405).
CODICE CIVILE
Capo I - Della comunione in generale - Art. 1100 / 1116
Art. 1100
(Norme regolatrici)
Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a piu persone, se il titolo o la legge non dispone diversamente, si applicano le norme seguenti.
Art. 1101
(quote dei partecipanti)
Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali. Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote
Art. 1102
(Uso della cosa comune)
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
Art. 1103
(Disposizione della quota)
Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota. Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le disposizioni contenute nel capo IV del titolo III del libro VI.
Art. 1104
(Obblighi dei partecipanti)
Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto. La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato la spesa. Il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati.
Art. 1105
(Amministrazione)
Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell’amministrazione della cosa comune. Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente. Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione. Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.
Art. 1106
(Regolamento ed amministratore)
Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall’articolo precedente, può essere formato un regolamento per l’ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune. Nello stesso modo l’amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell’amministratore.
Art. 1107
(Impugnazione del Regolamento)
Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti all’autorità giudiziaria il regolamento della comunione entro trenta giorni dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. L’autorità giudiziaria decide con unica sentenza sulle opposizioni proposte. Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento sia stato impugnato, questo ha effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti.
Art. 1108
(Innovazioni ed altri atti eccedenti lordinaria amministrazione)
Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa. Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all’interesse di alcuno dei partecipanti. È necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni. L’ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata dal primo comma, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune
Art. 1109
(Impugnazione delle deliberazioni)
Ciascuno dei componenti
la minoranza dissenziente può impugnare davanti all’autorità giudiziaria le
deliberazioni della maggioranza:
1) nel caso previsto dal secondo comma dellart. 1105, se la deliberazione è
gravemente pregiudizievole alla cosa comune;
2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dellart. 1105;
3) se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti
l’ordinaria amministrazione è in contrasto con le norme del primo e del secondo
comma dellart. 1108.
L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro trenta
giorni dalla deliberazione. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui
è stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza del giudizio, l’autorità
giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento deliberato.
Art. 1110
(Rimborso di spese)
Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso.
Art. 1111
(Scioglimento della comunione)
Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione; l’autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se l’immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri. Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti. Se è stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dieci anni. Se gravi circostanze lo richiedono, l’autorità giudiziaria può ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto.
Art. 1112
(Cose non soggette a divisione)
Lo scioglimento della
comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che, se divise,
cesserebbero di servire alluso a cui sono destinate (1).
(1) Si veda l' art. 11 della L. 14 agosto 1971, n. 817, sul vincolo trentennale
di indivisibilità, a pena di nullità, dei fondi acquistati con le agevolazioni
creditizie concesse dallo Stato per la formazione o lampliamento della proprietà
coltivatrice, da trascriversi nei pubblici registri immobiliari, e sulla
revocabilità di esso.
Art. 1113
(Intervento nella divisione ed opposizioni)
I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi le sperimento dell’azione revocatoria o dell’azione surrogatoria. Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l’opposizione, per l’effetto indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione dell’atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda. Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale. Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione può opporsi contro le persone indicate dal comma precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione.
Art. 1114
(Divisione in natura)
La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti.
Art. 1115
(Obbligazioni solidali dei partecipanti)
Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa comune, le quali siano scadute o scadano entro l’anno dalla domanda di divisione. La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita della cosa comune, e, se la divisione ha luogo in natura, si procede alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo diverso accordo tra i condividenti. Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto rimborso concorre nella divisione per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.
Art. 1116
(Applicabilita delle norme sulla divisione ereditaria)
Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell’eredità, in quanto non siano in contrasto con quelle sopra stabilite.
Capo II - Del condominio negli edifici - Artt. 1117 / 1139
Art. 1117
(Parti comuni delledificio)
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:
1) il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie alluso comune;
2) i locali per la portineria e l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono alluso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
Art. 1118
(Diritti dei partecipanti sulle cose comuni)
Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall’articolo precedente è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti.
Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione.
Art. 1119
(Indivisibilità)
Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo luso della cosa a ciascun condomino.
Art. 1120
(Innovazioni)
I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o alluso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.
Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili alluso o al godimento anche di un solo condomino.
Art. 1121
(Innovazioni gravose o voluttuarie)
Qualora l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che la deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.
Art. 1122
(Opere sulle parti delledificio di proprietà comune)
Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio.
Art. 1123
(Ripartizione delle spese)
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio , per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.
Art. 1124
(Manutenzione e ricostruzione delle scale)
Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.
Art. 1125
(Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai)
Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
Art. 1126
(Lastrici solari di uso esclusivo)
Quando luso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno luso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
Art. 1127
(Costruzione sopra lultimo piano delledificio)
Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare. La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono.
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente baria o la luce dei piani sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.
Art. 1128
(Perimento totale o parziale delledificio)
Se l’edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l’assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell’edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse.
L’indennità corrisposta per l’assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste.
Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condomini.
Art. 1129
(Nomina e revoca dellamministratore)
Quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore. Se l’assemblea non provvede, la nomina è fatta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
L’amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea.
Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.
La nomina e la cessazione per qualunque causa dell’amministratore dall’ufficio sono annotate in apposito registro.
Art. 1130
(Attribuzioni dellamministratore)
L’amministratore deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare luso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
4) compie gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.
Art. 1131
(Rappresentanza)
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.
L’amministratore che non adempie questobbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.
Art. 1132
(Dissenso dei condomini rispetto alle liti)
Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. Atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.
Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se le sito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.
Art. 1133
(Provvedimenti presi dallamministratore)
I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti dell’amministratore è ammesso ricorso all’assemblea, senza pregiudizio del ricorso all’autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall’articolo 1137.
Art. 1134
(Spese fatte dal condomino)
Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.
Art. 1135
(Attribuzioni dellassemblea dei condomini)
Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede:
1) alla conferma dell’amministratore e dell’eventuale sua retribuzione;
2) all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;
3) all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e all’impiego del residuo attivo della gestione;
4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale.
L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.
Art. 1136
(Costituzione dellassemblea e validità delle deliberazioni)
L’assemblea è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e due terzi dei partecipanti al condominio.
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio.
L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.
Delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore.
Art. 1137
(Impugnazione delle deliberazioni dellassemblea)
Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.
Art. 1138
(Regolamento di condominio)
Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa luso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.
Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’articolo 1136 e trascritto nel registro indicato dall’ultimo comma dell’articolo 1129. Esso può essere impugnato a norma dell’articolo 1107.
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.
Art. 1139
(Rinvio alle norme sulla comunione)
Per quanto non è espressamente previsto da questo Capo si osservano le norme sulla comunione in generale.
+ Art. 1334, 1350, 1392 e 2643
Art. 1334
(Efficacia degli atti unilaterali)
Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.
Art. 1350
(Atti che devono farsi per iscritto)
Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità:1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, il diritto del concedente e dell’enfiteuta;3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti;4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali, il diritto di uso su beni immobili e il diritto di abitazione;;5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico;7) i contratti di anticresi;8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni;9) i contratti di società o di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;10) gli atti che costituiscono rendite perpetue o vitalizie, salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato;11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari;12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti;13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge.
Art. 1392
(Forma della procura)
La procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere.
Art. 2643
(Atti soggetti a trascrizione)
Si devono rendere
pubblici col mezzo della trascrizione:
1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;
2) i contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di su
beni immobili, il diritto di superficie, i diritti del concedente e
dell’enfiteuta;
3) i contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri
precedenti;
4) i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali, il diritto di
uso sopra beni immobili, il diritto di abitazione;
5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti;
6) i provvedimenti con i quali nell’esecuzione forzata si trasferiscono la
proprietà di beni immobili o altri diritti reali immobiliari, eccettuato il caso
di vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche a
favore del terzo acquirente;
7) agli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico;
8) i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove
anni;
9) gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di
fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni;
10) i contratti di società e di associazione con i quali si conferisce il
godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la
durata della società o dell’associazione eccedeva i nove anni o è indeterminata;
11) gli atti di costituzione dei consorzi che hanno l’effetto indicato dal
numero precedente;
12) i contratti di anticresi;
13) le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei
numeri precedenti;
14) le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione
di uno dei diritti menzionati nei numeri precedenti.
Le Disposizioni di attuazione del c.c. dallArt. 61 al 72
Art. 61
Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzione di
piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le
caratteristiche di edifici autonomi, il condominio puo essere sciolto e i
comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato.
Lo scioglimento e deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal
secondo comma dell'art. 1136 del codice, o e disposto dall autorita giudiziaria
su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte delledificio
della quale si chiede la separazione.
Art. 62
La disposizione del primo comma dellarticolo precedente si applica anche se
restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall
art. 1117 del codice.
Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e
occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i
condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall’assemblea
con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’ art. 1136 del codice
stesso.
Art. 63
Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato
dallassemblea, lamministratore puo ottenere decreto d ingiunzione immediatamente
esecutivo, nonostante opposizione. (624 c.p.c.)
Chi subentra nei diritti di un condomino e obbligato, solidalmente (art.1292
c.c.) con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a
quello precedente.
In caso di mora (art. 1219 c.c.) nel pagamento dei contributi, che si sia
protratta per un semestre, I amministratore, se il regolamento di condominio ne
contiene I autorizzazione, può sospendere al condominio moroso I utilizzazione
dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato (art. 72
d.a.c.c.)
Art. 64
Sulla revoca dellamministratore, nei casi indicati dal terzo comma dellart. 1129
e dall’ultimo comma dellart. 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di
consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte
d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione.
Art. 65
Quando per qualsiasi causa manca il legale rappresentante dei condomini, chi
intende iniziare o proseguire una lite contro i partecipanti a un condominio può
richiedere la nomina di un curatore speciale ai sensi dell art. 80 del codice di
procedura civile.
II curatore speciale deve senza indugio convocare I assemblea dei condomini per
avere istruzioni sulla condotta della lite.
Art. 66
Lassemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per deliberazioni indicate
dall art. 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall
amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne e fatta richiesta
da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore delledificio.
Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono
provvedere direttamente alla convocazione.
In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto
straordinaria puo essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.
L’avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque
giorni prima della data fissata per l’adunanza (art. 72 d.a.c.c.).
Art. 67
Ogni condomino può intervenire allassemblea anche a mezzo di rappresentante.
Qualora un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà
indivisa a pù persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante
nell’assemblea, che e designato dai comproprietari interessati; in mancanza
provvede per sorteggio il presidente.
L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il
diritto di voto negli affari che attengono alla ordinaria amministrazione e al
semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di
manutenzione straordinaria delle parti comuni dell’edificio il diritto di voto
spetta invece al proprietario. (art. 72 d.a.c.c.)
Art. 68
Per gli effetti indicati dagli art.1123, 1124, 1126, e 1136 del codice, il
regolamento di condominio (art. 1138 c.c.) deve precisare il valore
proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in
proprieta esclusiva ai singoli condomini.
I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell’ intero
edificio, devono essere espresse in millesimi in apposita tabella allegata al
regolamento di condominio.
Nell’accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone locatizio,
dei miglioramenti o dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna
porzione di piano.(art. 72 d.a.c.c.)
Art. 69
I valori proporzionali dei vari piani o di porzione di piani possono essere
riveduti o modificati, anche nellinteresse di un solo condomino, nei seguenti
casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte delledificio, in conseguenza
della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di
innovazioni di vasta portata, e notevolmente alterato il rapporto originario tra
i valori dei singoli piani o porzioni di piano. (art. 72 d.a.c.c.)
Art. 70
Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di
sanzione, il pagamento di una certa somma. La somma e devoluta al fondo di cui
l’amministratore dispone per le spese ordinarie.
Art. 71
Il registro indicato dal quarto comma dell art. 1129 e del terzo comma dellart.
1138 del codice e tenuto presso I associazione professionale (1) dei proprietari
di fabbricati.
(1) soppressa con D.L.lg. 23/11/1944, n. 369
Art. 72
I regolamenti di condominio non possono derogare alle disposizioni dei
precedenti art. 63, 66, 67, e 69.
Art. 155 e 156
Art. 155
Capo II - Disposizioni transitorie Sezione III - Disposizioni relative al Libro
III Le disposizioni concernenti la revisione dei regolamenti di condominio e la
trascrizione di essi si applicano anche ai regolamenti formati prima del 28
ottobre 1941.Cessano di avere effetto le disposizioni dei regolamenti di
condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell’ultimo comma dellart.
1138 del codice e nellart. 72 di queste disposizioni.
Art. 156
Capo II - Disposizioni transitorie Sezione III - Disposizioni relative al Libro
III I condomini costituiti in forma di società cooperativa possono conservare
tale forma di amministrazione. Ai rapporti di condominio negli edifici di
cooperative edilizie le quali godono del contributo dello Stato nel pagamento
degli interessi sui mutui si applicano le disposizioni delle leggi speciali.
LEGGI
L'amministratore conquista
nuove funzioni e nuovi poteri: La riforma del condominio
Ddl Com Giustizia Senato 20.5.2004
L'amministratore di condominio diventa un supermanager, con nuove funzioni e
nuovi poteri. Lo prevede il ddl che modifica le norme del Codice divile
sull'amministrazione dei condomini. Il testo è stato approvato, in sede
referente e in prima lettura, dalla Commissione Giustizia del Senato il 20
maggio, all'unanimità. In base alle nuove norme l'amministratore di condominio,
tra i suoi compiti, avrà quello di eseguire le deliberazione dell'assemblea, far
rispettare il regolamento, disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione
dei servizi in modo che sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini.
Dovrà riscuotere le quote condominiali e se non lo fa sarà chiamato a
risponderne personalmente, provvedere alle spese per l'amministrazione ordinaria
delle parti comuni, eseguire tutti gli adempimenti fiscali, curare la tenuta del
registro condominiale contenente i nominativi dei singoli proprietari e i dati
catastali di ogni unità abitativa, curare la tenuta dei verbali delle assemblee.
In caso di mancato pagamento delle quote condominiali, l'amministratore può
sospendere l'utilizzazione dei servizi comuni (come giardino, locali adibiti a
lavanderia, ecc.), per il condomino moroso. Tra le altre novità, per l'assemblea
condominiale sarà più facile disporre di portineria, giardino, locali per il
riscaldamento ecc. Non servirà più l'unanimità per mettere in vendita i
locali condominiali (tipo l'alloggio del portiere), ma basterà una decisione a
maggioranza dei due terzi. Il singolo condomino non potrà eseguire opere nel
suo appartamento che rechino danno alle parti comuni dell'edificio o alle altrui
proprietà immobiliari; in ogni caso bisognerà rispettare le condizioni di
sicurezza previste dalla legge e consentire l'esame tecnico delle opere
realizzate se a chiederlo sono almeno due altri condomini. Per il
provvedimento potrebbe essere prevista una corsia preferenziale con
l'approvazione in Commissione in sede legislativa. Per il varo definitivo la
parola passerà poi alla Camera.
Il testo è quello risultante dagli emendamenti approvati, senza eventuali
interventi di coordinamento formale. (21 maggio 2004)
Ddl Senato 1708 - Modifica agli articoli 1117, 1120, 1124, 1129, 1130, 1137 e
1138 del codice civile, agli articoli 63, 64, 66, 67, 70 e 71 delle disposizioni
di attuazione del codice civile nonché all'articolo 7 del codice di procedura
civile circa la disciplina del condominio negli edifici
Articolo 1.
1. L’articolo 1117 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Articolo 1117. - (Parti comuni dell’edificio). ‘ Sono oggetto di proprietà
comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piano di un edificio, se
non risulta il contrario dal titolo che, a pena di nullità, deve precisarne la
diversa destinazione d’uso:
1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, quali il suolo su cui
sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le
scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili;
2) i locali per servizi in comune, quali la portineria, incluso l’alloggio del
portiere, la lavanderia, il riscaldamento centrale, gli stenditoi, le centraline
di controllo delle energie e delle telecomunicazioni;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono
all’uso e al godimento comune, quali gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli
impianti idrici e fognari e i sistemi di distribuzione e di trasmissione per il
gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento, per le telecomunicazioni e
simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà
esclusiva dei singoli condomini.
Il valore proporzionale delle singole unità immobiliari deve essere precisato
dal regolamento di condominio o dalle deliberazioni di cui all’articolo
1117-quater ed essere espresso in millesimi da apposita tabella allegata. Ai
soli fini della ripartizione delle spese, la tabella deve tener conto dell’uso
anche potenziale delle parti comuni come determinato dalla legge e dal titolo".
Articolo 2.
1. Dopo l’articolo 1117 del codice civile sono aggiunti i seguenti:
"Articolo 1117-bis. - (Ambito di applicabilità). ‘ Le disposizioni del presente
Capo si applicano, in quanto compatibili, quando più unità immobiliari o più
edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti che
servono all’uso comune, quali aree, opere, installazioni e manufatti di
qualunque genere.
Le disposizioni sulle distanze di cui agli articoli 873 e seguenti e quelle
relative alla corrispondente tutela si applicano, in quanto compatibili, tenendo
conto della condizione dei luoghi, delle destinazioni d’uso, nonché
dell’amenità, della comodità e delle altre particolari caratteristiche
ambientali e reddituali.
Articolo 1117-ter. - (Partecipazione ed usi omogenei). ‘ Le deliberazioni delle
assemblee che riguardano le parti comuni sono annullabili se non sono approvate
anche dalla maggioranza dei proprietari di unità immobiliari aventi le medesime
destinazioni d’uso.
Articolo 1117-quater. - (Modificazioni e sostituzioni delle parti comuni). ‘ La
sostituzione delle parti comuni ovvero la modificazione della loro destinazione
d’uso, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 1120, può essere
approvata dall’assemblea, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1117-ter,
con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo dei partecipanti al
condominio e i due terzi del valore complessivo, nei soli casi in cui ne risulti
cessata l’utilità ovvero risulti egualmente realizzabile l’interesse comune.
La convocazione dell’assemblea deve essere effettuata mediante raccomandata con
avviso di ricevimento non meno di trenta giorni liberi prima della data di
convocazione, deve individuare le parti comuni, deve indicare l’oggetto della
deliberazione e deve descrivere il contenuto specifico e le modalità delle
sostituzioni o modificazioni che si intendono apportare. La convocazione deve
essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior
uso comune o in quelli a tal fine destinati.
La deliberazione, se approvata dall’assemblea con un numero di voti che
rappresenti almeno la metà del valore, può produrre effetto anche con l’adesione
successiva da parte di partecipanti al condominio non presenti all’assemblea che
deve essere espressa in forma scritta all’amministratore, a pena di decadenza,
nei sessanta giorni successivi alla comunicazione, tale da rappresentare il
valore di almeno i due terzi del condominio e di almeno un terzo dei
partecipanti allo stesso. I termini di cui all’articolo 1137 decorrono dalla
data di scadenza di tale termine.
La deliberazione, a pena di nullità, deve:
1) essere assunta con atto ricevuto da pubblico ufficiale o scrittura privata
autenticata;
2) contenere la dichiarazione espressa dell’amministratore dell’attuazione degli
adempimenti di cui al secondo comma;
3) determinare l’indennità che, ove richiesta, è attribuita ai condomini che
sopportino diminuzione del loro diritto in ragione di qualità specifiche dei
beni di proprietà esclusiva, avuto riguardo alla condizione dei luoghi.
Articolo 1117-quinquies. - (Tutela delle destinazioni d’uso). ‘ In caso di
attività contraria alla destinazione d’uso delle parti comuni o delle unità
immobiliari di proprietà esclusiva, ogni condomino può diffidare
l’amministratore affinché entro trenta giorni agisca per la tutela degli
interessi comuni. In mancanza dell’amministratore o se l’amministratore non
provvede entro trenta giorni dalla diffida, ogni condomino può chiedere che il
tribunale ne ordini la cessazione in via di urgenza, salvo in ogni caso il
risarcimento del danno. Il danno deve essere determinato tenendo conto degli
incrementi di valore, degli investimenti compiuti e dei benefici ricavati da
ciascun interessato, nonché della gravità della colpa e dell’esigenza di
scoraggiare reiterazioni".
Articolo 3.
1. L’articolo 1118 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Articolo 1118. - (Diritti dei partecipanti sulle cose comuni). ‘ Il diritto di
ciascun condomino sulle parti comuni è proporzionato al valore delle parti di
sua proprietà esclusiva, se il titolo non dispone altrimenti.
Il valore proporzionale di ogni unità immobiliare non può essere modificato che
da atti o da sentenze che devono essere resi pubblici col mezzo della
trascrizione.
Il condomino non può, rinunziando al suo diritto sulle parti comuni o
modificando la destinazione d’uso della sua proprietà esclusiva, sottrarsi
all’obbligo di contribuire alle spese per la loro conservazione, né esserne
liberato da alcuni degli altri condomini".
Articolo 4.
1. All’articolo 1120 del codice civile, il comma 1 è sostituito dal seguente:
"Articolo 1120. - (Innovazioni). ‘ Salvo che la legge non disponga diversamente,
i condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’articolo 1136,
possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più
comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Ove le opere e gli interventi
siano connessi alla sicurezza ed alla salubrità degli edifici e degli impianti
sono valide le deliberazioni approvate con la maggioranza prevista dal comma
secondo dell’articolo 1136.
Articolo 5.
1. L’articolo 1122 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Articolo 1122. - (Opere nell’edificio). ‘ Ciascun condomino, nel piano o
porzione di piano di sua proprietà ovvero nelle parti comuni di cui si sia
riservata la proprietà o l’uso esclusivo ai sensi dell’articolo 1117, non può
eseguire opere o modifiche o svolgere attività ovvero variare la destinazione
d’uso indicata nel titolo qualora ciò rechi danno alle parti comuni o alle
altrui proprietà immobiliari, o ne diminuisca comunque il godimento o il
valore.Se le modifiche comportano l’esecuzione di opere, deve essere data
comunicazione delle stesse all’amministratore".
Articolo 6.
1. Dopo l’articolo 1122 è inserito il seguente:
"Articolo 1122-bis. - (Opere individuali di interesse collettivo). ‘ Nelle parti
comuni e nelle parti di proprietà o di uso esclusivo degli edifici condominiali
non possono essere fatti o mantenuti impianti od opere se non nelle condizioni
di sicurezza prescritte dalla legge. La mancanza delle condizioni di sicurezza
si considera situazione di pericolo immanente rispetto all’integrità delle parti
comuni e delle altre parti di proprietà esclusiva, nonché rispetto all’integrità
fisica delle persone che stabilmente occupano o abitualmente accedono al
condominio, anche ai fini della tutela giurisdizionale.
Il detentore a qualunque titolo di unità immobiliari di proprietà o di uso
esclusivo deve consentire l’accesso, previo interpello dell’amministratore, a un
tecnico qualificato nominato d’accordo con l’amministratore stesso ovvero, in
mancanza, nominato dall’assemblea se ne fanno richiesta due condomini, al fine
di accertare che gli impianti e le opere sono stati realizzati o sono mantenuti
in condizioni di sicurezza per la sanità e l’incolumità pubblica.
Il condomino, dopo essere stato interpellato, può, d’accordo con il tecnico
nominato, stabilire le modalità dell’accesso. In mancanza, non può impedirlo, ma
è esonerato dalla spesa se non risulta la situazione di pericolo di cui al primo
comma e in ogni caso gli è dovuta un’indennità se l’accesso cagiona danno.
La documentazione amministrativa relativa all’osservanza delle normative di
sicurezza in una o più unità immobiliari di proprietà esclusiva o comune non è
di ostacolo all’ispezione ai fini dei precedenti commi.
Se dall’ispezione risulta la situazione di pericolo di cui al primo comma, il
condomino deve comunicare all’amministratore le modalità e il tempo di
esecuzione degli indispensabili lavori di messa in sicurezza degli impianti e
delle opere, nonché le modalità e il tempo dell’accesso per ogni opportuna
verifica. In mancanza, l’amministratore predispone senza ritardo, con la
collaborazione del tecnico qualificato, il piano di intervento con l’indicazione
dettagliata dei lavori da eseguire e lo comunica ai condomini. L’inerzia del
condomino interessato o del detentore a qualunque titolo importa approvazione
del piano e delle modalità per la sua esecuzione.
Se l’amministratore manca o rimane inerte per dieci giorni dopo che anche un
solo condomino lo abbia diffidato ad agire, l’iniziativa per l’ispezione e per
le attività successive può essere assunta anche da uno solo degli interessati di
cui al primo comma.
L’inerzia dell’amministratore è considerata grave irregolarità ai fini della
revoca dell’incarico.
Nei confronti di coloro che non permettono l’ispezione, o che contestano il
piano di intervento, ovvero che ostacolano o contestano l’esecuzione di esso,
può essere proposta denuncia di danno temuto ai sensi dell’articolo 1172,
previa, se ritenuta opportuna, istanza di accertamento tecnico preventivo ai
sensi dell’articolo 696 del codice di procedura civile.
La documentazione amministrativa formata dopo l’esecuzione del piano
d’intervento deve essere integrata con una relazione in cui sono elencati
dettagliatamente i lavori eseguiti e i materiali impiegati. Copia della
documentazione è conservata negli atti del condominio. Tutti i soggetti indicati
nel primo comma hanno diritto ad avere copia della documentazione relativa a
tutte le unità immobiliari".
Articolo 7.
1. All’articolo 1124 del codice civile, il primo comma è sostituito dal
seguente:
"Articolo 1124. - (Manutenzione e ricostruzione delle scale). ‘ Le scale sono
mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono e dei
locali che costituiscono corpo di fabbrica autonomo rispetto all’edificio
principale".
Articolo 8.
1. L’articolo 1129 è sostituito dal seguente:
"Articolo 1129. - (Nomina e revoca dell’amministratore). ‘ Quando i condomini
sono più di quattro, l’assemblea nomina amministratore uno di essi o un terzo.
Se l’assemblea non provvede, l’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più
condomini, nomina amministratore uno di essi o altro condomino da essi indicato;
in caso di mancata designazione o di mancata accettazione, nomina un terzo.
Al momento dell’accettazione della nomina e in ogni caso di rinnovo
dell’incarico, l’amministratore deve dichiarare i propri dati anagrafici, di
avere il godimento dei diritti civili, l’eventuale appartenenza ad associazioni
di categoria, gli altri condomini amministrati il locale ove si trovano i
registri di cui ai numeri 6) e 7) nonché i giorni e le ore in cui ogni
interessato può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso
della spesa, copia dell’originale dall’amministratore che ne attesta la
conformità.
Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, aperto al pubblico,
deve essere affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti, anche
telefonici dell’amministratore.
In mancanza dell’amministratore, sul luogo di accesso al condominio o di maggior
uso comune, aperto al pubblico, deve essere affissa l’indicazione della
generalità e dei recapiti, anche telefonici della persona che svolge funzioni
analoghe a quelle dell’amministratore.
Il condominio, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, può
deliberare che l’amministratore nominato, prima dell’accettazione, presti idonea
garanzia per le responsabilità e gli obblighi derivanti dall’espletamento del
suo incarico, anche mediante prestazione di fideiussione. Sono privi di effetto,
in mancanza della relativa prestazione, la nomina o il rinnovo del suo incarico.
L’amministratore è obbligato a collocare le somme ricevute a qualunque titolo
dai condomini in specifico conto separato, con modalità idonee a consentirne
l’accesso a fini informativi da parte di ciascun condomino.
Per gli edifici di oltre nove unità immobiliari, l’assemblea che delibera
l’approvazione del bilancio preventivo, dispone altresì le modalità e i limiti
con i quali l’amministratore può prelevare somme dal conto condominiale,
eventualmente indicando quello dei condomini cui è attribuito il potere di forma
congiunta con l’amministratore. Analogamente l’Assemblea provvede nel caso in
cui siano da essa stabilite spese straordinarie. Le somme versate non sono
soggette a revocatoria fallimentare e a revocatoria ordinaria. I creditori del
condominio sono preferiti ai creditori particolari dell’amministratore ed ai
creditori di ciascun condomino.
Il compenso dell’amministratore comprende le operazioni necessarie alla
successione nel suo incarico. Nell’ipotesi di revoca prima della scadenza, è
dovuto all’amministratore un compenso determinato dall’assemblea in funzione del
tempo necessario, non superiore a venti giorni, per le operazioni di
presentazione del rendiconto e di successione dall’incarico, fermo restando
l’obbligo della consegna immediata della cassa, del libro verbale e di ogni
altro carteggio relativo ad operazioni di riscossione delle quote nonché a
quelle da svolgere con urgenza, al fine di evitare il pregiudizio degli
interessi comuni e dei singoli condomini.
L’amministratore è sempre tenuto a mettere in mora gli obbligati inadempienti
decorsi trenta giorni da quando il credito è divenuto esigibile.
L’amministratore è obbligato a intraprendere iniziative giudiziarie per la
riscossione forzosa delle somme dovute da ciascun obbligato, incluse quelle di
cui all’articolo 63, comma 1 delle disposizioni per l’attuazione del codice
civile entro tre mesi dal giorno in cui il credito è divenuto esigibile, a meno
che non sia stato espressamente dispensato dall’assemblea. In mancanza, scaduto
tale termine, gli obbligati in regola con i pagamenti sono liberati dal vincolo
di solidarietà. In tal caso, l’amministratore risponde nei confronti dei terzi
nei limiti delle somme non riscosse per le quali non abbia attivato le
iniziative di cui al primo periodo del presente comma.
Salvo diversa deliberazione, l’amministratore dura in carica un anno e può
essere revocato in ogni tempo dall’assemblea. L’assemblea convocata per la
revoca può deliberare sulla nomina del nuovo amministratore.
L’amministratore può essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di
ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo
1131, se non rende il conto della gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti
di gravi irregolarità.
Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità dell’amministratore, oltre alla
comunicazione di notizie incomplete o inesatte di cui al primo comma:
a) il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la nomina del nuovo
amministratore;
b) la mancata esecuzione di un provvedimento giudiziario;
c) la gestione che generi confusione tra il patrimonio del condominio e il
patrimonio personale dell’amministratore ovvero quelli di altri condomini
gestiti dal medesimo;
d) aver consentito senza che ve ne fossero i presupposti, alla cancellazione di
formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela di ragioni di credito del
condominio;
e) l’omissione delle iniziative di cui al nono e al decimo comma per la
riscossione forzosa delle somme dovute da ciascun obbligato entro tre mesi dal
giorno in cui il credito è divenuto esigibile.
Articolo 9.
1. L’articolo 1130 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Articolo 1130. - (Attribuzioni dell’amministratore). ‘ L’amministratore, oltre
agli obblighi ed ai compiti di cui alla disposizione precedente, deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini, incluse quella di cui
all’articolo 1117-quater, e curare l’osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi
nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a
tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione
ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni
dell’edificio;
5) eseguire tutti gli adempimenti fiscali;
6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale formato dai nominativi
dei singoli proprietari e dai dati catastali di ogni unità immobiliare nonché da
annotazioni circa eventuali limitazioni o ampliamenti inerenti l’esercizio del
diritto di proprietà e dagli atti concernenti l’attuazione delle normative di
sicurezza. Tali comunicazioni devono essere fornite in forma scritta dai singoli
condomini all’amministratore entro quindici giorni dalla variazione dei dati.
L’amministratore, in caso di inerzia, incompletezza o mancanza delle relative
comunicazioni da parte dei condomini, deve richiedere a questi ultimi, con
lettera raccomandata, tutte le informazioni necessarie alla tenuta del registro
di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o non esaustiva risposta,
l’amministratore può citare in giudizio il condomino inadempiente innanzi al
giudice di pace competente ai sensi dell’articolo 7 del codice di procedura
civile al fine di far accertare e disporre giudizialmente l’acquisizione di ogni
elemento idoneo alla verifica della titolarità del bene. Il giudice di pace,
qualora voglia avvalersi per l’accesso presso gli uffici competenti della
consulenza di un tecnico, deve porre l’anticipazione delle spese a carico
esclusivo del condomino inadempiente;
7) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di
nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità. Nel registro
dei verbali delle assemblee condominiali, al fine di garantire la tutela degli
assenti, devono essere annotati: le eventuali mancate costituzioni delle
assemblee, i contenuti delle discussioni e delle delibere formate nelle
assemblee, nonché le dichiarazioni espresse dai singoli condomini che ne
facciano richiesta. Nel registro di nomina e revoca dell’amministratore devono
essere annotate, in successione tra loro, le date della nomina e della revoca di
ogni amministratore succedutosi nel condominio, nonché la descrizione del
decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità devono
essere annotati in ordine cronologico i singoli movimenti; esso contiene una
sola colonna per le entrate, dove annotare le quote di spese riscosse e tante
colonne di spesa, ciascuna per ogni voce omogenea di spesa. Tale registro può
tenersi anche in via informatica;
8) provvedere all’affissione degli atti di cui all’articolo 1117-quater .
Il rendiconto condominiale è redatto secondo i criteri di cassa e di competenza
ed in ogni caso nella forma atta a consentire una chiara verifica delle voci di
spesa e di entrata e della situazione patrimoniale del condominio nonché dei
fondi e delle riserve previste. Il rendiconto annuale deve essere accompagnato
da una relazione esplicativa di tutta la gestione con l’indicazione anche dei
principali problemi risolti e da risolvere nell’interesse del condominio. Ogni
condomino e conduttore di unità immobiliare, in relazione ai rispettivi diritti,
può prendere visione dei documenti giustificativi. Le scritture e i documenti
giustificativi devono essere conservati per cinque anni dalla data dell’ultima
registrazione.
Per edifici di oltre nove unità immobiliari l’assemblea può nominare, unitamente
all’amministratore, un consiglio di condominio che è composto da non meno di tre
condomini. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo e su delega
dell’assemblea, quando per qualsiasi causa manchi il legale rappresentante del
condominio, può assumere in via provvisoria le funzioni dell’amministratore,
anche nel caso di dimissioni di questo o scadenza dell’incarico senza che
l’assemblea abbia provveduto alla nuova nomina".
Articolo 10.
1. All’articolo 1131 sono apportate le seguenti modificazioni:
"a) al comma 1, in fine, sono aggiunte le seguenti parole: "L’amministratore
rappresenta il condominio nell’attuazione delle deliberazioni di cui
all’articolo 1117-quater ed è legittimato ad eseguire gli atti ad esse relativi.
Ogni limite o condizione si considera non apposto";
b) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
"L’amministratore, anche in mancanza di espressa autorizzazione dell’assemblea,
è legittimato a consentire la cancellazione delle formalità eseguite nei
registri immobiliari a tutela di ragioni di credito del condominio"".
Articolo 11.
1. L’articolo 1137 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Articolo 1137. - (Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea). ‘ Le
deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono
obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni
condomino dissenziente può adire l’autorità giudiziaria con atto di citazione;
l’impugnazione non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la
sospensione sia ordinata dall’autorità stessa.
L’atto di citazione deve essere notificato, sotto pena di decadenza, entro
trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i partecipanti e
dalla data di comunicazione per gli assenti.
Al predetto termine di impugnativa si applica la sospensione feriale di cui
all’articolo 1 della legge 7 dicembre 1969, n. 742.
Qualora vi siano valide ragioni per temere che l’imminente esecuzione della
volontà assembleare comporti un pregiudizio irreparabile del diritto vantato,
l’impugnativa con richiesta di sospensione della esecutività della delibera può
essere proposta con ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente
per il merito.
La proposizione di rimedi cautelari preventivi sospende il termine di decadenza
dell’impegnativa. Il termine è altresì sospeso a seguito della proposizione di
ricorsi a procedure di conciliazione stragiudiziale delle controversie presso le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o altri organismi
ovvero nell’ambito di attività conciliative svolte dalle associazioni di
rappresentanza dei proprietari, dei conduttori e degli amministratori ove
previsti nel regolamento di condominio e nuovamente decorre dopo dieci giorni
dalla comunicazione dell’esito della procedura conciliativa e in ogni caso dopo
che sono trascorsi novanta giorni dall’avvio della stessa.
Negli altri casi la richiesta di sospensione della esecutività della delibera
può essere chiesta unitamente all’impugnativa proposta con atto di citazione o
in corso di causa".
Articolo 12.
1. Il comma 3 dell’articolo 1138 del codice civile, è sostituito dal seguente:
"Il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza
stabilita dal secondo comma dell’articolo 1136 e, controfirmato da ogni votante,
deve essere allegato al relativo verbale di approvazione facendone parte
integrante, salve le disposizioni in materia di formazione e di sottoscrizione
degli atti in via telematica".
Articolo 13.
1. L’articolo 1139 del codice civile è abrogato.
Articolo 14.
1. All’articolo 2643 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
"a) il numero 14) è sostituito dal seguente:
"14) gli atti e le sentenze, nonché le delibere di cui all’articolo 1117-quater,
che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di uno dei
diritti menzionati nei numeri precedenti e le domande giudiziali che li
riguardano;";
b) dopo il numero 14), è aggiunto il seguente:
"15) gli atti che operano la modificazione della proprietà o di uno dei diritti
menzionati nei numeri precedenti ovvero impongono, modificano o vietano
destinazioni specifiche a beni o a complessi di beni per realizzare interessi
meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico ai sensi dell’articolo
1322."".
Articolo 15.
1. All’articolo 2659 del codice civile, sono apportate le seguenti
modificazioni:
"a) al numero 1), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Per i condomini,
devono essere indicate la denominazione, ubicazione e codice fiscale.";
b) dopo il secondo comma, è aggiunto, in fine, il seguente:
"Le trascrizioni delle delibere di cui all’articolo 1117-quater e degli atti che
impongano, vietano o modificano specifiche destinazioni d’uso delle parti comuni
o delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, eseguite a favore e contro i
condomini si considerano eseguite a favore e contro tutti i singoli proprietari
delle unità immobiliari. Gli atti di cui al numero 14-bis dell’articolo 2643
devono essere trascritti a favore e contro le parti medesime."".
Articolo 16.
1. All’articolo 63 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e
disposizioni transitorie, sono apportate le seguenti modificazioni:
"a) dopo il primo comma, è aggiunto il seguente:
"Gli obbligati in regola con i pagamenti hanno il beneficio della preventiva
escussione. Il ricorso a strumenti coattivi di riscossione delle somme dovute da
ciascuno obbligato entro tre mesi dal giorno il cui il credito è divenuto
esigibile deve essere comunicato dall’amministratore ai creditori del condominio
ancora insoddisfatti.";
b) il comma 2, è sostituito dal seguente:
"Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo,
al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.
Tuttavia, la solidarietà perdura fino a quando non sia stata comunicata
all’amministratore copia conforme all’originale del titolo che attua il
subentro.";
c) il comma 3, è sostituito dal seguente:
"In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un
trimestre, l’amministratore può sospendere l’utilizzazione dei servizi comuni
suscettibili di godimento separato, salvo che l’autorità giudiziaria riconosca
in via d’urgenza l’essenzialità del servizio per la realizzazione di diritti
fondamentali della persona e l’impossibilità oggettiva del ricorso a mezzi
alternativi. Il divieto di sospensione non può avere durata superiore a sei
mesi."".
Articolo 17.
1. All’articolo 64 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e
disposizioni transitorie, il comma 1 è sostituito dal seguente:
"Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dal dodicesimo comma
dell’articolo 1129 e dal quarto comma dell’articolo 1131 del codice, il
tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito
l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente".
Articolo 18.
1. All’articolo 66 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e
disposizioni transitorie il comma 3 è sostituito dai seguenti:
"L’avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque
giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione,
specificando il luogo e l’ora della riunione. La incompleta o mancata
convocazione dei condomini determina l’annullabilità della delibera assembleare
impugnabile, nei termini di decadenza di cui all’articolo 1137 del codice
civile, solo dai condomini, assenti o dissenzienti, titolari del diretto
interesse alla completezza della convocazione in quanto da questa pretermessi.
L’assemblea chiamata in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno
solare della prima.
L’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da
assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando i
condomini con un unico avviso ove sono indicate le ulteriori date di eventuale
prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi, senza la necessità di
ulteriori convocazioni".
Articolo 19.
1. L’articolo 67 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e
disposizioni transitorie è sostituito dal seguente:
"Ogni proprietario di ogni unità immobiliare può intervenire all’assemblea anche
a mezzo di rappresentante.
Qualora un piano o porzione di piano appartenga in proprietà indivisa a più
persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è
designato dai condomini interessati; in mancanza provvede per sorteggio il
presidente.
Nei casi di cui all’articolo 1117-bis, i condomini di ciascun edificio e i
proprietari di unità immobiliari facenti parte di un condominio, ovvero i
condomini formati da più edifici o da condomini di unità immobiliari designano
con la maggioranza dell’articolo 1136, comma quinto, il loro rappresentante. In
mancanza provvede per sorteggio il presidente. Il rappresentante può esercitare
tutti i poteri inerenti al diritto di proprietà sulle parti comuni, incluso
quello di concorrere a formare il regolamento, a precisare il valore
proporzionale delle singole proprietà e ad esprimerlo con apposita tabella ad
esso allegata, nonché di concorrere all’approvazione delle delibere di cui
all’articolo 1117-quater e eseguire le relative trascrizioni. Ogni limite o
condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto.
All’amministratore non possono essere conferiti poteri di rappresentanza diversi
da quelli stabiliti dalla legge né deleghe per la partecipazione all’assemblea.
Il condomino che sia amministratore non ha diritto di voto nelle materie che
riguardano la sua attività.
L’usufruttuario, ovvero, salvo espresso patto contrario, il conduttore, di un
piano o porzione di piano esercita il diritto di voto nella delibera che
attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei
servizi comuni ed è obbligato in via principale nei confronti del condominio a
concorrere nelle spese relative.
Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di
manutenzione straordinaria delle parti comuni dell’edificio ed in quelle
dell’articolo 1117-quater il diritto di voto spetta invece al proprietario".
Articolo 20.
1. All’articolo 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile, dopo il
numero 2), è aggiunto il seguente:
"3) quando risultino alterati in conseguenza di trasformazioni o modificazioni
oggetto di sanatoria edilizia che siano approvate dagli altri condomini. In tal
caso ogni spesa relativa è a carico del condomino che ne ha tratto vantaggio".
Articolo 21.
1. All’articolo 7 del codice di procedura civile sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: "nonché per le procedure relative all’accertamento da parte
dell’amministratore della titolarità dell’immobile ai fini del corretto
inserimento e mantenimento nel registro di anagrafe condominiale di cui
all’articolo 1130, primo comma, numero 6 del codice civile".
Articolo 21-bis.
1. All’articolo 2, comma 1, della legge 9 gennaio 1989, n. 13, le parole: "con
le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma del codice
civile" sono sostituite dalle seguenti: "con la maggioranza prevista dal secondo
comma dell’articolo 1136 del codice civile"".
Articolo 21-bis.
1. All’articolo 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: "l’assemblea di
condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice
civile" sono sostituite dalle seguenti: "l’assemblea di condominio delibera con
la maggioranza prevista dal secondo comma dell’articolo 1136 del codice
civile"".
Articolo 21-bis.
1. All’articolo 2-bis del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito in
legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 20 marzo 2001, n. 66, al
comma 13, la parola: "terzo" è sostituita dalla seguente: "secondo"".
Disegno di legge sulle
professioni non regolamentate
CNEL 15 gennaio 2003
CNEL
Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
DISEGNO DI LEGGE
SULLE PROFESSIONI NON REGOLAMENTATE
Assemblea
15 gennaio 2003
CNEL
Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
Disegno di legge sulle professioni non regolamentate
RELAZIONE
Da oltre dieci anni il CNEL, prima istituendo la Commissione per le nuove rappresentanze e, successivamente, la Consulta e l’Osservatorio sulla nuove professioni, ha dedicato la sua attenzione alle ‘professioni non regolamentate’.
Nella consapevolezza del progressivo sviluppo di questo importante settore del mercato del lavoro e al fine di garantire gli utenti delle prestazioni e, al tempo stesso, consentire ai prestatori forme più adeguate di presenza sul mercato del lavoro anche a livello di Unione europea e in conformità con quanto previsto dalla direttiva 92/51 CEE, poi integrata con la direttiva 2001/19CE, il CNEL ha svolto con continuità una attività di sollecitazione e di stimolo perché le associazioni liberamente costituitesi tra i prestatori di attività professionale, nell’esercizio della loro autonomia, adottassero idonei statuti, curassero la formazione e l’aggiornamento professionale degli iscritti e garantissero il rispetto di regole deontologiche.
All’esito di queste iniziative il CNEL ritiene opportuno ‘tirare le fila’ dell’attività svolta, con la formulazione di un disegno di legge nell’auspicio che Parlamento e Governo ne tengano conto nel quadro delle numerose iniziative volte a disciplinare sul piano generale il mondo delle professioni.
In considerazione dell’attività svolta in questi anni e della maggiore legittimazione del CNEL a intervenire in questo settore del mercato del lavoro, la proposta ha ad oggetto esclusivamente le professioni non regolamentate, ma il CNEL, convinto della validità del sistema ‘duale’ (Ordini ed Associazioni) ribadisce la piena disponibilità a collaborare alla realizzazione di un più generale intervento volto a disciplinare in forme più moderne, attraverso l’enunciazione di principi generali e con doveroso riconoscimento dell’autonomia degli ordini e delle associazioni, tutte le forme di esercizio delle attività professionali. Si tratta, del resto, di un intervento che non sembra possa essere ulteriormente differito, se si tiene conto, da un lato, degli obblighi comunitari e, dall’altro, del necessario coordinamento con il concorrente potere legislativo in materia riconosciuto alle Regioni dalla legge costituzionale n.3 del 2001.
In questa prospettiva, la proposta di legge, ribadito il principio della libertà dell’esercizio delle attività professionali, con i soli limiti derivanti dalla tutela di interessi generali, ( art. 1), al fine di consentire il rilascio dell’attestato di competenza previsto dalle direttive comunitarie (art. 3), prevede la possibilità che le libere associazioni di natura privata ottengano il riconoscimento con l’iscrizione in apposito registro istituito presso il Ministero della Giustizia (art. 4).
La concreta determinazione dei requisiti e delle condizioni richiesti, rispettivamente, per il riconoscimento delle associazioni e per il rilascio ai singoli degli attestati di competenza è rimessa a decreti delegati da emanare dal Governo previa intesa con la Conferenza dei Presidenti delle Regioni (art.5). Questa soluzione, che è sembrata preferibile a quella del ricorso ad uno o più decreti ministeriali che pure è stata motivatamente prospettata nell’ambito del CNEL, da un lato appare rispettosa degli obblighi comunitari, e, dall’altro, tiene conto della ratio che ha ispirato in materia la riforma del Titolo V della Costituzione e non sembra invadere la competenza delle Regioni se si considera, da un lato, che le disposizioni di cui agli artt. 2222-2238 cod. civ. rientrano nella nozione di ordinamento civile e, dall’altro, che il possesso dell’attestato non è condizione per l’esercizio dell’attività professionale e ampio spazio di intervento rimane per quanto attiene alla eventuale integrazione della disciplina ( ad es. per quanto riguarda la formazione professionale).
CNEL
Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
Disegno di legge sulle professioni non regolamentate
TESTO
Art. 1
L’esercizio delle attività professionali è libero salvi i casi in cui la legge richieda, anche per lo svolgimento di singole attività, l’iscrizione in appositi albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 c. c.
Art. 2
Le associazioni costituite dagli esercenti attività professionali non rientranti nella previsione di cui all’art. 2229 c.c. , se in possesso dei requisiti e nel rispetto delle condizioni di cui al successivo art. 5 possono essere riconosciute.
Art.3
Le associazioni riconosciute ai sensi del precedente art. 2, sono di natura privata, su base volontaria e possono rilasciare periodicamente agli iscritti, previe le necessarie verifiche, un attestato in ordine al possesso di requisiti professionali, all’aggiornamento professionale e al rispetto di regole di correttezza nella svolgimento dell’attività professionale. In ogni caso l’attestato non è requisito necessario per l’esercizio dell’attività professionale.
Art. 4
Il riconoscimento delle associazioni ai sensi del precedente art. 2 è disposto, su conforme parere del CNEL, dal Ministro della Giustizia con l’iscrizione in apposito registro istituito presso il Ministero.
Art. 5
Il Governo è delegato a emanare entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, previa intesa con la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e previa consultazione delle parti sociali maggiormente rappresentative, uno o più decreti legislativi per precisare i requisiti richiesti alle associazioni per l’iscrizione nel registro e ai professionisti per l’ottenimento dell’attestato di cui ai precedenti articoli, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) l’esistenza di uno statuto dell’associazione che garantisca un ordinamento interno a base democratica, escluda ogni fine di lucro, determini l’ambito dell’attività professionale, preveda l’elaborazione e l’adozione di un codice deontologico, nonché la stipulazione di adeguate forme di assicurazione per la responsabilità civile per danni arrecati nell’esercizio dell’attività professionale:
b) la disponibilità da parte dell’associazione di adeguate strutture organizzative e tecnico-scientifiche per curare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale, la verifica della professionalità degli iscritti, il relativo aggiornamento professionale, nonché l’effettiva applicazione in sede disciplinare del codice deontologico;
c) la previsione di un limite temporale di validità dell’attestato
d) l’affidamento al CNEL, prevedendo anche la costituzione di un Osservatorio sulle professioni non regolamentate con la partecipazione anche dei rappresentanti delle associazioni riconosciute, dell’attività istruttoria in ordine alle richieste di riconoscimento delle associazioni e di controllo e verifica sul loro operato, anche ai fini della formulazione di proposte di cancellazione dal registro.
Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per
l'individuazione delle capacità e dei requisiti professionali richiesti agli
Decreto Legislativo 23 giugno 2003, n.195
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2003
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, legge comunitaria per l'anno 2001, ed in particolare l'articolo 21;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 31 gennaio 2003;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 giugno 2003;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, degli affari esteri, della giustizia, della salute, delle attività produttive, per la funzione pubblica e per gli affari regionali;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Modifiche al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626
1. Al comma 1, lettera e), dell'articolo 2 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, le parole: «attitudini e capacità adeguate» sono sostituite dalle seguenti: «delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 8-bis».
2. Al comma 2 dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, le parole: «di attitudini e capacità adeguate» sono sostituite dalle seguenti: «delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 8-bis».
3. Al comma 8, dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, le parole: «attitudini e capacità adeguate» sono sostituite dalle seguenti: «le capacità e i requisiti professionali di cui all'articolo 8-bis».
Art. 2.
Inserimento dell'art. 8-bis dopo l'articolo 8 del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626
1.
Dopo l'articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni, e' inserito il seguente:
«Art. 8-bis (Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei
responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni o esterni). -
1. Le capacità ed i requisiti professionali dei responsabili e degli
addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere
adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle
attività lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al
comma 1, e' necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore
al diploma di istruzione secondaria superiore ed essere inoltre in possesso di
un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di
formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e
relativi alle attività lavorative. In sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
sono individuati gli indirizzi ed i requisiti minimi dei corsi.
3. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni
e province autonome, dalle università, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto
italiano di medicina sociale, dal Dipartimento dei vigili del fuoco, del
soccorso pubblico e della difesa civile, dall'amministrazione della Difesa,
dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, dalle associazioni
sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici.
Altri soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
4. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio
prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al comma 2, e' necessario
possedere un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a
specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi,
anche di natura ergonomica e psico-sociale, di organizzazione e gestione delle
attività tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di
relazioni sindacali.
5. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione
sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo indirizzi definiti in
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, con cadenza almeno quinquennale.
6. Coloro che sono in possesso di laurea triennale di "Ingegneria della
sicurezza e protezione" o di "Scienze della sicurezza e protezione" o di
"Tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro" sono esonerati
dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2.
7. E' fatto salvo l'articolo 10.
8. Gli organismi statali di formazione pubblici, previsti al comma 3,
organizzano i corsi di formazione secondo tariffe, determinate sulla base del
costo effettivo del servizio, da stabilire, con le relative modalità di
versamento, con decreto del Ministro competente per materia, entro trenta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
9. Le amministrazioni pubbliche di cui al presente decreto, organizzano i
corsi di formazione nei limiti delle risorse finanziarie proprie o con le
maggiori entrate derivanti dall'espletamento di dette attività a carico dei
partecipanti.
10. La partecipazione del personale delle pubbliche amministrazioni ai
corsi di formazione di cui al presente articolo e' disposta nei limiti delle
risorse destinate dalla legislazione vigente alla formazione del personale
medesimo.».
Art. 3.
Norma transitoria e clausola di cedevolezza
1. Possono svolgere l'attività di addetto o di responsabile del servizio di prevenzione e protezione coloro che dimostrino di svolgere l'attività medesima, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, da almeno sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Tali soggetti sono tenuti a conseguire un attestato di frequenza al corsi di formazione di cui all'articolo 2, primo capoverso, comma 2, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Fino all'istituzione dei corsi di formazione di cui all'articolo 2, primo capoverso, comma 2, possono svolgere l'attività di addetto o di responsabile del servizio di prevenzione e protezione coloro che, in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore, abbiano frequentato corsi di formazione organizzati da enti e organismi pubblici o da altri soggetti ritenuti idonei dalle regioni. Tali corsi devono essere rispondenti ai contenuti minimi di formazione di cui all'articolo 3 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità in data 16 gennaio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 febbraio 1997.
3. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma della Costituzione, le norme del presente decreto afferenti a materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che non abbiano ancora provveduto ad adeguarsi, con riferimento al requisiti e capacità dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione, alla sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea del 15 novembre 2001, nella causa n. 49/00, si applicano sino alla data di entrata in vigore della normativa di adeguamento di ciascuna regione e provincia autonoma, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto.
Modifiche alla normativa in materia di condominio
Disegno di Legge n. 2587 Comunicato alla presidenza il 14 novembre 2003
SENATO DELLA REPUBBLICA
‘‘‘‘ XIV LEGISLATURA ‘‘‘‘
N. 2587
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa del senatore TUNIS
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 NOVEMBRE 2003
Onorevoli Senatori. ‘ Il presente disegno di legge vuole essere una concreta opportunità per operare una modifica alla normativa sul condominio, ormai da tempo sollecitata da moltissimi operatori del settore.
L’iniziativa si propone innanzi tutto di stabilire
la nomina obbligatoria dell’amministratore in ogni realtà condominiale per
consentire l’individuazione di un responsabile legale anche quando i condomini
sono inferiori a cinque.
Pur lasciando la possibilità di scelta dell’amministratore fra gli stessi
partecipanti del condominio in armonia con quanto previsto dall’articolo 1105
del codice civile (diritto di amministrare la cosa comune) l’incarico, però,
deve essere affidato ad un soggetto iscritto in uno specifico registro tenuto
dalle amministrazioni comunali, allo scopo di assicurare una gestione
professionale di una attività cui il legislatore ha affidato numerose
responsabilità ed interessi pubblici da tutelare.
La disponibilità presso l’amministrazione comunale di nominativi e recapiti
degli amministratori in possesso di determinati requisiti, consente la
tempestiva notifica di comunicazione e provvedimenti nell’ottica della
protezione civile (incendi, alluvioni, crolli, nevicate, eccetera), nonché di
avere precisi punti di riferimento per la salvaguardia della sicurezza di igiene
ambientale, per verificare l’osservanza delle norme dei regolamenti edilizi, dei
vincoli architettonici per gli immobili tutelati, delle direttive europee sulla
sicurezza, delle finalità di risparmio energetico.
Può essere nominata sia una persona fisica che una persona giuridica in quanto
la gestione societaria dell’amministrazione condominiale è ritenuta possibile
non solo dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ma anche dal Ministero
dell’economia e delle finanze che la prevede espressamente sia nell’Unico sia
nello studio di settore relativo alla categoria.
Il ricorso all’autorità giudiziaria per la nomina di un nuovo amministratore è
previsto anche da parte dello stesso amministratore dimissionario onde evitare
una prorogatio perpetua nel caso di decisioni irrevocabili e di
difficoltà per l’assemblea di raggiungere maggioranze valide per procedere alla
sostituzione.
La funzione di una garanzia fideiussoria obbligatoria contro l’insolvenza è una
tutela per gli amministrati, considerato che il condominio spesso rappresenta un
rilevante fenomeno di gestione finanziaria in armonia con gli altri Paesi
europei; basti pensare ad esempio al modello francese che determina la garanzia
sull’importo dei fondi detenuti in un esercizio in conseguenza della gestione di
beni altrui ed è soggetta a periodico aggiornamento.
La limitazione del compenso dell’amministratore alla data della sua sostituzione
chiarisce alcuni conflitti di competenza e favorisce un rapido passaggio di
consegne.
Per assicurare trasparenza, uniformità e migliore comprensione del rendiconto ed
aumentare la completezza e la correttezza della sua funzione informativa dei
soggetti interessati, sono stati elaborati alcuni criteri di redazione (articolo
2). In particolare il criterio di competenza consente di imputare i costi dei
servizi resi agli effettivi fruitori rendendo confrontabili i rendiconti dei
vari esercizi contabili; ciò in applicazione anche dei principi contabili,
nonché di quanto prescrive l’articolo 2423-bis del codice civile.
La distinzione fra spese di conservazione d’uso e delle parti comuni è stata
ritenuta indispensabile dalla giurisprudenza della suprema Corte di cassazione
per individuare le diverse competenze di usufruttuario e nudo proprietario.
La situazione patrimoniale rappresenta una memoria storica del patrimonio
condominiale realizzando un importante strumento di raccordo fra successivi
esercizi; una relazione illustrativa faciliterà la comprensione della schematica
simbologia contabile (articolo 2) attuale.
Considerato che nessuna norma obbliga l’acquirente di una unità immobiliare di
comunicare all’amministratore la nuova titolarità si propone per evitare
l’apparenza del diritto di obbligare il venditore, solidalmente con chi
subentra, al pagamento di ogni onere condominiale, fino al momento della
documentata informazione circa l’avvenuto trasferimento (articolo 4).
È stato regolato in modo più efficace il conferimento della delega limitando
tale possibilità fino ad un quinto del valore dell’immobile per evitare
l’accentramento di manifestazione di voto nella stessa persona (articolo 5).
Le funzioni del presidente e del segretario dell’assemblea sono state definite
con precisione stabilendo che il verbale deve essere redatto durante l’assemblea
evidenziando sempre i nominativi dei favorevoli e dei contrari alle decisioni,
per rendere possibile l’individuazione di chi ha diritto a possibili impugnative
(articolo 6).
Infine la sanzione per le infrazioni al regolamento di condominio, se non
prevista dal regolamento condominiale può essere deliberata dall’assemblea con
la maggioranza dei partecipanti al condominio, rappresentanti almeno la metà del
valore dell’edificio (articolo 7).
Art. 1
1. L’articolo 1129 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 1129. - (Nomina e revoca dell’amministratore). ‘ Quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore che deve essere scelto tra soggetti (persone fisiche o giuridiche) iscritti in apposito registro tenuto dall’amministrazione comunale.
Se l’assemblea non provvede alla nomina di cui al
primo comma, la stessa è attuata dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o
più condomini o dall’amministratore dimissionario nell’interesse dell’intero
condominio.
Della nomina di cui al primo e secondo comma, è data comunicazione entro 15
giorni al sindaco del comune su cui insiste l’immobile.
L’amministratore è obbligato a prestare garanzia fideiussoria contro
l’insolvenza.
L’amministratore dura in carica un anno e può essere tacitamente confermato
salvo che un quinto dei condomini ne chieda la revoca, almeno due mesi prima
della scadenza del mandato conferito dall’assemblea. La tacita conferma
dell’incarico non può avvenire per più di tre anni.
L’amministratore è rieleggibile e può essere revocato in ogni tempo
dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso
previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1131 del codice civile, se per due anni
non ha reso il conto della sua gestione ovvero se vi sono fondati sospetti di
gravi irregolarità.
Il compenso dell’amministratore è corrisposto, da parte dell’assemblea, fino
alla data della nomina del nuovo amministratore, considerato che è fatto obbligo
all’amministratore revocato di procedere comunque all’ordinaria amministrazione
del condominio fino alla nomina del nuovo amministratore.».
2. Il Ministro della giustizia, entro sei mesi dall’entrata in vigore della
presente legge, con decreto stabilisce requisiti e procedure di iscrizione al
registro tenuto dalle amministrazioni comunali, nonché le modalità di pubblicità
del registro stesso, i cui oneri saranno a carico degli iscritti.
Art. 2
1. Dopo l’articolo 1130 del codice civile è aggiunto il seguente:
«Art. 1130-bis. - (Criteri di redazione del rendiconto). ‘ Le rilevazioni contabili devono seguire il criterio di competenza e quindi essere attribuite all’esercizio al quale si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi incassi e pagamenti.
Il rendiconto deve distinguere analiticamente le
spese per l’uso, da quelle occorrenti per la conservazione delle parti comuni.
Deve essere redatta una situazione patrimoniale con funzione di collegamento fra
i vari esercizi, che indichi crediti e debiti riferiti ai condomini ed ai
fornitori, disponibilità di numerario, fondi per accantonamenti vari.
Il rendiconto annuale deve essere accompagnato da una relazione esplicativa di
tutta la gestione con l’indicazione anche dei principali problemi risolti e da
risolvere nell’interesse del condominio.
Copia del rendiconto e della relativa relazione esplicativa deve essere allegata
all’avviso di convocazione dell’assemblea per la relativa approvazione.
I condomini hanno diritto di esercitare in ogni tempo la vigilanza ed il
controllo sullo svolgimento dell’attività di gestione delle parti, servizi ed
impianti comuni prendendo visione dei registri e documenti che li riguardano».
Art. 3
1. All’articolo 1137, terzo comma, del codice civile le parole «trenta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni».
Art. 4
1. All’articolo 63 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, dopo il secondo comma inserire il seguente:
«Il condomino resta obbligato solidalmente con chi subentra nei suoi diritti, al pagamento dei contributi dovuti fino alla data della comunicazione del relativo atto di trasferimento della proprietà, da parte del condomino alienante, all’amministratore in carica.».
Art. 5
1. All’articolo 67, il primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie è sostituito dal seguente:
«Salva disposizione contraria del regolamento condominiale, i condomini possono farsi rappresentare in assemblea, con delega conferita in forma scritta, con effetto solo per singole assemblee. La rappresentanza può essere conferita anche per le successive convocazioni a mezzo procura generale. La delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco ed il rappresentante non può farsi sostituire. La stessa persona non può rappresentare più di un quinto del valore dell’immobile.».
Art. 6
1. Dopo l’articolo 67 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie è aggiunto il seguente:
«Art. 67-bis. - L’assemblea elegge un presidente con il voto della maggioranza degli intervenuti. Il presidente è assistito da un segretario designato dallo stesso presidente. Il presidente dell’assemblea accerta l’identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento ed accerta il risultato delle votazioni; degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale, la cui redazione sull’apposito registro deve essere effettuata nel corso dell’assemblea, con l’indicazione dei condomini favorevoli e contrari con la rispettiva rappresentanza di valore millesimale.».
Art. 7
1. L’articolo 70 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, è sostituito dal seguente:
«Art. 70. - Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito dall’assemblea condominiale, con la maggioranza dei partecipanti al condominio, rappresentanti almeno la metà del valore dell’edificio, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a cinquanta euro. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie.».
Modifiche alla normativa in materia di condominio
negli edifici
Disegno di Legge n. 622
SENATO DELLA REPUBBLICA
‘‘‘‘ XIV LEGISLATURA ‘‘‘‘
N. 622
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori PASTORE, FABBRI, COZZOLINO, TRAVAGLIA, ALBERTI
CASELLATI, BASILE, BATTAGLIA Antonio, BERGAMO, BONATESTA, BOSCETTO, CALLEGARO,
CARUSO Antonino, CIRAMI, CONSOLO, CONTESTABILE, COSTA, DEMASI, D’IPPOLITO,
FALCIER, FLORINO, FORLANI, FORTE, FRAU, GRILLO, IZZO, LAURO, MAFFIOLI, MAINARDI,
MANUNZA, MASSUCCO, MELELEO, MINARDO, MONTI, NOCCO, NOVI, PACE, PALOMBO, PESSINA,
PICCIONI, RIZZI, RONCONI, SALINI, SAMBIN, SCARABOSIO, CICCANTI, MORRA,
D’AMBROSIO e ZANOLETTI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 12 SETTEMBRE 2001
Onorevoli Senatori. ‘ Il disegno di legge si propone anzitutto di aggiornare la normativa disciplinata dagli articoli 1117 e seguenti del codice civile, in materia di condominio negli edifici, normativa ormai ritenuta in parte superata, considerata la notevole evoluzione che in oltre cinquant’anni ha subito la proprietà edilizia e, segnatamente, la proprietà condominiale; si propone inoltre di risolvere le problematiche connesse alla pubblicità dei fatti condominiali, pubblicità mai attuata, in parte per il venire meno dell’ordinamento corporativo su cui era imperniata, in parte per il difficile raccordo tra gli istituti condominiali e quelli inerenti i diritti reali.
Le direzioni di intervento possono cosí riassumersi:
1) attribuire al condominio capacità giuridica speciale;
2) conferire la facoltà di accertare la cessazione
della qualità condominiale di parti comuni ed acquisire al condominio altre
parti;
3) disciplinare ex novo la pubblicità dei «fatti» condominiali ed in
particolare del regolamento di condominio;
4) integrare la normativa con previsione di figure non disciplinate ex
professo;
5) chiarire il significato di alcune norme che hanno dato luogo a difficoltà
interpretative.
L’attribuzione al condominio della capacità giuridica «speciale» si giustifica sulla base della considerazione che il condominio (così come, ad esempio, le associazioni non riconosciute) costituisce un centro unitario di riferimento di interessi plurisoggettivi che ben può formare centro di imputazione di rapporti giuridici, individuati in ragione della correlazione con la gestione del condominio stesso; il riconoscimento esplicito della «capacità» giuridica consente di istituire una vera e propria forma di rappresentanza organica del condominio, particolarmente utile allorché si tratti di compiere atti dispositivi in genere per i quali, allo stato della vigente legislazione, occorrerebbe il consenso di tutti i condomini.
Il secondo degli scopi che ci si prefigge consiste
nell’introdurre una disciplina relativa sia alla perdita della qualità
condominiale di alcune parti comuni (si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un
condominio che deliberi di non avvalersi più del servizio di portierato e che
sia provvisto di alloggio del portiere e di altri locali a ciò adibiti) sia
all’acquisizione di altre parti condominiali, di altri beni cioè che si vogliono
porre a servizio del condominio successivamente alla costituzione del condominio
stesso. L’attuale normativa impedisce ogni atto di disposizione (vendita o
acquisto) che non abbia il consenso di tutti i condomini espresso nelle
ordinarie forme contrattuali.
Viene quindi disciplinata la pubblicità di una serie di notizie riguardanti la
vita del condominio, istituendo il registro del condominio presso il
Dipartimento del territorio del Ministero delle finanze ove è sito l’immobile.
Viene poi regolamentata la trascrizione dei regolamenti di condominio, che
comportino la costituzione, il trasferimento o la modificazione dei diritti di
cui all’articolo 2643 del codice civile e vengono introdotte alcune norme di
aggiornamento; infine, con opportune modifiche, vengono chiarite alcune
disposizioni che hanno dato luogo a contrasti interpretativi.
Passando all’esame analitico delle singole disposizioni, si fa presente quanto
segue. L’articolo 1 modifica l’articolo 1117 del codice civile, attribuendo al
condominio, costituito da tutti i proprietari delle unità che lo compongono,
capacità giuridica per gli atti di conservazione e amministrazione delle parti
comuni dell’edificio nonché per il compimento di altri atti espressamente
previsti dalla legge, statuendo che la sua rappresentanza è disciplinata
dall’articolo 1131 (conseguentemente modificato dal successivo articolo 6); di
conseguenza si stabilisce che i casi di cessazione della qualità di bene
condominiale, ovvero di acquisizione al condominio di altre parti comuni, sono
determinati dall’assemblea dei condomini la quale ha quindi potestà di
deliberare in merito, quale organo di amministrazione del condominio stesso.
L’articolo 2 aggiunge all’articolo 1118 del codice civile un comma diretto a
disciplinare in maniera più organica le competenze e le procedure relative alla
determinazione delle tabelle millesimali, attribuendo un vero e proprio valore
contrattuale alla determinazione consensuale, senza possibilità di
contestazione.
L’articolo 3, modificando l’articolo 1129 del codice civile, introduce la
possibilità che nel condominio composto da piú di trenta condomini il
regolamento possa affidare l’amministrazione ad un consiglio di amministrazione
composto da un numero pari di condomini o di loro aventi diritto e
dall’amministratore che lo presiede. Il medesimo articolo introduce l’istituto
della conferma tacita dell’amministratore e ne prevede la revocabilità da parte
dell’autorità giudiziaria nei casi in cui non adempia ai propri obblighi ovvero
se vi siano fondati sospetti di gravi irregolarità.
L’articolo 4 modifica la normativa concernente la pubblicità dei fatti
condominiali, provvedendo ad istituire il registro dei condomini, ove saranno
pubblicati gli atti di cui al quarto comma dell’articolo 1129 ed al quarto comma
dell’articolo 1138 del codice civile; la norma prevede inoltre che il registro
sia tenuto dall’Agenzia del territorio del Ministero dell’economia e delle
finanze ove è sito l’immobile, con sistemi informatici, avvalendosi della rete
telematica della pubblica amministrazione, e garantendone la diffusione a
livello nazionale; al regime attuativo e transitorio provvede il successivo
articolo 12.
L’articolo 5 indica gli obblighi dell’amministratore del condominio stabilendo,
in particolare:
a) l’obbligo di tenere i registri di contabilità, il registro del consiglio di amministrazione e delle assemblee, sottoponendoli a vidimazione preventiva in modo da garantire la fedeltà di dati e notizie e comunicandone gli estremi al registro dei condomini;
b)
l’obbligo di convocare ogni anno l’assemblea per le deliberazioni previste
dall’articolo 1135, entro tre mesi dalla chiusura della gestione;
c) l’obbligo di richiedere la trascrizione del regolamento prevista
dall’articolo 1138, entro trenta giorni dall’avvenuta approvazione.
La trascrizione è attuata dal notaio che ha ricevuto o autenticato l’atto di approvazione del regolamento da parte dell’unico proprietario originario ovvero ha redatto il verbale dell’assemblea condominiale che lo approva, nel caso in cui si debba provvedere anche alla trascrizione ex articolo 2643 del codice civile, pure novellato, e quindi si renda obbligatorio il ministero notarile.
L’articolo 6 aggiunge all’articolo 1131 del codice
civile un comma che attribuisce espressamente all’amministratore (o ad un
condomino designato dall’assemblea) la rappresentanza del condominio per gli
atti di cui all’articolo 1117, come modificato dall’articolo 1 del presente
disegno di legge.
L’articolo 7 modifica l’articolo 1135 del codice civile, prevedendo
l’approvazione sia del regolamento di condominio che delle tabelle millesimali e
loro eventuali modifiche da parte dell’originario unico proprietario
dell’edificio; introduce inoltre tra i poteri dell’assemblea sia quello di
accertare la cessazione della qualità di bene condominiale di cui all’articolo
1117, come modificato dall’articolo 1, attribuendo a tale deliberazione, purché
assunta con le forme previste dall’articolo 1136 del codice civile (atto
pubblico o scrittura privata autenticata), il valore di titolo per la
trascrizione di cui all’articolo 2643 e per la voltura catastale, sia quello di
autorizzarne la vendita, nonché quello di acquisire al condominio parti di uso
comune, legittimando l’amministratore a stipulare gli atti necessari.
L’articolo 8 modifica l’articolo 1136 del codice civile, introducendo nel primo
comma l’obbligo per i condomini di dare notizia all’amministratore di ogni atto
che comporti variazione del proprio diritto o della sua titolarità, prevedendo
che, in caso di omissione e salvo il risarcimento del danno, l’assemblea è
validamente tenuta rispetto all’inadempiente.
La lettera b) introduce una norma di raccordo, mentre la lettera c)
prevede la forma pubblica per il verbale di assemblea da trascriversi a norma
dell’articolo 2643 del codice civile (vedi articolo 10 che segue).
L’articolo 9 attribuisce al regolamento di condominio la disciplina dei rapporti
tra le parti comuni dell’edificio, tra queste e le singole proprietà e tra le
singole proprietà tra loro, colmando una lacuna normativa che ha dato luogo a
innumerevoli incertezze.
L’articolo 10 integra l’articolo 2643 del codice civile, prevedendo
espressamente tra gli atti da rendere pubblici a mezzo della trascrizione i
regolamenti di condominio allorché operino la costituzione, il trasferimento o
la modificazione dei diritti menzionati nello stesso articolo 2643, ovvero
disciplinino i rapporti di cui all’articolo 1138, comma secondo (vedi articolo
9).
L’articolo 11 apporta le opportune modifiche all’articolo 2659 del codice civile
al fine di rendere possibile la trascrizione dei regolamenti condominiali e la
pubblicità di tutti i fatti condominiali, prevedendo che le trascrizioni
riguardanti il condominio devono indicare non solo gli elementi identificativi
del condominio stesso in base alla toponomastica comunale (anziché le generalità
dei singoli condomini), ma anche tutte le unità costituenti il condominio.
L’articolo 12, infine, introduce le disposizioni di attuazione e transitorie per
disciplinare il sistema di pubblicità del registro dei condomini di cui
all’articolo 4, stabilendo che tale sistema debba trovare piena attuazione entro
il termine massimo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, e
che detto sistema sia disciplinato con regolamento da emanarsi ai sensi
dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro
della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge; è previsto
in particolare il rilascio, anche per corrispondenza o per via telematica, a
chiunque ne faccia richiesta, di certificati di iscrizione nel registro o di
certificati attestanti il deposito di atti a tal fine richiesti o di certificati
che attestino la mancanza di iscrizione, nonché di copia integrale o parziale di
ogni atto per il quale siano previsti l’iscrizione o il deposito nel registro,
in conformità alle norme vigenti.
Si stabilisce infine che le norme relative alla pubblicità sul registro dei
condomini entrino in vigore contestualmente al regolamento.
Art. 1.
1. All’articolo 1117 del codice civile sono aggiunti i seguenti commi:
«La cessazione della qualità di bene condominiale ovvero l’acquisizione al condominio di altre parti comuni sono deliberate dall’assemblea dei condomini.
Tutti i proprietari di cui al primo comma
costituiscono il condominio.
Il condominio ha capacità giuridica per gli atti di conservazione e
amministrazione delle parti comuni dell’edificio nonché per il compimento di
altri atti espressamente previsti dalla legge ed è rappresentato a norma
dell’articolo 1131».
Art. 2.
1. All’articolo 1118 del codice civile, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Tale valore è accertato da un consulente tecnico mediante la predisposizione di tabelle millesimali approvate dall’assemblea dei condomini. Contro tale deliberazione, ove si eccepisca la correttezza dell’accertamento, è ammesso il ricorso all’autorità giudiziaria che decide con sentenza; il ricorso non è ammesso qualora il valore sia stato determinato consensualmente».
Art. 3.
1. All’articolo 1129 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla fine del primo comma è aggiunto il seguente periodo: «Ove l’edificio condominiale sia composto da piú di trenta condomini, il regolamento può stabilire che l’amministrazione sia affidata ad un consiglio di amministrazione composto da un numero pari di condomini o di loro aventi diritto e dall’amministratore che lo presiede»;
b) al
secondo comma, dopo le parole «un anno» sono inserite le seguenti «,salvo
conferma tacita,»;
c) il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1131, se non adempie ai propri obblighi ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità».
Art. 4.
1. L’articolo 71 delle disposizioni d’attuazione e transitorie del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 71. ‘ Il registro indicato dal quarto comma dell’articolo 1129 e dal quarto comma dell’articolo 1138 del codice civile è tenuto dall’Agenzia del territorio del Ministero dell’economia e delle finanze ove è sito l’immobile, con sistemi informatici, avvalendosi della rete telematica della pubblica amministrazione.
L’ufficio deve provvedere alla tenuta del registro
in conformità alle disposizioni del codice civile e del relativo regolamento,
sotto la sorveglianza del dirigente dell’ufficio.
La predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione, secondo tecniche
informatiche, del registro ed il funzionamento dell’ufficio sono realizzati in
modo da assicurare completezza e organicità di pubblicità per tutti gli atti
soggetti ad iscrizione, garantendo la tempestività dell’informazione su tutto il
territorio nazionale».
Art 5.
1. All’articolo 1130 del codice civile, primo comma, sono aggiunti in fine i seguenti numeri:
«4-bis) provvedere alla tenuta del registro delle riunioni dell’assemblea e di quello del consiglio di amministrazione, se istituito, e dei registri contabili obbligatori per legge e di quelli stabiliti nel regolamento di condominio e, comunque, di quelli necessari per la tenuta di una contabilità che assicuri chiarezza e veridicità dei dati; detti registri, prima di essere posti in uso, devono essere numerati e bollati con le modalità di cui all’articolo 2215 e comunicati al registro di cui all’articolo 1129, quarto comma;
4-ter)
richiedere la trascrizione del regolamento prevista dall’articolo 1138, entro
trenta giorni dall’avvenuta approvazione; la trascrizione di cui all’articolo
2643 è eseguita entro lo stesso termine dal notaio che ha ricevuto o autenticato
l’atto di approvazione da parte dell’unico proprietario originario ovvero ha
redatto il verbale dell’assemblea condominiale; in tal caso il notaio provvede
anche alla trascrizione di cui all’articolo 1138;
4-quater) convocare ogni anno l’assemblea per le deliberazioni previste
dall’articolo 1135, entro tre mesi dalla chiusura della gestione».
Art. 6.
1. All’articolo 1131 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«L’amministratore, o un condomino designato dall’assemblea, rappresenta il condominio per gli atti di cui all’articolo 1117, quarto comma».
Art. 7.
1. All’articolo 1135 del codice civile, primo comma, sono aggiunti, in fine, i seguenti numeri:
«4-bis) alla approvazione del regolamento di condominio e delle tabelle millesimali e loro eventuali modifiche, salvo che non siano stati predisposti dall’originario unico proprietario dell’edificio;
4-ter)
all’accertamento della cessazione della qualità di bene condominiale di cui
all’articolo 1117, secondo comma, autorizzandone se del caso la vendita; la
deliberazione assunta con le forme previste dall’articolo 1136 costituisce
titolo per la trascrizione di cui all’articolo 2643 e per la voltura catastale;
4-quater) all’autorizzazione ad acquisire al condominio parti di uso
comune, legittimando l’amministratore a stipulare gli atti necessari».
Art. 8.
1. All’articolo 1136 del codice civile sono apportate le seguenti modifiche:
a) alla
fine del primo comma è aggiunto il seguente periodo:
«I titolari di diritti reali hanno l’obbligo di dare notizia all’amministratore
di ogni atto che comporti variazione del diritto o della sua titolarità. In caso
di omissione e salvo il risarcimento del danno, l’assemblea è validamente tenuta
rispetto all’inadempiente»;
b) al quinto comma, dopo le parole: «articolo 1120» sono inserite le
seguenti: «e quelle di cui ai numeri 4-ter e 4- quater
dell’articolo 1135»;
c) al settimo comma è aggiunto il seguente periodo: «Il verbale di assemblea da trascriversi a norma dell’articolo 2643 del codice civile è redatto da notaio».
Art. 9.
1. All’articolo 1138 del codice civile, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Il regolamento inoltre disciplina i rapporti tra le parti comuni dell’edificio, tra queste e le singole proprietà e tra le singole proprietà tra loro».
Art. 10.
1. All’articolo 2643 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente numero:
« 14-bis) i regolamenti di condominio che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione dei diritti menzionati nei numeri da 1 a 14 ovvero disciplinano i rapporti di cui all’articolo 1138, comma secondo».
Art. 11.
1. All’articolo 2659 del codice civile, primo comma, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla fine del numero 1) è aggiunto il seguente periodo: «Le trascrizioni riguardanti il condominio devono indicare gli elementi identificativi del condominio in base alla toponomastica comunale.»;
b) alla fine del numero 4) è aggiunto il seguente periodo: «Le trascrizioni riguardanti il condominio devono indicare tutte le unità costituenti il condominio».
Art. 12.
1. Il sistema di pubblicità di cui all’articolo 4 deve trovare piena attuazione entro il termine massimo di tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della
giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono
stabilite le norme di attuazione dell’articolo 4 che dovranno prevedere in
particolare il rilascio, anche per corrispondenza e per via telematica, a
chiunque ne faccia richiesta, di certificati di iscrizione nel registro o di
certificati attestanti il deposito di atti a tal fine richiesti o di certificati
che attestino la mancanza di iscrizione, nonché di copia integrale o parziale di
ogni atto per il quale siano previsti l’iscrizione o il deposito nel registro,
in conformità alle norme vigenti.
3. Le norme relative alla pubblicità sul registro dei condomini entrano in
vigore contestualmente al regolamento di cui al comma 2.
Comunicazioni delgli
amministratori di condominio all'anagrafe tributaria
Decreto del 12 Novembre 1998
Pubblicato sulla g.u. n. 284 del 04/12/1998
Comunicazioni degli amministratori di condominio all'anagrafe tributaria
Il Direttore Generale del Dipartimento delle Entrate.
Visto l'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
605, come modificato dalI'art. 21, comma 14, della legge 27 dicembre 1997, n.
449, che dispone che gli amministratori di condominio negli edifici devono
comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi
acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori e che
con decreto del Ministro delle finanze sono stabiliti il contenuto, le modalità
e i termini delle comunicazioni;
Visto l'art. 16 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo
sostituito dall'art. 11 del decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 80,
concernente nuove disposizioni in materia, fra l'altro, di organizzazione e di
rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche;
Visto l'art. 13 della legge 8 maggio 1998, n. 146, in base al quale devono
essere adottati dal Ministro delle finanze esclusivamente i provvedimenti che
sono espressione del potere di indirizzo politico-amministrativo, di cui
agli articoli 3, comma 1, e 14 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29;
Considerato che occorre dare attuazione alle disposizioni contenute nel citato
art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605;
Decreta:
Articolo 1
1.
L'amministratore del condominio negli edifici deve comunicare annualmente, oltre
al proprio codice fiscale e ai propri dati anagrafici (cognome, nome, luogo e
data di nascita):
a) relativamente a ciascun condominio, il codice fiscale, la denominazione,
l'indirizzo completo e lo specifico codice di natura giuridica;
b) relativamente a ciascun fornitore, il cognome e il nome, la data e il luogo
di nascita se persona fisica, ovvero la ragione o denominazione sociale se altro
soggetto, il codice fiscale, il domicilio fiscale, nonché l'importo complessivo
degli acquisti di beni e servizi effettuati nell'anno solare. Ai fini della
determinazione del momento di effettuazione degli acquisti si applicano le
disposizioni dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633. *
2. Non devono essere comunicati:
a) i dati relativi alle forniture di acqua, energia elettrica e gas;
b) i dati relativi alle forniture di servizi che hanno comportato il pagamento
di compensi soggetti alle ritenute alla fonte;
c) con riferimento al singolo fornitore, i dati elencati alla lettera b) del
comma precedente qualora l'importo complessivo degli acquisti effettuati
nell'anno solare non sia superiore a lire cinquecentomila.
Articolo 2
1) Le modalità e i termini di effettuazione delle comunicazioni di cui all'articolo precedente sono individuati con i decreti di approvazione dei modelli di dichiarazione dei redditi e dei sostituti di imposta.
Il presente decreto sarà pubblicato nella gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana.
Roma, 12 Novembre 1998.
Il Direttore Generale: ROMANO
Il Ministero delle Comunicazioni tenta di contrastare il fenomeno delle
antiestetiche antenne singole.
Comunicato Ministero comunicazione 04/03/2005, G.U. 04/03/2005, n. 52
IL Ministero delle Comunicazioni ha ufficialmente avviato la fase di
consultazione pubblica concernente lo schema di decreto del Ministro delle
comunicazioni ‘antenne radiotelevisive centralizzate condominiali
Tutti i soggetti interessati a formulare osservazioni di carattere tecnico,
giuridico ed economico al riguardo, sono invitati a presentare le osservazioni
medesime entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di
pubblicazione dell’avviso della procedura di consultazione nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana, utilizzando il modello di cui all’allegato
2, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o con consegna a mano,
indirizzata a: Ministero delle comunicazioni, Direttore tecnico sviluppo e
qualità Mauro Bergamini, Viale America nr. 201 ‘ 00144 Roma, responsabile del
procedimento.
Il decreto ha come scopo tra l’altro quello di consentire una maggiore sicurezza
degli edifici e dei cittadini per la presenza di un minor numero di impianti e
prescrivendone la realizzazione a regola d’arte.
E' stato formulato in modo da non ostacolare la ricezione di nessuna emittente;
di consentire alla singola unità abitativa, collegata all’antenna condominiale,
almeno le stesse prestazioni di una antenna singola; e da consentire la massima
flessibilità nella ricezione anche con tecnologie del futuro.
Resta comunque ferma la libertà di installazione di antenne individuali per la
ricezione di programmi televisivi, prevista da norme legislative tuttora in
vigore: la diffusione delle previste antenne centralizzate garantendo a ciascuna
unità abitativa le stesse prestazioni della antenna singola, renderebbe
antieconomico e poco funzionale il mantenimento delle antenne singole.
SCHEMA
DI DECRETO
Regole tecniche relative agli impianti condominiali riceventi del servizio di radiodiffusione
televisiva.
Visto il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle Comunicazioni
Elettroniche), articolo 209, comma 4;
Viste le raccomandazioni CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) 12-43, 100-1, 100-
43, 100-44, 100-83, 100-22, 100-6, 100-72, e 100-7;
Viste le raccomandazioni dell’International Telecommunication Union ITU – R e, in
particolare, la raccomandazione ITU – R 419;
Considerata la necessità di emanare le norme tecniche sulla installazione delle
antenne condominiali riceventi del servizio di radiodiffusione televisiva previste dalla citata
disposizione del Codice delle comunicazioni elettroniche;
Effettuata la procedura di consultazione pubblica prevista dall’articolo 11 del Codice
delle comunicazioni elettroniche, la quale ha evidenziato…..;
Sentito il parere del Consiglio Superiore delle Comunicazioni nell’adunanza
del…………………;
Sentito il parere del Consiglio di Stato nell’adunanza del …………………………;
Effettuata la procedura di informazione presso la Commissione Europea ai sensi
della Legge. 21-6-1986 n. 317 modificata con legge 23.11.2000 n 427 con cui sono state recepite le
Direttive 98/34 CE e 98/48 CE.;
D E C R E T A:
Art. 1
1. Le antenne radiotelevisive centralizzate condominiali devono essere strutturate in modo tale
che sia possibile evitare di escludere qualsiasi stazione emittente ed offrire alla singola unità
2
abitativa almeno le stesse prestazioni di una antenna singola, anche e soprattutto per quanto
concerne il numero dei canali ricevibili, cosicché il singolo condomino, nell’abbandonare la
propria antenna individuale per collegarsi alla antenna condominiale centralizzata, non sia
obbligato a rinunciare a nessuna delle prestazioni delle quali usufruiva con l’antenna
individuale.
2. Le prescrizioni di cui al comma 1 si intendono adempiute allorché vengano rispettate le
disposizioni recate dai successivi articoli del presente decreto.
Art. 2
1. L’antenna condominiale centralizzata non deve determinare condizioni discriminatorie tra le
stazioni emittenti i cui programmi siano considerati ricevibili in flussi decodificabili primari,
come definiti agli articoli 6 e 7.
Art. 3
1. La qualità di ricezione di ciascun programma ricevuto in un flusso decodificabile primario,
come definito agli articoli 6 e 7, non deve subire significativi degradi, ad opera della antenna
radiotelevisiva centralizzata condominiale, a causa del trattamento del segnale nell’impianto di
ricezione.
Art. 4
1. L’antenna radiotelevisiva centralizzata condominiale non deve determinare condizioni
discriminatorie nel segnale distribuito tra le diverse unità abitative.
3
Art. 5
1. L’impianto condominiale centralizzato sarà dotato di apparati tecnici sufficienti a conseguire
i risultati prescritti nei precedenti articoli del presente decreto. In particolare, i requisiti per una
corretta installazione degli apparati di antenna sono indicati nelle Raccomandazioni CEI 12-43,
100-1, 100-43, 100-44, 100-83, 100-22, 100-6, 100-72, e 100-7.
Art. 6
1. Per ogni apparato condominiale, l’installazione deve essere preceduta dalla individuazione
preventiva di tutti i segnali presenti nel sito. Saranno considerati flussi ricevibili tutti quei
segnali il cui valore mediano di campo elettromagnetico (di picco nel caso analogico, integrato
sulla propria banda nel caso digitale) sia superiore al valore di campo minimo di pianificazione
del servizio (definito nelle Raccomandazioni ITU-R nei casi analogico e digitale, imponendo
per quest’ultimo una condizione di ricezione buona).
Art. 7
1. Relativamente a ciascun flusso ricevibile, deve essere valutato il rapporto di protezione da
interferenza cocanale (C/I)co ed il rapporto di protezione da interferenza da canali adiacenti,
(C/I)ad, secondo le indicazioni della Raccomandazione ITU-R 419. Saranno considerati come
flussi decodificabili primari i flussi ricevibili che presentino valori di (C/I)co e di (C/I)ad
superiori al valore minimo di pianificazione del servizio, così come specificato dalle
Raccomandazioni ITU-R. Saranno considerati come flussi decodificabili secondari i flussi
ricevibili che presentino valori di (C/I)co e di (C/I)ad superiori al valore minimo di
pianificazione qualora si adotti una metodologia reale di separazione di antenna o di
polarizzazione con caratteristiche più efficienti di quelle dettate dalla Raccomandazione ITU-R
419.
Art. 8
4
1. Il valore di (C/I)co consentirà di ordinare in modo decrescente i flussi decodificabili
secondari. A parità di valore di (C/I)co i flussi saranno ordinati in base al valore di (C/I)ad.
Art. 9
1. Il sistema condominiale dovrà offrire all’utenza almeno tutti i flussi decodificabili primari, su
richiesta del singolo utente. I flussi decodificabili secondari potranno essere distribuiti
all’utenza, anche facendo uso di tecniche per l’elaborazione del segnale, a seguito di decisione
dei competenti organi del condominio, ai sensi delle leggi vigenti.
Art. 10
1. Gli installatori delle antenne radiotelevisive centralizzate condominiali, all’atto della
installazione, rilasciano un attestato con cui ne dichiarano la conformità alle disposizioni del
presente decreto.
Art. 11
1. Il presente decreto si applica a tutte le antenne radiotelevisive centralizzate condominiali di
nuova installazione. Le antenne radiotelevisive centralizzate condominiali già installate
dovranno essere messe a norma secondo le disposizioni del presente decreto, entro tre anni dalla
sua entrata in vigore.
IL MINISTRO
equisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di
distribuzione e ripresa dell'aria degli impianti di condizionamento e
ventilazione.
DECRETO 31 marzo 2003
(GU n. 86 del 12-4-2003)
Rilevata la necessita' di emanare specifiche disposizioni sui requisiti di
reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di distribuzione e
ripresa aria degli impianti di condizionamento e ventilazione;
Acquisito il parere favorevole del comitato centrale tecnico scientifico per la
prevenzione incendi di cui all'art. 10 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577;
Visto l'art. 11 del citato decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982, n. 577;
Espletata la procedura di informazione ai sensi della direttiva n. 98/34/CE come
modificata dalla direttiva n. 98/48/CE;
Decreta:
Art. 1.
Scopo e campo di applicazione
1. Il presente decreto stabilisce i requisiti di reazione al fuoco dei materiali
costituenti le condotte di distribuzione e ripresa dell'aria degli impianti di
condizionamento e ventilazione a servizio di attivita' soggette ai controlli di
prevenzione incendi.
Art. 2.
Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte
1. Le condotte sono realizzate in materiale di classe di reazione al fuoco 0
(zero).
2. Nel caso di condotte preisolate, realizzate con diversi componenti tra loro
stratificati di cui almeno uno con funzione isolante, e' ammessa la classe di
reazione al fuoco 0-1 (zero-uno).
Detta condizione si intende rispettata quando tutte le superfici del manufatto,
in condizione d'uso, sono realizzate con materiale incombustibile di spessore
non inferiore a 0,08 millimetri e sono in grado di assicurare, anche nel tempo,
la continuita' di protezione del componente isolante interno, di classe di
reazione al fuoco non superiore ad 1 (uno).
3. I giunti ed i tubi di raccordo, la cui lunghezza non e' superiore a 5 volte
il diametro del raccordo stesso, sono realizzati in materiale di classe di
reazione al fuoco 0 (zero), 0-1 (zero-uno), 1-0 (unozero), 1-1 (uno-uno) o 1
(uno).
4. Le condotte di classe 0 (zero) sono rivestite esternamente con materiali
isolanti di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1 (uno).
5. Nelle more dell'emanazione di specifiche norme tecniche armonizzate e dei
connessi sistemi di classificazione per la tipologia di prodotti oggetto del
presente decreto, sono ammessi manufatti in classe di reazione al fuoco a1, come
definita nel sistema di classificazione europeo di cui alla decisione
2000/147/CE.
6. I materiali di cui al comma 5 sono omologati dal Ministero dell'interno ed
individuati come "condotte di ventilazione e riscaldamento" o "manufatti
completi isolanti per condotte di ventilazione e riscaldamento". La rispondenza
a quanto dichiarato dal produttore, circa le modalità di assemblaggio ed
installazione del manufatto, e' attestata dall'installatore mediante apposita
dichiarazione di conformista.
Art. 3.
Commercializzazione
1. I prodotti originari di Paesi contraenti l'accordo SEE possono essere
commercializzati in Italia per essere impiegati nel campo di applicazione
disciplinato dal presente decreto se muniti delle autorizzazioni alla
commercializzazione previste dalle disposizioni cogenti comunitarie o italiane.
2. Ai fini del rilascio, da parte del Ministero dell'interno, delle previste
autorizzazioni alla commercializzazione, sono accettate le certificazioni di
prodotti legalmente riconosciuti in uno degli Stati contraenti l'accordo SEE,
previo l'accertamento della equivalenza alle caratteristiche di reazione al
fuoco stabilite al precedente art. 2. Le suddette certificazioni devono essere
emesse da un organismo riconosciuto a tal fine da un Paese membro della UE.
3. Nelle more dell'entrata in vigore dei corrispondenti regimi di autorizzazione
alla commercializzazione comunitaria, ai prodotti per i quali e' richiesto il
requisito di reazione al fuoco si applica la normativa italiana vigente che
prevede specifiche clausole di mutuo riconoscimento, concordate con i servizi
della Commissione europea, stabilite nel decreto del Ministro dell'interno 5
agosto 1991.
Art. 4.
Disposizioni finali
Sono abrogate tutte le precedenti disposizioni di prevenzione incendi impartite
in materia.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
Roma, 31 marzo 2003
Il Ministro: Pisanu
Aggiornamenti agli allegati F
e G del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, recante
norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manu
DECRETO 17 marzo 2003
MINISTERO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
DECRETO 17 marzo 2003
Aggiornamenti agli allegati F e G del decreto del Presidente della Repubblica 26
agosto 1993, n. 412, recante norme per la progettazione, l'installazione,
l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici, ai fini del
contenimento dei consumi di energia.
(Gazzetta Ufficiale n. 86 del 12/4/2003 - Suppl. Ordinario n.60)
>IL MINISTRO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
Vista la legge 9 gennaio 1991, n. 10, concernente norme per l'attuazione del
piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di
risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 recante
norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli
impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia,
in attuazione dell'art. 4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10;
Visto l'art. 11, comma 10 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica
26 agosto 1993, n. 412, che dispone che i modelli dei libretti di centrale e dei
libretti d'impianto, riportati negli allegati F e G del decreto stesso, possono
essere aggiornati dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato
con proprio decreto;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 551
recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n.
412, in materia di progettazione, installazione, esercizio e manutenzione degli
impianti termici degli edifici, ai fini del contenimento dei consumi di energia;
Considerata l'opportunita' di disporre l'aggiornamento dei modelli dei libretti
di centrale e dei libretti d'impianto riportati nei sopracitati allegati F e G
del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, anche in
relazione al progresso della tecnica ed all'evoluzione della normativa tecnica;
Sentito in qualita' di ente energetico l'ENEA;
Sentite le Associazioni di categoria interessate;
Sentito il Comitato Termotecnico ltaliano;
Decreta:
Art. 1.
Modelli di libretto di centrale e di libretto di impianto
1. A partire dal 1 settembre 2003 gli impianti termici con potenza nominale
superiore o uguale a 35 kW e gli impianti termici con potenza nominale inferiore
a 35 kW devono essere muniti rispettivamente di un "libretto di centrale"
conforme all'allegato I del presente decreto e di un "libretto di impianto"
conforme all'allegato II al presente decreto.
2. Per gli impianti esistenti alla data del 1 settembre 2003 i "libretti di
centrale" ed i "libretti di impianto, gia' compilati e conformi rispettivamente
ai modelli riportati negli allegati F e G del decreto del Presidente della
Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, devono essere allegati ai libretti di
impianto ed ai libretti di centrale di cui al comma 1 del presente articolo.
Art. 2.
Allegati
1. Gli allegati F e G al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993 n. 412 sono sostituiti, rispettivamente, dagli allegati I e II al presente
decreto.
Art. 3.
Precisazioni in ordine alla compilazione dei libretti di centrale e dei libretti
d'impianto
1. All'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993,
n. 412, dopo il comma 11, e' inserito il seguente comma: "11-bis: La
compilazione iniziale del libretto di centrale e del libretto di impianto ed i
successivi aggiornamenti possono essere effettuati anche su supporto
informatico; in tal caso ogni singolo libretto dovra' essere stampabile su
carta".
Art. 4.
Disposizione finale
Il presente decreto entra in vigore il 1 aprile 2003.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Roma, 17 marzo 2003
Il Ministro: Marzano
Antenne paraboliche
legge 66/2001
Legge di conversione
Art. 1
1. Il decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, recante disposizioni urgenti per il
differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e
digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi, è convertito in
legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Art. 1.
Differimento di termini per la prosecuzione della radiodiffusione televisiva in
ambito locale e della radiodiffusione sonora.
1. Il termine previsto dal comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 18 novembre
1999, n. 433, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 2000, n. 5,
per il rilascio delle concessioni per la radiodiffusione televisiva privata in
ambito locale su frequenze terrestri in tecnica analogica, che costituiscono
titolo preferenziale per l'esercizio della radiodiffusione televisiva su
frequenze terrestri in tecnica digitale, è differito al 15 marzo 2001. I
soggetti, non esercenti all'atto della domanda, che ottengono la concessione
possono acquisire impianti di diffusione e connessi collegamenti legittimamente
eserciti alla data di entrata in vigore del presente decreto. I soggetti in
possesso dei requisiti previsti dai commi 1, 3, 4, 6, 8 e 9 dell'articolo 6 del
regolamento approvato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con
deliberazione n. 78 del 1o dicembre 1998, che non ottengono la concessione,
possono proseguire l'esercizio della radiodiffusione, con i diritti e gli
obblighi del concessionario, fino all'attuazione del piano nazionale di
assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale, da adottarsi non
oltre il 31 dicembre 2002. Fino all'attuazione del predetto piano, sono
consentiti i trasferimenti di impianti o rami di azienda tra emittenti
televisive locali private e tra queste e i concessionari televisivi nazionali
che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non abbiano raggiunto
la copertura del settantacinque per cento del territorio nazionale. Fino
all'attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in
tecnica digitale è differito il termine di cui all'ultimo periodo del comma 4
dell'articolo 2 del decreto-legge 18 novembre 1999, n. 433, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 gennaio 2000, n. 5.
2. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta, entro il 31 dicembre
2001 e con le procedure di cui alla legge 31 luglio 1997, n. 249, il piano
nazionale di assegnazione delle frequenze per radiodiffusione sonora in tecnica
digitale e, successivamente all'effettiva introduzione di tale sistema e allo
sviluppo del relativo mercato, il piano di assegnazione delle frequenze di
radiodiffusione sonora in tecnica analogica di cui alla predetta legge. Fino
all'adozione del predetto piano di assegnazione delle frequenze in tecnica
analogica, di tale piano, i soggetti legittimamente operanti possono proseguire
nell'esercizio dell'attività con gli obblighi e i diritti del concessionario.
2-bis. La prosecuzione nell'esercizio da parte dei soggetti di cui al comma 2 è
subordinata alla verifica del possesso dei seguenti requisiti alla data del 30
settembre 2001: a) se emittente di radiodiffusione sonora in ambito locale a
carattere commerciale, la natura giuridica di società di persone o di capitali o
di società cooperativa che impieghi almeno due dipendenti in regola con le
vigenti disposizioni in materia previdenziale; b) se emittente di
radiodiffusione sonora in ambito nazionale a carattere commerciale, la natura
giuridica di società di capitali che impieghi almeno quindici dipendenti in
regola con le vigenti disposizioni in materia previdenziale; c) se emittente di
radiodiffusione sonora a carattere comunitario, la natura giuridica di
associazione riconosciuta o non riconosciuta, fondazione o cooperativa priva di
scopo di lucro.
2-ter. I legali rappresentanti e gli amministratori dell'impresa non devono
avere riportato condanne irrevocabili a pena detentiva per delitto non colposo
superiore a sei mesi e non devono essere stati sottoposti alle misure di
prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive
modificazioni, o alle misure di sicurezza previste dagli articoli 199 e seguenti
del codice penale. Ai fini delle verifiche di cui al comma 2-bis ed al presente
comma, le emittenti interessate inoltrano al Ministero delle comunicazioni entro
il 30 settembre 2001 le dichiarazioni e la documentazione necessarie, secondo
modalità definite dallo stesso Ministero entro il 30 giugno 2001.
2-quater. Le imprese di radiodiffusione sonora in ambito locale possono
irradiare il segnale fino ad un massimo di quattro regioni al nord ovvero cinque
regioni al centro e al sud, purché le stesse siano limitrofe e la popolazione
complessivamente servita non superi i quindici milioni di abitanti. Le imprese
che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto superino i predetti limiti sono tenute ad adeguarsi ai limiti stessi
entro sei mesi. In caso di inottemperanza, il Ministero delle comunicazioni
dispone la sospensione dell'esercizio fino all'avvenuto adeguamento.
Art. 2.
Trasferimento e risanamento degli impianti radiotelevisivi 1. In attesa
dell'attuazione dei piani di assegnazione delle frequenze di cui all'articolo 1,
gli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva, che superano o concorrono a
superare in modo ricorrente i limiti e i valori stabiliti in attuazione
dell'articolo 1, comma 6, lettera a), n. 15), della legge 31 luglio 1997, n.
249, sono trasferiti, con onere a carico del titolare dell'impianto, su
iniziativa delle regioni e delle province autonome, nei siti individuati dal
piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica analogica
e dai predetti piani e, fino alla loro adozione, nei siti indicati dalle regioni
e dalle province autonome, purché ritenuti idonei sotto l'aspetto radioelettrico
dal Ministero delle comunicazioni, che dispone il trasferimento e, decorsi
inutilmente centoventi giorni, d'intesa con il Ministero dell'ambiente,
disattiva gli impianti fino al trasferimento. 1-bis. Le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano indicano i siti di cui al comma 1, sentiti i
comuni competenti, ferme restando le competenze attribuite ai comuni medesimi in
materia di urbanistica ed edilizia per quanto riguarda l'installazione degli
impianti di telefonia mobile anche ai fini della tutela dell'ambiente, del
paesaggio nonché della tutela della salute.
2. Le azioni di risanamento previste dall'articolo 5 del decreto del Ministro
dell'ambiente 10 settembre 1998, n. 381, sono disposte dalle regioni e dalle
province autonome a carico dei titolari degli impianti. I soggetti che non
ottemperano all'ordine di riduzione a conformità, nei termini e con le modalità
ivi previsti, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria, con
esclusione del pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24
novembre 1981, n. 689, da lire 50 milioni a lire 300 milioni, irrogata dalle
regioni e dalle province autonome. In caso di reiterazione della violazione, il
Ministro dell'ambiente, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 8 della
legge 8 luglio 1986, n. 349, e di cui all'articolo 8 della legge 3 marzo 1987,
n. 59, di concerto con il Ministro della sanità e con il Ministro delle
comunicazioni, dispone, anche su segnalazione delle regioni e delle province
autonome, la disattivazione degli impianti, alla quale provvedono i competenti
organi del Ministero delle comunicazioni, fino all'esecuzione delle azioni di
risanamento.
Art. 2-bis.
Trasmissioni radiotelevisive digitali su frequenze terrestri. Sistemi
audiovisivi terrestri a larga banda 1. Al fine di consentire l'avvio dei mercati
di programmi televisivi digitali su frequenze terrestri, i soggetti che
eserciscono legittimamente l'attività di radiodiffusione televisiva su frequenze
terrestri, da satellite e via cavo sono abilitati, di norma nel bacino di utenza
o parte di esso, alla sperimentazione di trasmissioni televisive e servizi della
società dell'informazione in tecnica digitale. A tale fine le emittenti
richiedenti possono costituire consorzi, ovvero definire intese, per la gestione
dei relativi impianti e per la diffusione dei programmi e dei servizi
multimediali. Ai predetti consorzi e intese possono partecipare anche editori di
prodotti e servizi multimediali. Le trasmissioni televisive in tecnica digitale
sono irradiate sui canali legittimamente eserciti, nonché sui canali
eventualmente derivanti dalle acquisizioni di cui al comma 2. Ciascun soggetto
che sia titolare di più di una concessione televisiva deve riservare, in ciascun
blocco di programmi e servizi diffusi in tecnica digitale, pari opportunità e
comunque almeno il quaranta per cento della capacità trasmissiva del medesimo
blocco di programmi e servizi a condizioni eque, trasparenti e non
discriminatorie, per la sperimentazione da parte di altri soggetti che non siano
società controllanti, controllate o collegate, ai sensi dell'articolo 2, commi
17 e 18, della legge 31 luglio 1997, n. 249, compresi quelli già operanti da
satellite ovvero via cavo e le emittenti concessionarie che non abbiano ancora
raggiunto la copertura minima ai sensi dell'articolo 3, comma 5, della medesima
legge 31 luglio 1997, n. 249. L'abilitazione è rilasciata dal Ministero delle
comunicazioni entro sessanta giorni dalla presentazione della richiesta
corredata da un progetto di attuazione e da un progetto radioelettrico.
2. Al fine di promuovere l'avvio dei mercati televisivi in tecnica digitale su
frequenze terrestri sono consentiti, per i primi tre anni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, i trasferimenti di impianti o di rami di azienda
tra concessionari televisivi in ambito locale o tra questi e concessionari
televisivi in ambito nazionale, a condizione che le acquisizioni operate da
questi ultimi siano impiegate esclusivamente per la diffusione sperimentale in
tecnica digitale, fermo restando quanto previsto dal penultimo periodo del comma
1 dell'articolo. 1.
3. Al fine di consentire l'avvio dei mercati di programmi radiofonici digitali
su frequenze terrestri, i soggetti titolari di concessione per la
radiodiffusione sonora nonché i soggetti che eserciscono legittimamente
l'attività di radiodiffusione sonora in ambito locale sono abilitati alla
sperimentazione di trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale, di norma nel
bacino di utenza, o parte di esso, oggetto della concessione. A tale fine le
emittenti richiedenti possono costituire consorzi, ovvero definiscono intese,
per la gestione dei relativi impianti e per la diffusione dei programmi e dei
servizi. Le trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale sono irradiate in
banda VHF-III e in banda UHF-L. L'abilitazione è rilasciata dal Ministero delle
comunicazioni entro sessanta giorni dalla presentazione della richiesta
corredata da un progetto di attuazione e da un progetto radioelettrico.
4. La diffusione delle trasmissioni in tecnica digitale su frequenze terrestri
avviene secondo le modalità e in applicazione degli standard tecnici DAB
(digital audio broadcasting) per la radiodiffusione sonora e per prodotti e
servizi multimediali anche interattivi e DVB (digital video broadcasting) per i
programmi televisivi e per prodotti e servizi multimediali anche interattivi.
5. Le trasmissioni televisive dei programmi e dei servizi multimediali su
frequenze terrestri devono essere irradiate esclusivamente in tecnica digitale
entro l'anno 2006.
6. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella predisposizione dei
piani di assegnazione delle frequenze sonore e televisive in tecnica digitale
adotta il criterio di migliore e razionale utilizzazione dello spettro
radioelettrico, suddividendo le risorse in relazione alla tipologia del servizio
e prevedendo di norma per l'emittenza nazionale reti isofrequenziali per macro
aree di diffusione.
7. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, della legge 31
luglio 1997, n. 249, le licenze o le autorizzazioni per la diffusione di
trasmissioni radiotelevisive in tecnica digitale sulla base dei piani di
assegnazione delle frequenze in tecnica digitale di cui all'articolo 1 sono
rilasciate dal Ministero delle comunicazioni nel rispetto delle condizioni
definite in un regolamento, adottato dall'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni entro il 30 giugno 2001, tenendo conto dei princìpi del presente
decreto, della legge 31 luglio 1997, n. 249, e con l'osservanza dei seguenti
criteri direttivi:
a) distinzione tra i soggetti che forniscono i contenuti e i soggetti che
provvedono alla diffusione, con individuazione delle rispettive responsabilità,
anche in relazione alla diffusione di dati, e previsione del regime della
licenza individuale per i soggetti che provvedono alla diffusione;
b) previsione di norme atte a favorire la messa in comune delle strutture di
trasmissione;
c) definizione dei compiti degli operatori, nell'osservanza dei princìpi di
pluralismo dell'informazione, di trasparenza, di tutela della concorrenza e di
non discriminazione;
d) previsione in ogni blocco di diffusione, oltre ai servizi multimediali
veicolati, di almeno cinque programmi radiofonici o almeno tre programmi
televisivi;
e) obbligo di diffondere il medesimo programma e i medesimi programmi dati sul
territorio nazionale da parte dei soggetti operanti in tale ambito e
identificazione dei programmi irradiati, fatta salva l'articolazione anche
locale delle trasmissioni radiotelevisive della concessionaria del servizio
pubblico;
f) previsione delle procedure e dei termini di rilascio delle licenze e delle
autorizzazioni;
g) previsione del regime transitorio occorrente per la definitiva trasformazione
delle trasmissioni dalla tecnica analogica alla tecnica digitale;
h) obbligo di destinare programmi alla diffusione radiotelevisiva in chiaro.
8. In ambito locale il Ministero delle comunicazioni rilascia licenze, sulla
base di un apposito regolamento adottato dall'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni, per trasmissioni audiovisive anche interattive su bande di
frequenza terrestri attribuite dal piano nazionale di ripartizione delle
frequenze e nelle altre bande destinate dalla pianificazione europea ai servizi
MWS (multimedia wireless system). Le licenze di cui al presente comma possono
riguardare anche la distribuzione dei segnali radiotelevisivi via cavo e da
satellite alle unità abitative.
9. Ai fini del conseguimento degli obiettivi del servizio pubblico
radiotelevisivo, alla società concessionaria dello stesso servizio pubblico
radiotelevisivo sono riservati un blocco di diffusione di programmi radiofonici
in chiaro e almeno un blocco di diffusione di programmi televisivi in chiaro. I
blocchi di programmi radiotelevisivi in chiaro contenenti i programmi della
concessionaria pubblica devono essere distinti dal blocchi di programmi
contenenti programmi degli altri operatori radiotelevisivi.
10. All'articolo 3, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249, le parole: "il
Ministero delle comunicazioni adotta" sono sostituite dalle seguenti:
"l'Autorità adotta". Le autorizzazioni e le licenze di cui agli articoli 2,
comma 13, e 4, commi 1 e 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249, sono rilasciate
dal Ministero delle comunicazioni.
11. Il Ministero delle comunicazioni pianifica, su base provinciale, nel
rispetto del piano nazionale di ripartizione delle frequenze nonché delle norme
urbanistiche, ambientali e sanitarie, con particolare riferimento alle norme di
prevenzione dell'inquinamento da onde elettromagnetiche, le frequenze destinate
alle trasmissioni di cui al comma 8, sentite l'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni e le province interessate, fermo restando l'obbligo, previsto
dall'articolo 2, comma 6, della legge 31 luglio 1997, n. 249, di sentire le
regioni e, al fine di tutelare le minoranze linguistiche, di acquisire l'intesa
con le regioni Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia e con le province autonome
di Trento e di Bolzano. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta i
provvedimenti necessari ad evitare il determinarsi di posizioni dominanti
nell'utilizzo delle stesse frequenze, sulla base dei princìpi contenuti nella
medesima legge 31 luglio 1997, n. 249.
12. Le licenze di cui al comma 8 sono rilasciate dando priorità ai soggetti che
intendono diffondere produzioni audiovisive di utilità sociale o utilizzare
tecnologie trasmissive di tipo avanzato ovvero siano destinatari di
finanziamenti da parte dell'Unione europea.
13. Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di
radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono
innovazioni necessarie ai sensi dell'articolo 1120, primo comma, del codice
civile. Per l'approvazione delle relative deliberazioni si applica l'articolo
1136, terzo comma, dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti
periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefici fiscali.
14. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, il Forum permanente per le comunicazioni istituito
dall'articolo 1, comma 24, della legge 31 luglio 1997, n. 249, promuove un
apposito studio sulla convergenza tra i settori delle telecomunicazioni e
radiotelevisivo e sulle nuove tecnologie dell'informazione, finalizzato a
definire una proposta all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la
regolamentazione della radio-televisione multimediale.
15. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, il Ministero delle comunicazioni adotta un programma per
lo sviluppo e la diffusione in Italia delle nuove tecnologie di trasmissione
radiotelevisiva digitale su frequenze terrestri e da satellite e per
l'introduzione dei sistemi audiovisivi terrestri a larga banda, individuando
contestualmente misure a sostegno del settore.
Art. 3.
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara'
presentato alle Camere per la conversione in legge.
Procedimento per la
denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche
atmosferiche, di dispositivi di messa a t
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 ottobre 2001, n. 462
Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di
installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di
dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici
pericolosi.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, allegato 1, n. 11;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1955, n. 547,
recante norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;
Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale in data 12
settembre 1959 recante attribuzione dei compiti e determinazione delle modalita'
e delle documentazioni relative all'esercizio delle verifiche e dei controlli
previste dalle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 299 dell'11 dicembre 1959;
Vista la normativa tecnica comunitaria UNI CEI; Visto il decreto del Presidente
della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, concernente regolamento recante norme
di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione,
l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi,
per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonche' per la determinazione
delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20,
com-ma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 2 marzo 2001;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per
gli atti normativi nell'adunanza del 4 giugno 2001;
Sentita la Conferenza Stato-regioni il 22 marzo 2001;
Acquisito il parere della Camera dei deputati - XI commissione, e del Senato
della Repubblica - XI commissione, approvati nelle sedute, rispettivamente, del
26 luglio 2001 e del 1 agosto 2001;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
12 ottobre 2001;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la
funzione pubblica, di concerto con i Ministri delle attivita' produttive, del
lavoro e delle politiche sociali e della salute;
E
m a n a
il seguente regolamento:
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1.
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento disciplina i procedimenti relativi alle installazioni
ed ai dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, agli impianti
elettrici di messa a terra e agli impianti elettrici in luoghi con pericolo di
esplosione collocati nei luoghi di lavoro.
2. Con uno o piu' decreti del Ministero della salute, di concerto con il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed il Ministero delle attivita'
produttive, sono dettate disposizioni volte ad adeguare le vigenti prescrizioni
in materia di realizzazione degli impianti di cui al comma 1. In particolare,
tali decreti individuano i dispositivi di protezione contro le scariche
atmosferiche, gli impianti elettrici di messa a terra e gli impianti relativi
alle installazioni elettriche in luoghi con pericolo di esplosione.
Capo II
Impianti elettrici di messa a terra e dispositivi di protezione contro le
scariche atmosferiche
Art. 2.
Messa in esercizio e omologazione dell'impianto
1. La messa in esercizio degli impianti elettrici di messa a terra e dei
dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche non puo' essere
effettuata prima della verifica eseguita dall'installatore che rilascia la
dichiarazione di conformita' ai sensi della normativa vigente. La dichiarazione
di conformita' equivale a tutti gli effetti ad omologazione dell'impianto.
2. Entro trenta giorni dalla messa in esercizio dell'impianto, il datore di
lavoro invia la dichiarazione di conformita' all'ISPESL ed all'ASL o all'ARPA
territorialmente competenti.
3. Nei comuni singoli o associati ove e' stato attivato lo sportello unico per
le attivita' produttive la dichiarazione di cui al comma 2 e' presentata allo
stesso.
Art. 3.
Verifiche a campione
1. L'ISPESL effettua a campione la prima verifica sulla conformita' alla
normativa vigente degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche
ed i dispositivi di messa a terra degli impianti elettrici e trasmette le
relative risultanze all'ASL o ARPA.
2. Le verifiche a campione sono stabilite annualmente dall'ISPESL, d'intesa con
le singole regioni sulla base dei seguenti criteri:
a) localizzazione dell'impianto in relazione alle caratteristiche urbanistiche
ed ambientali del luogo in cui e' situato l'impianto;
b) tipo di impianto soggetto a verifica;
c) dimensione dell'impianto.
3. Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico
del datore di lavoro.
Art. 4.
Verifiche periodiche - Soggetti abilitati
1. Il datore di lavoro e' tenuto ad effettuare regolari manutenzioni
dell'impianto, nonche' a far sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni
cinque anni, ad esclusione di quelli installati in cantieri, in locali adibiti
ad uso medico e negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio per i quali
la periodicita' e' biennale.
2. Per l'effettuazione della verifica, il datore di lavoro si rivolge all'ASL o
all'ARPA o ad eventuali organismi individuati dal Ministero delle attivita'
produttive, sulla base di criteri stabiliti dalla normativa tecnica europea UNI
CEI.
3. Il soggetto che ha eseguito la verifica periodica rilascia il relativo
verbale al datore di lavoro che deve conservarlo ed esibirlo a richiesta degli
organi di vigilanza.
4. Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico
del datore di lavoro.
Capo III
Impianti in luoghi con pericolo di esplosione
Art. 5.
Messa in esercizio e omologazione
1. La messa in esercizio degli impianti in luoghi con pericolo di esplosione non
puo' essere effettuata prima della verifica di conformita' rilasciata al datore
di lavoro ai sensi del comma 2.
2. Tale verifica e' effettuata dallo stesso installatore dell'impianto, il quale
rilascia la dichiarazione di conformita' ai sensi della normativa vigente.
3. Entro trenta giorni dalla messa in esercizio dell'impianto, il datore di
lavoro invia la dichiarazione di conformita' all'ASL o all'ARPA territorialmente
competenti.
4. L'omologazione e' effettuata dalle ASL o dall'ARPA competenti per territorio,
che effettuano la prima verifica sulla conformita' alla normativa vigente di
tutti gli impianti denunciati.
5. Nei comuni singoli o associati ove e' stato attivato lo sportello unico per
le attivita' produttive la dichiarazione di cui al comma 3 e' presentata allo
sportello.
6. Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico
del datore di lavoro.
Art. 6.
Verifiche periodiche - Soggetti abilitati
1. Il datore di lavoro e' tenuto ad effettuare regolari manutenzioni
dell'impianto, nonche' a far sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni due
anni.
2. Per l'effettuazione della verifica, il datore di lavoro si rivolge all'ASL o
all'ARPA od ad eventuali organismi individuati dal Ministero delle attivita'
produttive, sulla base di criteri stabiliti dalla normativa tecnica europea UNI
CEI.
3. Il soggetto che ha eseguito la verifica periodica rilascia il relativo
verbale al datore di lavoro che deve conservarlo ed esibirlo a richiesta degli
organi di vigilanza.
4. Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico
del datore di lavoro.
Capo IV
Disposizioni comuni ai capi precedenti
Art. 7.
Verifiche straordinarie
1. Le verifiche straordinarie sono effettuate dall'ASL o dall'ARPA o dagli
organismi individuati dal Ministero delle attivita' produttive, sulla base di
criteri stabiliti dalla normativa europea UNI CEI.
2. Le verifiche straordinarie sono, comunque, effettuate nei casi di:
a) esito negativo della verifica periodica;
b) modifica sostanziale dell'impianto;
c) richiesta del datore del lavoro.
Art. 8.
Variazioni relative agli impianti
1. Il datore di lavoro comunica tempestivamente all'ufficio competente per
territorio dell'ISPESL e alle ASL o alle ARPA competenti per territorio la
cessazione dell'esercizio, le modifiche sostanziali preponderanti e il
trasferimento o spostamento degli impianti.
Capo V
Disposizioni transitorie e finali
Art. 9.
Abrogazioni
1. Sono abrogati:
a) gli articoli 40 e 328 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547;
b) gli articoli 2, 3 e 4 del decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale in data 12 settembre 1959, nonche' i modelli A, B e C allegati al
medesimo decreto.
2. I riferimenti alle disposizioni abrogate contenute in altri testi normativi
si intendono riferiti alle disposizioni del presente regolamento.
3. Il presente regolamento si applica anche ai procedimenti pendenti alla data
della sua entrata in vigore.
Art. 10.
Entrata in vigore
1. Il presente regolamento entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 22 ottobre 2001
CIAMPI Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Frattini, Ministro per la funzione pubblica
Marzano, Ministro delle attivita' produttive
Maroni, Ministro del lavoro e delle politiche sociali
Sirchia, Ministro della salute
Visto, il Guardasigilli: Castelli
Registrato alla Corte dei conti il 27 dicembre 2001
Ministeri istituzionali, registro n. 14, foglio n. 170
NOTE
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione
competente per materia, ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del
Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica
italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di
facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali e' operato il
rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui
trascritti.
Note al preambolo:
- L'art. 87, quinto comma della Costituzione conferisce al Presidente della
Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore
di legge ed i regolamenti.
- Si riporta l'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri):
"2. - Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i
regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di
legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica,
autorizzando l'esercizio della potesta' regolamentare del Governo, determinano
le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle
norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari".
- Si riporta il testo dell'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al
Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali,
per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione
amministrativa):
"Art. 20. - 1. Il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenta al
Parlamento un disegno di legge per la delegificazione di norme concernenti
procedimenti amministrativi, anche coninvolgenti amministrazioni centrali,
locali o autonome, indicando i criteri per l'esercizio della potesta'
regolamentare nonche' i procedimenti oggetto della disciplina, salvo quanto
previsto dalla lettera a) del comma 5. In allegato al disegno di legge e'
presentata una relazione sullo stato di attuazione della semplificazione dei
procedimenti amministrativi.
2. Nelle materie di cui all'art. 117, primo comma, della Costituzione, i
regolamenti di delegificazione trovano applicazione solo fino a quando la
regione non provveda a disciplinare autonomamente la materia medesima. Resta
fermo quanto previsto dall'art. 2, comma 2, della presente legge e dall'art. 7
del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
3. I regolamenti sono emanati con decreto del Presidente della Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con
il Ministro competente, previa acquisizione del parere delle competenti
Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato. A tal fine la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, ove necessario, promuove, anche su richiesta del
Ministro competente, riunioni tra le amministrazioni interessate. Decorsi trenta
giorni dalla richiesta di parere delle commissioni, i regolamenti possono essere
comunque emanati.
4. I regolamenti entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data
della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Con
effetto dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge, regolatrici
dei procedimenti.
5. I regolamenti si conformano ai seguenti criteri e principi:
a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi
risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero
delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti, anche
riordinando le competenze degli uffici, accorpando le funzioni per settori
omogenei, sopprimendo gli organi che risultino superflui e costituendo centri
interservizi dove raggruppare competenze diverse ma confluenti in una unica
procedura;
b) riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione dei
tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi;
c) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono
presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima
amministrazione;
d) riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei
procedimenti che si riferiscono alla medesima attivita', anche riunendo in un
unica fonte regolamentare, ove cio' corrisponda ad esigenze di semplificazione e
conoscibilita' normativa, disposizioni provenienti da fonti di rango diverso,
ovvero che pretendono particolari procedure, fermo restando l'obbligo di porre
in essere le procedure stesse;
e) semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili, anche
mediante adozione ed estensione delle fasi di integrazione dell'efficacia degli
atti, di disposizioni analoghe a quelle di cui all'art. 51, comma 2, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;
f) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi anche
decisionali, che non richiedano, in ragione della loro specificita', l'esercizio
in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali con conferenze di
servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei soggetti portatori di
interessi diffusi;
g) individuazione delle responsabilita' e delle procedure di verifica e
controllo;
g-bis) soppressione dei procedimenti che risultino non piu' corrispondenti alle
finalita' e agli obiettivi fondamentali definiti dalla legislazione di settore o
che risultino in contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico
nazionale o comunitario;
g-ter) soppressione dei procedimenti che comportino, per l'amministrazione e per
i cittadini, costi piu' elevati dei benefici conseguibili, anche attraverso la
sostituzione dell'attivita' amministrativa diretta con forme di
autoregolamentazione da parte degli interessati;
g-quater) adeguamento della disciplina sostanziale e procedimentale
dell'attivita' e degli atti amministrativi ai principi della normativa
comunitaria, anche sostituendo al regime concessorio quello autorizzatorio;
g-quinquies) soppressione dei procedimenti che derogano alla normativa
procedimentale di carattere generale, qualora non sussistano piu' le ragioni che
giustifichino una difforme disciplina settoriale;
g-sexies) regolazione, ove possibile, di tutti gli aspetti organizzativi e di
tutte la fasi del procedimento;
g-septies) adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie informatiche.
5-bis. I riferimenti a testi normativi contenuti negli elenchi di procedimenti
da semplificare di cui all'allegato 1 alla presente legge e alle leggi di cui al
comma 1 del presente articolo si intendono estesi ai successivi provvedimenti di
modificazione.
6. I servizi di controllo interno compiono accertamenti sugli effetti prodotti
dalle norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei
procedimenti amministrativi e possono formulare osservazioni e proporre
suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento
dell'azione amministrativa.
7. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dai commi da
1 a 6 e dalle leggi annuali di semplificazione nel rispetto dei principi
desumibili dalle disposizioni in essi contenute, che costituiscono principi
generali sull'ordinamento giuridico. Tali disposizioni operano direttamente nei
riguardi delle regioni fino a quando esse non avranno legiferato in materia.
Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni
a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad
adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nella legge
medesima.
8. In sede di prima attuazione della presente legge e nel rispetto dei principi,
criteri e modalita' di cui al presente articolo, quali norme generali
regolatrici, sono emanati appositi regolamenti ai sensi e per gli effetti
dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto, n. 400, per disciplinare i
procedimenti di cui all'allegato 1 alla presente legge, nonche' le seguenti
materie:
a) sviluppo e programmazione del sistema universitario, di cui alla legge 7
agosto 1990, n. 254, e successive modificazioni, nonche' valutazione del
medesimo sistema, di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive
modificazioni;
b) composizione e funzioni degli organismi collegiali nazionali e locali di
rappresentanza e coordinamento del sistema universitario, prevedendo altresi'
l'istituzione di un Consiglio nazionale degli studenti, eletto dai medesimi, con
compiti consultivi e di proposta;
c) interventi per il diritto allo studio e contributi universitari. Le norme
sono finalizzate a garantire l'accesso agli studi universitari agli studenti
capaci e meritevoli privi di mezzi, a ridurre il tasso di abbandono degli studi,
a determinare percentuali massime dell'ammontare complessivo della contribuzione
a carico degli studenti in rapporto al finanziamento ordinario dello Stato per
le universita', graduando la contribuzione stessa, secondo criteri di equita',
solidarieta' e progressivita' in relazione alle condizioni economiche del nucleo
familiare, nonche' a definire parametri e metodologie adeguati per la
valutazione delle effettive condizioni economiche dei predetti nuclei. Le norme
di cui alla presente lettera sono soggette a revisione biennale, sentite le
competenti commissioni parlamentari;
d) procedure per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, di cui
all'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382,
e procedimento di approvazione degli atti dei concorsi per ricercatore in deroga
all'art. 5, comma 9, della legge 24 dicembre 1993, n. 537;
e) procedure per l'accettazione da parte delle universita' di eredita',
donazioni e legati, prescindendo
da ogni autorizzazione preventiva, ministeriale o prefettizia. 9. I regolamenti
di cui al comma 8, lettere a), b) e c), sono emanati previo parere delle
commissioni parlamentari competenti per materia.
10. In attesa dell'entrata in vigore delle norme di cui al comma 8, lettera c),
il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previsto dall'art. 4 della
legge 2 dicembre 1991, n. 390, e' emanato anche nelle more della Costituzione
della Consulta nazionale per il diritto agli studi universitari di cui all'art.
6 della medesima legge.
11. Con il disegno di legge di cui al comma 1, il Governo propone annualmente al
Parlamento le norme di delega ovvero di legificazione necessarie alla
compilazione di testi unici legislativi o regolamentari, con particolare
riferimento alle materie interessate dalla attuazione della presente legge, il
Governo e' delegato ad emanare, entro il termine di sei mesi decorrenti dalla
data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'art. 4, norme per
la delegificazione delle materie di cui all'art. 4, comma 4, lettera c), non
coperte da riserva assoluta di legge, nonche' testi unici delle leggi che
disciplinano i settori di cui al medesimo art. 4, comma 4, lettera c) anche
attraverso le necessarie modifiche internazionali o abrogazioni di norme,
secondo i criteri previsti dagli articoli 14 e 17 del presente articolo".
- Si riporta il n. 11 dell'allegato 1 della citata legge 15 marzo 1997, n. 59:
"11. - Procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione
contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti
elettrici, di impianti elettrici pericolosi:
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articoli 38, 39,
40, 336 e 338;
regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982, n. 577;
legge 5 marzo 1990, n. 46;
decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447;".
- Il decreto ministeriale 12 settembre 1959, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 299 dell'11 dicembre 1959, reca:
"Attribuzione dei compiti e determinazione delle modalita' e delle
documentazioni relative all'esercizio delle verifiche e dei controlli previste
dalle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro".
- Il decreto del Presidente della Repubblica del 20 ottobre 1998, n. 447
"Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione
per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di
impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonche'
per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma
dell'art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59".
Nota all'art. 9:
- Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, reca:
"Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro".
Regolamento recante
norme per l'attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di
semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori
e
Dpr 30 aprile 1999, n.162
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione; Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128; Vista la direttiva 95/16/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori; Visto l'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59,allegato 1, n. 7, e successive modificazioni; Vista la legge 24 ottobre 1942, n. 1415; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951,n. 1767; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1963, n.1497; Visto l'articolo 2 del decreto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 597; Visto il decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 268; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 441; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n.459; Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 settembre 1998; Sentita la conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato dellaRepubblica e della Camera dei deputati; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza dell'8 febbraio 1999; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 9 aprile 1999; Sulla proposta dei Ministri per le politiche comunitarie, per la funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, della sanita' e del lavoro e della previdenza sociale;
Emana il seguente regolamento:
Capo I
Art. 1. Ambito di applicazione 1. Le norme del presente regolamento si applicano agli ascensori, in servizio permanente negli edifici e nelle costruzioni, nonche' ai componenti di sicurezza, utilizzati in tali ascensori ed elencati nell'allegato IV. 2. Rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento gli ascensori a pantografo e gli altri ascensori che si spostano lungo un percorso perfettamente definito nello spazio, pur non spostandosi lungo guide rigide. 3. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento: a) gli impianti a fune, comprese le funicolari, per il trasporto di persone; b) gli ascensori specificamente progettati e costruiti per scopi militari o per il mantenimento dell'ordine pubblico; c) gli ascensori al servizio di pozzi miniera; d) gli elevatori di scenotecnica; e) gli ascensori installati in mezzi di trasporto; f) gli ascensori collegati ad una macchina e destinati esclusivamente all'accesso al posto di lavoro; g) i treni a cremagliera; h) gli ascensori da cantiere.
Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Nota al titolo: - Per quanto concerne la direttiva 95/16/CE vedasi nelle note alle premesse. Note alle premesse: - L'art. 87, comma quinto, della Costituzione conferisce al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti. - La legge 24 aprile 1998, n. 128, reca: "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee (legge comunitaria 1995-1997)". - La direttiva 95/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 1995, concerne il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori. - Il testo del comma 8 dell'art. 20 e dell'allegato 1, n. 7, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e' il seguente: "8. In sede di prima attuazione della presente legge e nel rispetto dei principi, criteri e modalita' di cui al presente articolo, quali norme generali regolatrici, sono emanati appositi regolamenti ai sensi e per gli effetti dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare i procedimenti di cui all'allegato 1 alla presente legge, nonche' le seguenti materie: a) sviluppo e programmazione del sistema universitario, di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 245, e successive modificazioni, nonche' valutazione del medesimo sistema, di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni; b) composizione e funzioni degli organismi collegiali nazionali e locali di rappresentanza e coordinamento del sistema universitario, prevedendo altresi' l'istituzione di un Consiglio nazionale degli studenti, eletto dai medesimi, con compiti consultivi e di proposta; c) interventi per il diritto allo studio e contributi universitari. Le norme sono finalizzate a garantire l'accesso agli studi universitari agli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi, a ridurre il tasso di abbandono degli studi, a determinare percentuali massime dell'ammontare complessivo della contribuzione a carico degli studenti in rapporto al finanziamento ordinario dello Stato per le universita', graduando la contribuzione stessa, secondo criteri di equita', solidarieta' e progressivita' in relazione alle condizioni economiche del nucleo familiare, nonche' a definire parametri e metodologie adeguati per la valutazione delle effettive condizioni economiche dei predetti nuclei. Le norme di cui alla presente lettera sono soggette a revisione biennale, sentite le competenti commissioni parlamentari; d) procedure per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, di cui all'art. 73, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e procedimento di approvazione degli atti dei concorsi per ricercatore in deroga all'art. 5, comma 9, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; e) procedure per l'accettazione da parte delle universita' di eredita', donazioni e legati, prescindendo da ogni autorizzazione preventiva, ministeriale o prefettizia". "ALLEGATO 1 (previsto dall'art. 20, comma 8) 1.-6. (Omissis). 7. Procedimento per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, nonche' della relativa licenza di esercizio: legge 24 ottobre 1942, n. 1415, e successive modificazioni; regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1167; regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1963, n. 1497; decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, art. 19". - La legge 24 ottobre 1942, n. 1415, reca: "Impianto ed esercizio di ascensori e di montacarichi in servizio privato". - Il decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767, reca: "Approvazione del regolamento per l'esecuzione della legge 24 ottobre 1942, n. 1415, concernente l'impianto e l'esercizio di ascensori e di montacarichi in servizio privato". - Il decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1963, n. 1497, reca: "Approvazione del regolamento per gli ascensori ed i montacarichi in servizio privato". - Il decreto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 597, reca: "Disciplina delle funzioni prevenzionali e omologative delle unita' sanitarie locali e dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro". Si riporta il testo dell'art. 2: "Art. 2. - Ferme le competenze attribuite o trasferite alle unita' sanitarie locali dagli articoli 19, 20 e 21, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e' attribuita, a decorrere dal 1 luglio 1982, all'ISPESL, la funzione statale di omologazione dei prodotti industriali ai sensi dell'art. 6, lettera n), n. 18, e dell'art. 24, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, nonche' il controllo di conformita' dei prodotti industriali di serie al tipo omologato. Per omologazione di un prodotto industriale si intende la procedura tecnicoamministrativa con la quale viene provata e certificata la rispondenza del tipo o del prototipo di prodotto prima della riproduzione e immissione sul mercato, ovvero del primo o nuovo impianto, a specidici requisiti tecnici prefissati ai sensi e per i fini prevenzionali della legge 23 dicembre 1978, n. 833, nonche' anche ai fini della qualita' dei prodotti. Le procedure e le modalita' amministrative e tecniche, le specifiche tecniche, le forme di attestazione e le tariffe dell'omologazione sono determinate con decreti interministeriali dei Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanita' e del lavoro e della previdenza sociale, previo parere dell'ISPESL". - Il decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 268, reca: "Riordinamento dell'Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421". - Il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 441, reca: "Regolamento concernente l'organizzazione, il funzionamento e la disciplina delle attivita' relative ai compiti dell'ISPESL, in attuazione dell'art. 2, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 268". - Il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, reca: "Regolamento per l'attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine". - Si riporta il testo dell'art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri): "2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potesta' regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari".
Art. 2. Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) ascensore: un apparecchio a motore che collega piani definiti mediante una cabina che si sposta lungo guide rigide e la cui inclinazione sull'orizzontale e' superiore a 15 gradi, destinata al trasporto di persone, di persone e cose, o soltanto di cose se la cabina e' accessibile, ossia se una persona puo' entrarvi senza difficolta', e munita di comandi situati al suo interno o alla portata di una persona che si trova al suo interno; b) montacarichi: un apparecchio a motore di portata non inferiore a chilogrammi 25 che collega piani definiti mediante una cabina che si sposta lungo guide rigide e la cui inclinazione sull'orizzontale e' superiore a 15 gradi, destinata al trasporto di sole cose, inaccessibile alle persone o, se accessibile, non munita di comandi situati al suo interno o alla portata di una persona che si trova al suo interno; c) installatore dell'ascensore: il responsabile della progettazione, della fabbricazione, dell'installazione e della commercializzazione dell'ascensore, che appone la marcatura CE e redige la dichiarazione CE di conformita'; d) commercializzazione: la prima immissione sul mercato dell'Unione europea, a titolo oneroso o gratuito, di un ascensore o di un componente di sicurezza per la sua distribuzione o impiego; e) componenti di sicurezza: i componenti elencati nell'allegato IV; f) fabbricante dei componenti di sicurezza: il responsabile della progettazione e della fabbricazione dei componenti di sicurezza, che appone la marcatura CE e redige la dichiarazione CE di conformita'; g) ascensore modello: un ascensore rappresentativo la cui documentazione tecnica indica come saranno rispettati i requisiti essenziali di sicurezza negli ascensori derivati dall'ascensore modello, definito in base a parametri oggettivi e che utilizza componenti di sicurezza identici. Nella documentazione tecnica sono chiaramente specificate, con indicazione dei valori massimi e minimi, tutte le varianti consentite tra l'ascensore modello e quelli derivati dallo stesso. E' permesso dimostrare con calcoli o in base a schemi di progettazione la similarita' di una serie di dispositivi o disposizioni rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza; h) messa in esercizio: la prima utilizzazione dell'ascensore o del componente di sicurezza; i) modifiche costruttive non rientranti nell'ordinaria o straordinaria manutenzione, in particolare: 1) il cambiamento della velocita'; 2) il cambiamento della portata; 3) il cambiamento della corsa; 4) il cambiamento del tipo di azionamento, quali quello idraulico o elettrico; 5) la sostituzione del macchinario, della cabina con la sua intelaiatura, del quadro elettrico, del gruppo cilindropistone, delle porte di piano, delle difese del vano e di altri componenti principali; l) norme armonizzate: le disposizioni di carattere tecnico adottate dagli organismi di normazione europea su mandato della Commissione europea e da quest'ultima approvate, i cui riferimenti sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee e trasposte in una norma nazionale; m) ascensori e montacarichi in servizio privato: gli ascensori e montacarichi installati in edifici pubblici o privati, a scopi ed usi privati, anche se accessibili al pubblico.
Art. 3. Dimostrazione di prototipi 1. E' consentita la presentazione, in particolare in occasione di fiere, esposizioni e dimostrazioni di ascensori o di componenti di sicurezza non conformi alle disposizioni del presente regolamento, purche' l'apparecchio non sia messo in uso e un apposito cartello indichi chiaramente la non conformita' dell'ascensore o dei componenti di sicurezza e l'impossibilita' di acquistarli prima che siano resi conformi dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nel territorio dell'Unione europea.
Art. 4. Requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute 1. Gli ascensori e i componenti di sicurezza cui si applica il presente regolamento devono rispondere ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute previsti nell'allegato I. 2. Gli ascensori e i componenti di sicurezza muniti della marcatura CE e accompagnati dalla dichiarazione CE di conformita' di cui all'allegato II sono considerati conformi a tutte le prescrizioni del presente regolamento. 3. Ogni altra apparecchiatura destinata, per dichiarazione del fabbricante o del suo mandatario stabilito nel territorio dell'Unione europea, ad essere incorporata in un ascensore cui si applica il presente regolamento, puo' essere liberamente commercializzata. 4. La persona responsabile della realizzazione dell'edificio o della costruzione e l'installatore dell'ascensore devono comunicarsi reciprocamente gli elementi necessari e devono prendere le misure adeguate per garantire il corretto funzionamento e la sicurezza di utilizzazione dell'impianto. 5. I soggetti cui al comma 4 devono assicurare che all'interno dei vani di corsa previsti per gli ascensori non vi siano tubazioni o installazioni diverse da quelle necessarie al funzionamento o alla sicurezza dell'impianto.
Art. 5. Norme armonizzate e disposizioni di carattere equivalente 1. Le norme tecniche nazionali che traspongono le norme armonizzate sono pubblicate, con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 2. Quando una norma nazionale che recepisce una norma armonizzata prevede uno o piu' requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute, l'ascensore costruito in conformita' di tale norma si considera conforme ai suddetti requisiti. Si considera altresi' conforme ai requisiti di cui si tratta il componente di sicurezza atto a consentire all'ascensore su cui sia correttamente montato di rispondere agli stessi requisiti. 3. In assenza di norme armonizzate, con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana le norme tecniche nazionali, che sono importanti o utili per la corretta applicazione dei requisiti essenziali di sicurezza di cui all'allegato I. 4. Gli enti normatori italiani di cui alla legge 21 giugno 1986, n. 317, adottano le procedure necessarie per consentire alle parti sociali la partecipazione nel processo di elaborazione e controllo delle norme armonizzate in materia di ascensori. 5. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, se le norme armonizzate non appaiono rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute, provvede ad adire il comitato istituito dalla direttiva 83/189/CEE. Nota all'art. 5: - La legge 21 giugno 1986, n. 317, reca: "Attuazione della direttiva n. 83/189/CEE relativa alla procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche".
Art. 6. Procedura di valutazione della conformita' 1. Prima della commercializzazione dei componenti di sicurezza elencati nell'allegato IV, il fabbricante di un componente di sicurezza o il suo mandatario stabilito nella Comunita' devono: a) presentare il modello del componente di sicurezza per un esame CE del tipo conforme all'allegato V e sottoporlo a controlli della produzione da parte di un organismo notificato ai sensi dell'allegato XI, oppure presentare il modello del componente di sicurezza per un esame CE del tipo conforme all'allegato V e applicare un sistema di garanziaqualita' conforme all'allegato VIII per il controllo della produzione oppure applicare un sistema di garanziaqualita' completo conforme all'allegato IX; b) apporre la marcatura CE su ciascun componente di sicurezza e redigere una dichiarazione di conformita' recante gli elementi indicati nell'allegato II, tenendo conto delle prescrizioni previste negli allegati VIII, IX, XI di riferimento; c) conservare una copia della dichiarazione di conformita' per dieci anni a decorrere dall'ultima data di fabbricazione del componente di sicurezza. 2. Prima della commercializzazione ogni ascensore e' costruito, installato e provato attuando una delle seguenti procedure: a) di controllo finale di cui all'allegato VI, oppure di garanzia di qualita' di cui all'allegato XII, oppure di garanzia di qualita' di cui all'allegato XIV, se progettato in conformita' ad un ascensore sottoposto all'esame CE del tipo di cui all'allegato V, ovvero, se progettato in conformita' ad un ascensore modello sottoposto all'esame CE del tipo di cui all'allegato V, ovvero, se progettato in conformita' ad un ascensore per il quale sia stato attuato un sistema di garanzia di qualita' conforme all'allegato XIII, integrato da un controllo del progetto ove questo non sia interamente conforme alle norme armonizzate; b) di verifica dell'unita', di cui all'allegato X, ad opera di un organismo notificato; c) di garanzia di qualita' di cui all'allegato XIII, integrata da un controllo del progetto se quest'ultimo non e' interamente conforme alle norme armonizzate. 3. Le procedure relative alle fasi di progettazione e costruzione e a quelle di installazione e prova, possono essere compiute sullo stesso ascensore, se questo e' progettato in conformita' ad un ascensore sottoposto all'esame CE del tipo di cui all'allegato V. 4. Nei casi di cui al comma 2, lettera a), il responsabile del progetto fornisce al responsabile della costruzione, dell'installazione e delle prove, tutta la documentazione e le indicazioni necessarie affinche' queste operazioni si possano svolgere in piena sicurezza. 5. In tutti i casi menzionati al comma 2, l'installatore appone la marcatura CE all'ascensore e redige una dichiarazione di conformita' recante gli elementi indicati nell'allegato II tenendo conto delle prescrizioni previste nell'allegato di riferimento (allegato VI, X, XII, XIII, XIV), conservandone una copia per dieci anni a decorrere dalla data di commercializzazione dell'ascensore. La Commissione dell'Unione europea, gli Stati membri e gli altri organismi notificati possono ottenere dall'installatore, su richiesta, una copia della suddetta dichiarazione di conformita' e dei verbali delle prove relative all'esame finale. 6. Quando gli ascensori o i componenti di sicurezza costituiscono oggetto di altre direttive comunitarie relative ad aspetti diversi e che prevedono l'apposizione della marcatura CE, questa indica altresi' che gli ascensori o i componenti di sicurezza si presumono conformi alle disposizioni di queste altre direttive. 7. Quando una o piu' delle direttive di cui al comma 6, lasciano al fabbricante la facolta' di scegliere il regime da applicare durante un periodo transitorio, la marcatura CE indica che gli ascensori o i componenti di sicurezza sono conformi soltanto alle disposizioni delle direttive applicate dall'installatore o dal fabbricante. In tal caso, i riferimenti alle direttive applicate, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee, devono essere riportati nei documenti, nelle avvertenze o nei fogli di istruzione stabiliti dalle direttive e che accompagnano l'ascensore o il componente di sicurezza. 8. Quando l'installatore dell'ascensore, il fabbricante del componente di sicurezza, il suo mandatario stabilito nel territorio dell'Unione europea non rispettano gli obblighi previsti dal presente articolo, tali obblighi devono essere adempiuti da chi immette sul mercato l'ascensore o il componente di sicurezza, gli stessi obblighi gravano su chi costruisce l'ascensore o il componente di sicurezza per uso personale.
Art. 7. Marcatura CE 1. La marcatura CE di conformita' e' costituita dalle iniziali "CE" secondo il modello grafico riportato all'allegato III. 2. La marcatura CE deve essere apposta in ogni cabina di ascensore in modo chiaro e visibile conformemente al punto 5 dell'allegato I e deve, altresi', essere apposta su ciascun componente di sicurezza elencato nell'allegato IV o, se cio' non e' possibile, su un'etichetta fissata al componente di sicurezza. 3. E' vietato apporre sugli ascensori o sui componenti di sicurezza marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE. Sugli ascensori o sui componenti di sicurezza puo' essere apposto ogni altro marchio purche' questo non limiti la visibilita' e la leggibilita' della marcatura CE. 4. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 8, quando sia accertata una apposizione irregolare di marcatura CE l'installatore dell'ascensore, il fabbricante del componente di sicurezza o il mandatario di quest'ultimo stabilito nel territorio dell'Unione europea, devono conformare il prodotto alle disposizioni sulla marcatura CE e far cessare l'infrazione alle condizioni stabilite dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato. 5. Nel caso in cui persiste la mancanza di conformita', il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato prende tutte le misure atte a limitare o a vietare la commercializzazione di detto componente di sicurezza o a garantirne il ritiro dal commercio e a vietare l'utilizzazione dell'ascensore, informandone la Commissione e gli Stati membri.
Art. 8. Controllo di mercato e clausola di salvaguardia 1. Per gli ascensori o i componenti di sicurezza commercializzati, ai sensi del presente regolamento, il controllo della conformita' ai requisiti essenziali di sicurezza di cui all'allegato I e' operato dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a campione o su segnalazione, attraverso i propri organi ispettivi, in coordinamento permanente tra loro, al fine di evitare duplicazione dei controlli. 2. Le amministrazioni di cui al comma 1, si avvalgono per gli accertamenti di carattere tecnico dell'Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro (ISPESL) e degli altri uffici tecnici dello Stato. 3. Quando gli organismi di vigilanza competenti per la prevenzione e la sicurezza accertano la non conformita' di un ascensore o di un componente di sicurezza ai requisiti essenziali di sicurezza di cui all'allegato I ne danno immediata comunicazione al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. 4. Quando e' constatato che un ascensore o un componente di sicurezza, pur munito della marcatura CE ed utilizzato conformemente alla sua destinazione, rischia di pregiudicare la sicurezza e la salute delle persone ed eventualmente la sicurezza dei beni, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, previa verifica dell'esistenza dei rischi segnalati, ne ordina il ritiro temporaneo dal mercato ed il divieto di utilizzazione, con provvedimento motivato e notificato all'interessato, con l'indicazione dei mezzi di ricorso e del termine entro cui e' possibile ricorrere. 5. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato informa la Commissione dell'Unione europea dei provvedimenti di cui al comma 4, precisando se il provvedimento e' motivato da: a) non conformita' ai requisiti essenziali di sicurezza di cui all'articolo 4; b) applicazione non corretta delle norme di cui all'articolo 5, comma 1, ovvero lacuna nelle stesse. 6. A seguito delle conclusioni delle consultazioni avviate dalla Commissione dell'Unione europea i provvedimenti di cui al comma 4, possono essere definitivamente confermati, modificati o revocati. 7. Gli oneri relativi al ritiro dal mercato degli ascensori o dei componenti di sicurezza ai sensi del presente articolo sono a carico dell'installatore dell'ascensore o del fabbricante dei componenti di sicurezza o del mandatario di quest'ultimo stabilito nel territorio dell'Unione europea.
Art. 9. Organismi di certificazione 1. Le procedure di valutazione della conformita' di cui all'articolo 6 sono espletate da organismi autorizzati e notificati ai sensi del comma 6 e dell'articolo 10, oppure dagli organismi notificati dagli altri Paesi dell'Unione europea. 2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentito il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, sono autorizzati gli organismi in possesso dei requisiti minimi di cui all'allegato VII e degli altri requisiti stabiliti nel decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 22 marzo 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 78 del 3 aprile 1993, di attuazione del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475. Gli organismi che rilasciano certificazioni dei sistemi di qualita' oltre agli altri requisiti prescritti devono possedere un'organizzazione conforme alle norme UNI-EN 45012. 3. L'autorizzazione e' rilasciata entro centoventi giorni dalla domanda. Trascorso inutilmente il suddetto termine l'autorizzazione si intende negata. 4. Le spese relative ai controlli preliminari connessi alla procedura di autorizzazione degli organismi sono a totale carico del richiedente. Le spese relative alla certificazione del tipo o del modello o del sistema di qualita' sono a totale carico dell'installatore dell'ascensore o del fabbricante del componente di sicurezza o del mandatario di quest'ultimo stabilito nel territorio dell'Unione europea. Le spese relative alla certificazione del singolo ascensore, secondo gli allegati VI e X, sono a totale carico dell'installatore dell'ascensore. 5. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale determinano gli indirizzi volti ad assicurare la necessaria omogeneita' dell'attivita' di certificazione e, operando in coordinamento permanente tra di loro, vigilano sull'attivita' degli organismi autorizzati, procedendo attraverso i tecnici dei propri uffici ad ispezioni e verifiche per accertare la permanenza dei requisiti e il regolare svolgimento delle procedure previste dal presente regolamento. 6. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, tramite il Ministero degli affari esteri, notifica tempestivamente alla Commissione dell'Unione europea e agli Stati membri l'elenco degli organismi autorizzati ad espletare le procedure di cui all'articolo 8, i compiti specifici e le procedure d'esame per i quali tali organismi sono stati designati, i numeri di identificazione loro attribuiti in precedenza dalla Commissione, ed ogni successiva modificazione, anche al fine della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato cura periodicamente la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana degli elenchi aggiornati degli organismi autorizzati. 7. Quando e' constatato che l'organismo di certificazione, al quale e' stata rilasciata l'autorizzazione di cui al comma 2, non soddisfa piu' i requisiti di cui al presente articolo, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato revoca l'autorizzazione informandone immediatamente la Commissione dell'Unione europea e gli altri Stati membri. Note all'art. 9: - Il decreto ministeriale 22 marzo 1993, del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato reca: "Determinazione dei requisiti che devono essere posseduti dagli organismi di controllo dei dispositivi di protezione individuale". - Il decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, reca: "Attuazione della direttiva (CEE) n. 689/1989 del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale".
Art. 10. Disciplina transitoria per la conferma degli organismi di certificazione 1. Gli organismi autorizzati in via provvisoria richiedono all'Ispettorato tecnico del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato la conferma dell'autorizzazione entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. 2. L'istanza indica le eventuali modificazioni intervenute nella struttura dell'organismo ed e' corredata dalla documentazione utile a completare quella gia' in possesso dell'amministrazione, secondo le prescrizioni del presente regolamento. 3. L'ammistrazione provvede, ai sensi dell'articolo 9, entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento della domanda. Trascorso inutilmente tale termine l'autorizzazione si intende concessa.
Capo II
Art. 11. Ambito di applicazione 1. Le disposizioni del presente capo si applicano agli ascensori e ai montacarichi in servizio privato. 2. Le disposizioni di cui al presente capo, non si applicano agli ascensori e montacarichi: a) per miniere e per navi; b) aventi corsa inferiore a 2 m; c) azionati a mano; d) che non sono installati stabilmente; e) che sono montacarichi con portata pari o inferiore a 25 kg.
Art. 12. Messa in esercizio degli ascensori e montacarichi in servizio privato 1. E' soggetta a comunicazione, da parte del proprietario o del suo legale rappresentante, al comune competente per territorio o alla provincia autonoma competente secondo il proprio statuto la messa in esercizio dei montacarichi e degli ascensori non destinati ad un servizio pubblico di trasporto. 2. La comunicazione di cui al comma 1, da effettuarsi entro dieci giorni dalla data della dichiarazione di conformita' dell'impianto di cui all'articolo 6, comma 5, lettera a), contiene: a) l'indirizzo dello stabile ove e' installato l'impianto; b) la velocita', la portata, la corsa, il numero delle fermate e il tipo di azionamento; c) il nominativo o la ragione sociale dell'installatore dell'ascensore o del costruttore del montacarichi, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459; d) la copia della dichiarazione di conformita' di cui all'articolo 6, comma 5; e) l'indicazione della ditta, abilitata ai sensi della legge 5 marzo 1990, n. 46, cui il proprietario ha affidato la manutenzione dell'impianto; f) l'indicazione del soggetto incaricato di effettuare le ispezioni periodiche sull'impianto, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, che abbia accettato l'incarico. 3. L'ufficio competente del comune assegna all'impianto, entro trenta giorni, un numero di matricola e lo comunica al proprietario o al suo legale rappresentante dandone contestualmente notizia al soggetto competente per l'effettuazione delle verifiche periodiche. 4. Quando si apportano le modifiche costruttive di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), il proprietario, previo adeguamento dell'impianto, per la parte modificata o sostituita nonchè' per le altre parti interessate alle disposizioni del presente regolamento, invia la comunicazione di cui al comma 1 al comune competente per territorio nonchè al soggetto competente per l'effettuazione delle verifiche periodiche. 5. E' fatto divieto di porre o mantenere in esercizio impianti per i quali non siano state effettuate, ovvero aggiornate a seguito di eventuali modifiche, le comunicazioni di cui al presente articolo. 6. Ferme restando in capo agli organi competenti le funzioni di controllo ad essi attribuite dalla normativa vigente, e fatto salvo l'eventuale accertamento di responsabilità civile, nonchè penale a carico del proprietario dell'immobile e/o dell'installatore, il comune ordina l'immediata sospensione del servizio in caso di inosservanza degli obblighi imposti dal presente regolamento. 7. Gli organi deputati al controllo sono tenuti a dare tempestiva comunicazione al comune territorialmente competente dell'inosservanza degli obblighi imposti dal presente regolamento rilevata nell'esercizio delle loro funzioni. Note all'art. 12: - Si riporta il testo dell'art. 2, comma 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459: "2. Prima dell'immissione sul mercato o della messa in servizio, il costruttore o il suo mandatario residente nell'Unione europea deve attestare la conformita' ai requisiti essenziali di cui al comma 1: a) per le macchine mediante la dichiarazione CE di conformita' di cui all'allegato II, punto A, e l'apposizione della marcatura di conformita' CE di cui all'art. 5; b) per i componenti di sicurezza, mediante la dichiarazione CE di conformita' di cui all'allegato II, punto C". - La legge 5 marzo 1990, n. 46, reca: "Norme per la sicurezza degli impianti".
Art. 13. Verifiche periodiche 1. Il proprietario dello stabile, o il suo legale rappresentante, sono tenuti ad effettuare regolari manutenzioni dell'impianto ivi installato, nonche' a sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni due anni. Alla verifica periodica degli ascensori e montacarichi provvedono, secondo i rispettivi ordinamenti, a mezzo di tecnici forniti di laurea in ingegneria, l'azienda sanitaria locale competente per territorio, ovvero, l'ARPA, quando le disposizioni regionali di attuazione della legge 21 gennaio 1994, n. 61, attribuiscano ad essa tale competenza, la direzione provinciale del lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio per gli impianti installati presso gli stabilimenti industriali o le aziende agricole, nonche', gli organismi di certificazione notificati ai sensi del presente regolamento per le valutazioni di conformita' di cui all'allegato VI o X. 2. Il soggetto che ha eseguito la verifica periodica rilascia al proprietario, nonche' alla ditta incaricata della manutenzione, il verbale relativo e, ove negativo, ne comunica l'esito al competente ufficio comunale per i provvedimenti di competenza. 3. Le operazioni di verifica periodica sono dirette ad accertare se le parti dalle quali dipende la sicurezza di esercizio dell'impianto sono in condizioni di efficienza, se i dispositivi di sicurezza funzionano regolarmente e se e' stato ottemperato alle prescrizioni eventualmente impartite in precedenti verifiche. Il soggetto incaricato della verifica fa eseguire dal manutentore dell'impianto le suddette operazioni. 4. Il proprietario o il suo legale rappresentante forniscono i mezzi e gli aiuti indispensabili perche' siano eseguite le verifiche periodiche dell' impianto. 5. Le amministrazioni statali che hanno propri ruoli tecnici possono provvedere, per i propri impianti, alle verifiche di cui al presente articolo, direttamente per mezzo degli ingegneri dei rispettivi ruoli. In tal caso il verbale della verifica, ove negativo, e' trasmesso al competente ufficio tecnico dell'amministrazione che dispone il fermo dell'impianto. 6. Le spese per l'effettuazione delle verifiche periodiche sono a carico del proprietario dello stabile ove e' installato l'impianto. Nota all'art. 13: - La legge 21 gennaio 1994, n. 61, reca: "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, recante disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente".
Art. 14. Verifiche straordinarie 1. A seguito di verbale di verifica periodica con esito negativo, il competente ufficio comunale dispone il fermo dell'impianto fino alla data della verifica straordinaria con esito favorevole. La verifica straordinaria e' eseguita dai soggetti di cui all'articolo 13, comma 1, ai quali il proprietario o il suo legale rappresentante rivolgono richiesta dopo la rimozione delle cause che hanno determinato l'esito negativo della verifica. 2. In caso di incidenti di notevole importanza, anche se non sono seguiti da infortunio, il proprietario o il suo legale rappresentante danno immediata notizia al competente ufficio comunale che dispone, immediatamente, il fermo dell'impianto. Per la rimessa in servizio dell'ascensore, e' necessaria una verifica straordinaria, con esito positivo, ai sensi del comma 1. 3. Nel caso siano apportate all'impianto le modifiche di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), la verifica straordinaria e' eseguita dai soggetti di cui all'articolo 13, comma 1. 4. Le spese per l'effettuazione delle verifiche straordinarie sono a carico del proprietario dello stabile ove e' installato l'impianto. 5. Nell'ipotesi prevista dall'articolo 13, comma 5, le amministrazioni statali possono provvedere alla verifica straordinaria avvalendosi degli ingegneri dei propri ruoli.
Art. 15. Manutenzione 1. Ai fini della conservazione dell'impianto e del suo normale funzionamento, il proprietario o il suo legale rappresentante sono tenuti ad affidare la manutenzione di tutto il sistema dell'ascensore o del montacarichi a persona munita di certificato di abilitazione o a ditta specializzata ovvero a un operatore comunitario dotato di specializzazione equivalente che debbono provvedere a mezzo di personale abilitato. Il certificato di abilitazione e' rilasciato dal prefetto, in seguito all'esito favorevole di una prova teorico- pratica, da sostenersi dinanzi ad apposita commissione esaminatrice ai sensi degli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767. 2. Il manutentore provvede anche alla manovra di emergenza che, in caso di necessita', puo' essere effettuata anche da personale di custodia istruito per questo scopo. 3. Il manutentore provvede, periodicamente, secondo le esigenze dell'impianto: a) a verificare il regolare funzionamento dei dispositivi meccanici, idraulici ed elettrici e, in particolare, delle porte dei piani e delle serrature; b) a verificare lo stato di conservazione delle funi e delle catene; c) alle operazioni normali di pulizia e di lubrificazione delle parti. 4. Il manutentore provvede, almeno una volta ogni sei mesi per gli ascensori e almeno una volta all'anno per i montacarichi: a) a verificare l'integrita' e l'efficienza del paracadute, del limitatore di velocita' e degli altri dispositivi di sicurezza; b) a verificare minutamente le funi, le catene e i loro attacchi; c) a verificare l'isolamento dell'impianto elettrico e l'efficienza dei collegamenti con la terra; d) ad annotare i risultati di queste verifiche sul libretto di cui all'articolo 16. 5. Il manutentore promuove, altresi', tempestivamente la riparazione e la sostituzione delle parti rotte o logorate, o a verificarne l'avvenuta, corretta, esecuzione. 6. Il proprietario o il suo legale rappresentante provvedono prontamente alle riparazioni e alle sostituzioni. 7. Nel caso in cui il manutentore rilevi un pericolo in atto, deve fermare l'impianto, fino a quando esso non sia stato riparato informandone, tempestivamente, il proprietario o il suo legale rappresentante e il soggetto incaricato delle verifiche periodiche, nonche' il comune per l'adozione degli eventuali provvedimenti di competenza.
Nota all'art. 15: - Si riporta il testo degli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 del citato decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767: "Art. 6 (Commisione per l'abilitazione del personale di manutenzione). - Il prefetto determina la data delle sessioni di esami per il rilascio dei certificati di abilitazione previsti dall'art. 5 della legge 24 ottobre 1942 n. 1415, sentito l'Ispettorato del lavoro e le associazioni sindacali, in relazione al numero delle domande presentate e del personale disponibile in rapporto alle esigenze pubbliche e private. La commissione di cui all'art. 5 della legge 24 ottobre 1942, n. 1415, e' nominata dal prefetto ed e' composta da quattro membri: un funzionario del Genio civile, uno dell'Ispettorato del lavoro, uno dell'Ispettorato della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, uno dell'Ente nazionale di propaganda per la prevenzione degli infortuni, designati dalle rispettive amministrazioni. Il funzionario del Genio civile ha le funzioni di presidente. Le amministrazioni statali che hanno propri ruoli di ingegneri potranno chiedere al prefetto che nell'esame di abilitazione dei loro dipendenti un proprio funzionario faccia parte della commissione di esame. L'esame teoricopratico deve essere sostenuto dinanzi ad almeno tre membri della commissione. A ciascuno dei componenti della commissione esaminatrice spettano i compensi dovuti ai funzionari dello Stato che fanno parte di commissioni esaminatrici per pubblici concorsi". "Art. 7 (Domanda di abilitazione per il personale di manutenzione). - L'aspirante al certificato di abilitazione, per essere ammesso all'esame teoricopratico deve presentare al prefetto: a) domanda in carta legale corredata del certificato di nascita da cui risulti di aver compiuto 18 anni; b) certificato penale; c) eventuale dichiarazione di una ditta specializzata attestante le mansioni in precedenza espletate presso di essa; d) fotografia del candidato con firma autenticata dal sindaco o dal notaio". "Art. 8 (Prova teoricopratica da sostenersi dinanzi alla commissione). - L'aspirante sara' sottoposto ad un esame orale e ad una prova pratica. L'esame orale deve accertare la conoscenza generale delle leggi e delle norme tecniche, dei principali tipi di ascensori, del loro complesso elettrico e meccanico e delle relative parti, dei pericoli derivanti da cause elettriche o meccaniche nell'esercizio delle proprie mansioni. La prova pratica tende ad accertare la conoscenza della manutenzione dei singoli organi, della verifica delle funi, della prova dei dispositivi di chiusura, di controllo, di fine corsa, di quelli paracadute, dello stato di isolamento dell'impianto elettrico. L'aspirante dovra' inoltre dimostrare di sapere operare la manovra di soccorso in caso di arresto della cabina fra piano e piano od in caso di incidenti, di saper intervenire in caso di manomissione dell'impianto". "Art. 9 (Certificato di abilitazione). - Il certificato di abilitazione viene rilasciato dal prefetto a spese del titolare, a seguito del parere favorevole della commissione d'esame. Il proprietario dello stabile o altro titolare della licenza di esercizio dell'ascensore o montacarichi ed i funzionari preposti al controllo sono tenuti ad assicurarsi che il personale incaricato della manutenzione dell'impianto sia munito del certificato di cui sopra". "Art. 10 (Intervento del prefetto nei casi di in osservanza). - In caso di inosservanza delle disposizioni della legge 24 ottobre 1942, n. 1415, del decreto legislativo 31 agosto 1945, n. 600, e di quelle di cui agli articoli precedenti, il prefetto dispone direttamente, o su proposta degli organi incaricati della vigilanza sull'esercizio e manutenzione degli ascensori e montacarichi, il fermo dell'apparecchio e l'adozione delle relative cautele. Le disposizioni impartite ed il verbale in conseguenza redatto vanno notificati al proprietario dell'ascensore o montacarichi e all'intestatario della licenza di esercizio".
Art. 16. Libretto e targa 1. I verbali dalle verifiche periodiche e straordinarie debbono essere annotati o allegati in apposito libretto che, oltre ai verbali delle verifiche periodiche e straordinarie e agli esiti delle visite di manutenzione, deve contenere copia delle dichiarazioni di conformita' di cui all'articolo 6, e copia delle comunicazioni del proprietario o suo legale rappresentante al competente ufficio comunale, nonche' copia della comunicazione del competente ufficio comunale al proprietario o al suo legale rappresentante relative al numero di matricola assegnato all'impianto. 2. Il proprietario o il suo legale rappresentante assicurano la disponibilita' del libretto all'atto delle verifiche periodiche o straordinarie o nel caso del controllo di cui all'articolo 8, comma 1. 3. In ogni cabina devono esporsi, a cura del proprietario o del suo legale rappresentante, le avvertenze per l'uso e una targa recante le seguenti indicazioni: a) soggetto incaricato di effettuare le verifiche periodiche; b) installatore e numero di fabbricazione; c) numero di matricola; d) portata complessiva in chilogrammi; e) numero massimo di persone.
Art. 17. Divieti 1. E' vietato l'uso degli ascensori e dei montacarichi ai minori di anni 12, non accompagnati da persone di eta' piu' elevata. 2. E', inoltre, vietato l'uso degli ascensori a cabine multiple a moto continuo ai ciechi, alla persone con abolita o diminuita funzionalita' degli arti ed ai minori di dodici anni, anche se accompagnati. 3. Resta fermo il divieto di occupazione dei fanciulli e delle donne minorenni in lavori di manovra degli ascensori, montacarichi ed apparecchi di sollevamento a trazione meccanica, ai sensi della voce 69, della tabella A annessa al regio decreto 7 agosto 1936, n. 1720. Nota all'art. 17: - Il regio decreto 7 agosto 1936, n. 1720, reca: "Approvazione delle tabelle indicanti i lavori per i quali e' vietata l'occupazione dei fanciulli e delle donne minorenni e quelli per i quali ne e' consentita l'occupazione, con le cautele e le condizioni necessarie". Si riporta il testo della voce 69, tabella A: " Tabella A Lavori pericolosi, faticosi ed insalubri per i quali e' vietata l'occupazione delle donne minorenni e dei fanciulli. 69. Manovra degli ascensori, montacarichi ed apparecchi di sollevamento a trazione meccanica".
Art. 18. Norma di rinvio 1. Alle procedure relative all'attivita' di certificazione di cui all'articolo 6 e a quelle finalizzate alla autorizzazione degli organismi di certificazione, alla vigilanza sugli organismi stessi, nonche' all'effettuazione dei controlli sui prodotti, si applicano le disposizioni dell'articolo 47 della legge 6 febbraio 1996, n. 52. Nota all'art. 18: - Si riporta l'art. 47 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - legge comunitaria 1994): "Art. 47 (Procedure di certificazione e/o attestazione finalizzate alla marcatura CE). - 1. Le spese relative alle procedure di certificazione e/o attestazione per l'apposizione della marcatura CE, previste dalla normativa comunitaria, sono a carico del fabbricante o del suo rappresentante stabilito nell'Unione europea. 2. Le spese relative all'autorizzazione degli organismi ad effettuare le procedure di cui al comma 1 sono a carico dei richiedenti. Le spese relative ai successivi controlli sugli organismi autorizzati sono a carico di tutti gli organismi autorizzati per la medesima tipologia dei prodotti. I controlli possono avvenire anche mediante l'esame a campione dei prodotti certificati. 3. I proventi derivanti dalle attivita' di cui al comma 1, se effettuate da organi dell'amministrazione centrale o periferica dello Stato, e dall'attivita' di cui al comma 2, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati, con decreto del Ministro del tesoro, agli stati di previsione dei Ministeri interessati sui capitoli destinati al funzionamento dei servizi preposti, per lo svolgimento delle attivita' di cui ai citati commi e per l'effettuazione dei controlli successivi sul mercato che possono essere effettuati dalle autorita' competenti mediante l'acquisizione temporanea a titolo gratuito dei prodotti presso i produttori, i distributori ed i rivenditori. 4. Con uno o piu' decreti dei Ministri competenti per materia, di concerto con il Ministro del tesoro, sono determinate ed aggiornate, almeno ogni due anni, le tariffe per le attivita' autorizzative di cui al comma 2 e per le attivita' di cui al comma 1 se effettuate da organi dell'amministrazione centrale o periferica dello Stato, sulla base dei costi effettivi dei servizi resi, nonche' le modalita' di riscossione delle tariffe stesse e dei proventi a copertura delle spese relative ai controlli di cui al comma 2. Con gli stessi decreti sono altresi' determinate le modalita' di erogazione dei compensi dovuti, in base alla vigente normativa, al personale dell'amministrazione centrale o periferica dello Stato addetto alle attivita' di cui ai medesimi commi 1 e 2, nonche' le modalita' per l'acquisizione a titolo gratuito e la successiva eventuale restituzione dei prodotti ai fini dei controlli sul mercato effettuati dalle amministrazioni vigilanti nell'ambito dei poteri attribuiti dalla normativa vigente. L'effettuazione dei controlli dei prodotti sul mercato, come disciplinati dal presente comma, non deve comportare ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato. 5. Con l'entrata in vigore dei decreti applicativi del presente articolo, sono abrogate le disposizioni incompatibili emanate in attuazione di direttive comunitarie in materia di certificazione CE. 6. In sede di prima applicazione, il decreto di cui al comma 4 e' emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge".
Art. 19. Norme finali e transitorie 1. Salvo quanto previsto al comma 3, fino alla data del 30 giugno 1999, e' consentito commercializzare e mettere in servizio gli ascensori conformi alle norme vigenti fino alla data di entrata in vigore del presente regolamento. 2. Fino alla data del 30 giugno 1999 si intendono legittimamente commercializzati e messi in servizio i componenti di sicurezza conformi alle normative vigenti fino alla data di entrata in vigore del presente regolamento. 3. Gli impianti che alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono sprovvisti della certificazione CE di conformita' ovvero della licenza di esercizio, di cui all'articolo 6 della legge 24 ottobre 1942, n. 1415, nonche' gli impianti di cui al comma 1, si intendono legittimamente messi in servizio se, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, il proprietario o il suo legale rappresentante trasmettono al competente ufficio comunale l'esito positivo del collaudo effettuato, ai sensi delle norme vigenti fino alla data di entrata in vigore del presente regolamento: a) dagli organismi competenti ai sensi della legge 24 ottobre 1942, n. 1415, e dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL); b) da un organismo di certificazione di cui all'articolo 9; c) dall'installatore avente il proprio sistema di qualita' certificato, ai sensi del presente regolamento; d) con autocertificazione dell'installatore corredata da perizia giurata di un ingegnere iscritto all'albo. 4. Copia della documentazione di collaudo, ove effettuato dagli organismi di cui al comma 3, lettere b) , c) e d), e' trasmessa, a cura del proprietario o del suo legale rappresentante all'organismo gia' competente per il collaudo di primo impianto ai sensi della legge 24 ottobre 1942, n. 1415, e successive modificazioni e integrazioni.
Nota all'art. 19: - Si riporta il testo dell'art. 6 della citata legge 24 ottobre 1942, n. 1415: "Art. 6. - Il collaudo di primo impianto degli ascensori e dei montacarichi e le ispezioni periodiche, debbono di regola essere eseguite da funzionari del Corpo del genio civile, forniti di laurea in ingegneria, designati di volta in volta dall'ispettore generale compartimentale del Genio civile. Tuttavia il Ministero dei lavori pubblici puo' autorizzare l'Ente nazionale di propaganda per la prevenzione degli infortuni ad eseguire, per tutto il territorio dello Stato o per una parte di tale territorio, a mezzo di ingegneri forniti di laurea dipendenti dall'Ente medesimo e scelti da apposito elenco annualmente approvato dal detto Ministero, le prove di collaudo e le ispezioni degli ascensori e dei montacarichi, esclusi quelli delle amministrazioni statali, e degli stabilimenti industriali e delle aziende agricole. La vigilanza sul servizio di cui al precedente comma e' esercitato dal Ministero dei lavori pubblici. Spetta esclusivamente all'Ispettorato del lavoro di eseguire, a mezzo degli ispettori dipendenti, forniti di laurea in ingegneria, visite ed ispezioni agli ascensori ed ai montacarichi degli stabilimenti industriali ed a quelli delle aziende agricole. Per gli ascensori ed i montacarichi delle amministrazioni statali provvedono, di regola, al collaudo ed alle ispezioni, gli ingegneri del Corpo del genio civile. Le amministrazioni statali che hanno propri ruoli di ingegneri provvedono direttamente per mezzo degli ingeneri dei rispettivi ruoli".
Art. 20. Abrogazioni 1. Salvo quanto previsto all'articolo 19, ai sensi dell'articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogate le seguenti disposizioni: l'articolo 60, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, la legge 24 ottobre 1942, n. 1415, gli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767. Nota all'art. 20: - Si riporta il testo dell'art. 19 della citata legge 15 marzo 1997, n. 59: "Art. 19. - 1. Sui provvedimenti di attuazione delle norme previste dal presente capo aventi riflessi sull'organizzazione del lavoro o sullo stato giuridico dei pubblici dipendenti sono sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative". - Si riporta il testo dell'art. 20, comma 4, della citata legge 15 marzo 1997, n. 59: "4. I regolamenti entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Con effetto dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge, regolatrici dei procedimenti".
Art. 21. Entrata in vigore 1. Ai sensi dell'articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, come modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge 8 marzo 1999, n. 50, il presente regolamento entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il presente decreto, munito dei sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Nota all'art. 21: - Si riporta il testo dell'art. 2, comma 1, lettera b), della legge 8 marzo 1999, n. 50, che reca: "Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998": " b) al comma 4, la parola: ''sessantesimo'' e' sostituita dalla seguente: ''quindicesimo''. Dato a Roma, addi' 30 aprile 1999 SCALFARO D'Alema, Presidente del Consiglio dei Ministri Letta, Ministro per le politiche comunitarie Piazza, Ministro per la funzione pubblica Bersani, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato Bellillo, Ministro per gli affari regionali Bindi, Ministro della sanita' Bassolino, Ministro del lavoro e della previdenza sociale Visto, il Guardasigilli: Diliberto Registrato alla Corte dei conti il 4 giugno 1999 Atti di Governo, registro n. 116, foglio n. 23
ALLEGATI
(omissis)
Progettazione,
manutenzione ed installazione impianti termici
DPR 21 dicembre 1999, n.551
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 21 dicembre 1999, n.551
(G.U. n. 81 del 06.04.2000)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
(Visto...)
Emana
il seguente regolamento:
Art. 1. - Precisazioni
in ordine alla definizione di temperatura media
1. Al
comma 1 dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, le parole: "dei singoli ambienti degli edifici" sono sostituite
dalle seguenti: "nei diversi ambienti di ogni singola unità immobiliare.".
Art. 2. - Precisazioni
in ordine allo scarico dei fumi
1. Al
comma 9 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, primo capoverso, le parole da: "Gli edifici" a: "UNI 7129" sono
sostituite dalle seguenti: "Gli impianti termici siti negli edifici costituiti
da più unità immobiliari devono essere collegati ad appositi camini, canne
fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti di combustione, con sbocco sopra
il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica
vigente.".
2. Al secondo capoverso del comma 9 dell'articolo 5 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, il periodo da: "Fatte salve"
a: "tetto dell'edificio", e sostituito dal seguente:
"Fatte salve diverse disposizioni normative, ivi comprese quelle contenute
nei regolamenti edilizi locali e loro successive modificazioni, le disposizioni
del presente comma possono non essere applicate in caso di mera sostituzione di
generatori di calore individuali e nei seguenti casi, qualora si adottino
generatori di calore che, per i valori di emissioni nei prodotti della
combustione, appartengano alla classe meno inquinante prevista dalla norma
tecnica UNI EN 297:
singole ristrutturazioni di impianti termici individuali già esistenti,
siti in stabili plurifamiliari, qualora nella versione iniziale non dispongano
già di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della
combustione con sbocco sopra il tetto dell'edificio, funzionali ed idonei o
comunque adeguabili alla applicazione di apparecchi con combustione asservita da
ventilatore;
nuove installazioni di impianti termici individuali in edificio
assoggettato dalla legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di
intervento di tipo conservativo, precedentemente mai dotato di alcun tipo di
impianto termico, a condizione che non esista camino, canna fumaria o sistema di
evacuazione fumi funzionale ed idoneo, o comunque adeguabile allo scopo.".
Art. 3. - Installazione
di generatori di calore e coibentazione degli impianti
1. Il
comma 10 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"10. In tutti i casi di nuova installazione o di ristrutturazione
dell'impianto termico, che comportino l'installazione di generatori di calore
individuali che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 90/396/CEE
del 29 giugno 1990, è prescritto l'impiego di generatori muniti di marcatura CE.
In ogni caso i generatori di calore di tipo B1 (secondo classificazione della
norma tecnica UNI-CIG 7129) installati all'interno di locali abitati devono
essere muniti all'origine di un dispositivo di sicurezza dello scarico dei
prodotti della combustione, secondo quanto indicato nella norma tecnica UNI-CIG
EN 297 del 1996. Al fine di garantire una adeguata ventilazione, nel caso di
installazione di generatori di tipo B1 in locali abitati, dovrà essere
realizzata, secondo le modalità previste al punto 3.2.1 della norma tecnica
UNI-CIG 7129, apposita apertura di sezione libera totale non inferiore a 0,4
metri quadrati.".
2. Al penultimo periodo del comma 11, dell'articolo 5, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, dopo le parole: "quelli da
costruzione" sono inserite le seguenti: ", tenendo conto in particolare della
permeabilità al vapore dello strato isolante, delle condizioni termoigrometriche
dell'ambiente, della temperatura del fluido termovettore.".
Art. 4. - Rendimento
minimo dei generatori di calore
1. Il
comma l dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"1. Negli impianti termici di nuova installazione, nella ristrutturazione
degli impianti termici nonché nella sostituzione di generatori di calore, i
generatori di calore ad acqua calda di potenza nominale utile pari o inferiore a
400 kW devono avere un "rendimento termico utile" conforme a quanto prescritto
dal decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 660. l
generatori ad acqua calda di potenza superiore devono rispettare i limiti di
rendimento fissati dal medesimo decreto del Presidente della Repubblica per le
caldaie di potenza pari a 400 kW. I generatori di calore ad aria calda devono
avere un "rendimento di combustione" non inferiore ai valori riportati
nell'allegato E al presente decreto.".
Art. 5. -
Termoregolazione e contabilizzazione
1. Al
comma 3 dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è aggiunto il seguente periodo:
"Ai sensi del comma 3 dell'articolo 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10,
gli impianti termici al servizio di edifici di nuova costruzione, la cui
concessione edilizia sia rilasciata dopo il 30 giugno 2000, devono essere dotati
di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del consumo energetico per
ogni singola unità immobiliare.".
Art. 6. -
Responsabilità inerenti l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici
1. Il
comma 1 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"1. L'esercizio e la manutenzione degli impianti termici sono affidati al
proprietario, definito come alla lettera j) dell'articolo 1, comma 1, o per esso
ad un terzo, avente i requisiti definiti alla lettera o) dell'articolo 1, comma
1, che se ne assume la responsabilità. L'eventuale atto di assunzione di
responsabilità da parte del terzo, che lo espone altresì alle sanzioni
amministrative previste dal comma 5 dell'articolo 34 della legge 9 gennaio 1991,
n. 10, deve essere redatto in forma scritta e consegnato al proprietario. Il
terzo eventualmente incaricato, non può delegare ad altri le responsabilità
assunte, e può ricorrere solo occasionalmente al subappalto delle attività di
sua competenza, fermo restando il rispetto della legge 5 marzo 1990 n. 46, per
le attività di manutenzione straordinaria, e ferma restando la propria diretta
responsabilità ai sensi degli articoli 1667 e seguenti del codice civile. Il
ruolo di terzo responsabile di un impianto è incompatibile con il ruolo di
fornitore di energia per il medesimo impianto, a meno che la fornitura sia
effettuata nell'ambito di un contratto servizio energia, con modalità definite
con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di
concerto con il Ministro delle finanze.".
Art. 7. - Ulteriori
requisiti del terzo responsabile
1. Il
comma 3 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"3. Nel caso di impianti termici con potenza nominale al focolare superiore
a 350 kW, ferma restando la normativa vigente in materia di appalti pubblici, il
possesso dei requisiti richiesti al "terzo responsabile dell'esercizio e della
manutenzione dell'impianto termico è dimostrato mediante l'iscrizione ad albi
nazionali tenuti dalla pubblica amministrazione e pertinenti per categoria
quali, ad esempio, l'albo nazionale dei costruttori - categoria gestione e
manutenzione degli impianti termici di ventilazione e condizionamento, oppure
mediante l'iscrizione ad elenchi equivalenti dell'Unione europea, oppure
mediante certificazione del soggetto, ai sensi delle norme UNI EN ISO della
serie 9.000, per l'attività di gestione e manutenzione degli impianti termici,
da parte di un organismo accreditato e riconosciuto a livello italiano o
europeo. In ogni caso il terzo responsabile o il responsabile tecnico preposto
deve possedere conoscenze tecniche adeguate alla complessità dell'impianto o
degli impianti a lui affidati.".
Art. 8. - Controllo
tecnico periodico e manutenzione
1. Il
comma 4 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dai seguenti:
"4. Le operazioni di controllo ed eventuale manutenzione dell'impianto
termico devono essere eseguite conformemente alle istruzioni tecniche per la
regolazione, l'uso e la manutenzione elaborate dal costruttore dell'impianto.
Qualora non siano disponibili le istruzioni del costruttore, le operazioni
di controllo ed eventuale manutenzione degli apparecchi e dei dispositivi
facenti parte dell'impianto termico devono essere eseguite conformemente alle
istruzioni tecniche elaborate dal fabbricante ai sensi della normativa vigente,
mentre le operazioni di controllo e manutenzione delle restanti parti
dell'impianto termico e degli apparecchi e dispositivi per i quali non siano
disponibili le istruzioni del fabbricante relative allo specifico modello,
devono essere eseguite secondo le prescrizioni e con la periodicità prevista
dalle vigenti normative UNI e CEI per lo specifico elemento o tipo di
apparecchio o dispositivo. In mancanza di tali specifiche indicazioni, i
controlli di cui all'allegato H devono essere effettuati almeno una volta
l'anno, fermo restando quanto stabilito ai commi 12 e 13.
4-bis. Al termine delle operazioni di controllo e manutenzione
dell'impianto, l'operatore ha l'obbligo di redigere e sottoscrivere un rapporto
da rilasciare al responsabile dell'impianto, che deve sottoscriverne copia per
ricevuta.
L'originale del rapporto sarà da questi conservato ed allegato al libretto
di cui al comma 9. Nel caso di impianti di riscaldamento unifamiliari, di
potenza nominale del focolare inferiore a 35 kW, il rapporto di controllo e
manutenzione dovrà essere redatto e sottoscritto conformemente al modello di cui
all'allegato H al presente decreto. Tale modello potrà essere modificato ed
aggiornato, anche in relazione al progresso della tecnica ed all'evoluzione
della normativa nazionale o comunitaria, dal Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, con proprio decreto o mediante approvazione di
specifiche norme tecniche UNI. Con la medesima procedura potranno essere
adottati modelli standard per altre tipologie di impianto.".
Art. 9. - Comunicazione
del terzo responsabile all'ente locale competente
Il
comma 6 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"6. Il terzo eventualmente nominato responsabile dell'esercizio e della
manutenzione dell'impianto termico comunica entro sessanta giorni la propria
nomina all'ente locale competente per i controlli previsti al comma 3
dell'articolo 31 della legge 9 gennaio 1991, n. 10. Al medesimo ente il terzo
responsabile comunica immediatamente eventuali revoche o dimissioni
dall'incarico, nonché eventuali variazioni sia di consistenza che di titolarità
dell'impianto.".
Art. 10. - Affidamento
delle operazioni di controllo e manutenzione e delega delle responsabilità 1. Il
comma 8 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"8. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, ove
non possieda i requisiti necessari o non intenda provvedere direttamente, affida
le operazioni di cui al comma 4 a soggetti abilitati alla manutenzione
straordinaria degli impianti di cui alla lettera c) dell'articolo 1, comma 1,
della legge 5 marzo 1990, n. 46. Nel caso di impianti termici a gas il soggetto
deve essere abilitato anche per gli impianti di cui all'articolo 1, comma 1,
lettera e) della medesima legge 5 marzo 1990, n. 46. Nel caso di impianti
termici unifamiliari con potenza nominale del focolare inferiore a 35 kW, la
figura del responsabile dell'esercizio e della manutenzione si identifica con
l'occupante che può, con le modalità di cui al comma 1, delegarne i compiti al
soggetto cui è affidata con continuità la manutenzione dell'impianto, che assume
pertanto il ruolo di terzo responsabile, fermo restando che l'occupante stesso
mantiene in maniera esclusiva le responsabilità di cui al comma 7.
Al termine dell'occupazione è fatto obbligo all'occupante di consegnare al
proprietario o al subentrante il "libretto di impianto prescritto al comma 9,
debitamente aggiornato, con gli eventuali allegati.".
Art. 11. - Compilazione
dei libretti di centrale e d'impianto
1. Il
comma 11 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"11. La compilazione iniziale del libretto nel caso di impianti termici di
nuova installazione sottoposti a ristrutturazione, e per impianti termici
individuali anche in caso di sostituzione dei generatori di calore, deve essere
effettuata all'atto della prima messa in servizio, previo rilevamento dei
parametri di combustione, dalla ditta installatrice che, avendo completato i
lavori di realizzazione dell'impianto termico, è in grado di verificarne la
sicurezza e funzionalità nel suo complesso, ed è tenuta a rilasciare la
dichiarazione di conformità di cui all'articolo 9 della legge 5 marzo 1990, n.
46, comprensiva, se del caso, dei riferimenti di cui alla nota 7 del modello di
dichiarazione allegato al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato 20 febbraio 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del
28 febbraio 1992. Copia della scheda identificativa dell'impianto contenuta nel
libretto, firmata dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione, dovrà
essere inviata all'ente competente per i controlli di cui al comma 18. La
compilazione iniziale del libretto, previo rilevamento dei parametri di
combustione, per impianti esistenti all'atto dell'entrata in vigore del presente
regolamento nonché la compilazione per le verifiche periodiche previste dal
presente regolamento è effettuata dal responsabile dell'esercizio e della
manutenzione dell'impianto termico. Il libretto di centrale ed il libretto di
impianto devono essere conservati presso l'edificio o l'unità immobiliare in cui
è collocato l'impianto termico. In caso di nomina del terzo responsabile e
successiva rescissione contrattuale, il terzo responsabile è tenuto a consegnare
al proprietario o all'eventuale terzo responsabile subentrante l'originale del
libretto, ed eventuali allegati, il tutto debitamente aggiornato.".
Art. 12.- Rendimento
minimo di combustione in opera
1. Il
comma 14 dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"14. Il rendimento di combustione, rilevato nel corso delle verifiche di
cui ai commi 12 e 13, misurato alla massima potenza termica effettiva del
focolare nelle condizioni di normale funzionamento, in conformità alle vigenti
norme tecniche UNI, deve risultare:
a) per i generatori di calore ad acqua calda installati antecedentemente al
29 ottobre 1993, non inferiore di tre punti percentuali rispetto al valore
minimo del rendimento termico utile alla potenza nominale previsto ai sensi
dell'articolo 6 per caldaie standard della medesima potenza;
b) per i generatori di calore ad acqua calda installati a partire dal 29
ottobre 1993, non inferiore al valore minimo del rendimento termico utile alla
potenza nominale previsto ai sensi dell'articolo 6 del presente decreto per
caldaie standard della medesima potenza;
c) per generatori di calore ad aria calda installati antecedentemente al 29
ottobre 1993, non inferiore a sei punti percentuali rispetto al valore minimo
del rendimento di combustione alla potenza nominale indicato all'allegato E;
d) per generatori di calore ad aria calda installati a partire dal 29
ottobre 1993, non inferiore a tre punti percentuali rispetto al valore minimo
del rendimento di combustione alla potenza nominale indicato all'allegato E.".
Art. 13. - Controlli
degli enti locali
1. Il
comma 18 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"18. Ai sensi dell'art. 31, comma 3 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, i
comuni con più di quarantamila abitanti e le province per la restante parte del
territorio, in un quadro di azioni che vedano l'Ente locale promuovere la tutela
degli interessi degli utenti e dei consumatori, ivi comprese informazione,
sensibilizzazione ed assistenza all'utenza, effettuano, con cadenza almeno
biennale e con onere a carico degli utenti ed anche avvalendosi di organismi
esterni aventi specifica competenza tecnica, i controlli necessari ad accertare
l'effettivo stato di manutenzione e di esercizio dell'impianto termico. I
risultati dei controlli eseguiti sugli impianti termici devono essere allegati
al libretto di centrale o al libretto di impianto di cui al comma 9, annotando i
riferimenti negli spazi appositamente previsti. Entro il 31 dicembre 2000 gli
enti di cui sopra inviano alla regione di appartenenza, e per conoscenza al
Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, una relazione sulle
caratteristiche e sullo stato di efficienza e manutenzione degli impianti
termici nel territorio di propria competenza, con particolare riferimento alle
risultanze dei controlli effettuati nell'ultimo biennio. La relazione sarà
aggiornata con frequenza biennale.".
Art. 14. - Controlli
degli enti locali attraverso organismi esterni
1. Il
comma 19 dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"19. In caso di affidamento ad organismi esterni dei controlli di cui al
comma 18, i comuni e le province competenti dovranno stipulare con detti
organismi apposite convenzioni, previo accertamento che gli stessi soddisfino,
con riferimento alla specifica attività prevista, i requisiti minimi di cui
all'allegato I al presente decreto. L'ENEA, nell'ambito dell'accordo di
programma con il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato di
cui all'articolo 3 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, o su specifica commessa,
fornisce agli enti locali che ne facciano richiesta assistenza per
l'accertamento dell'idoneità tecnica dei predetti organismi.".
Art. 15. - Procedura di
verifica e controllo per impianti unifamiliari
1. Il
comma 20 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
1993, n. 412, è sostituito dal seguente:
"20. Limitatamente agli impianti di potenza nominale del focolare inferiore
a 35 kW, gli enti di cui al comma 18 possono, nell'ambito della propria
autonomia, con provvedimento reso noto alle popolazioni interessate, al
Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e all'ENEA, stabilire
che i controlli si intendano effettuati nei casi in cui i manutentori degli
impianti termici o i terzi responsabili dell'esercizio e manutenzione o i
proprietari degli stessi trasmettano, con le modalità ed entro i termini
stabiliti dal provvedimento medesimo, apposita dichiarazione, redatta secondo il
modello di cui all'allegato H, con timbro e firma del terzo responsabile o
dell'operatore, nel caso la prima figura non esista per l'impianto specifico, e
con connessa assunzione di responsabilità, attestante il rispetto delle norme
del presente regolamento, con particolare riferimento ai risultati dell'ultima
delle verifiche periodiche di cui al comma 12. Gli enti di cui al comma 18
possono altresì stabilire, per manutentori e terzi responsabili, l'obbligo di
consegna periodica delle dichiarazioni di cui sopra su supporto informatico
standardizzato. Gli enti, qualora ricorrano alla forma di verifica prevista al
presente comma, devono comunque effettuare annualmente controlli tecnici a
campione su almeno il 5% degli impianti di potenza nominale del focolare
inferiore a 35 kW esistenti sul territorio, scegliendoli tra quelli per i quali
sia pervenuta nell'ultimo biennio la dichiarazione di avvenuta manutenzione, ai
fini del riscontro della veridicità della dichiarazione stessa, provvedendo
altresì ad effettuare, nei termini previsti dall'articolo 31, comma 3, della
legge 9 gennaio 1991, n. 10, i controlli su tutti gli impianti termici per i
quali la dichiarazione di cui sopra risulti omessa o si evidenzino comunque
situazioni di non conformità alle norme vigenti. Gli enti locali, al fine di
massimizzare l'efficacia della propria azione, possono programmare i predetti
controlli a campione dando priorità agli impianti più vecchi o per i quali si
abbia comunque una indicazione di maggiore criticità, avendo peraltro cura di
predisporre il campione in modo da evitare distorsioni di mercato. In conformità
al principio stabilito dal comma 3, articolo 31, della legge 9 gennaio 1991, n.
10, gli oneri per la effettuazione dei controlli a campione sono posti a carico
di tutti gli utenti che presentino detta dichiarazione, con opportune procedure
definite da ciascun ente locale nell'ambito della propria autonomia.".
Art. 16. - Competenza
delle regioni
1. Le
disposizioni di cui ai commi 18, 19 e 20 dell'articolo 11 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, si applicano fino
all'adozione dei provvedimenti di competenza delle regioni, ai sensi
dell'articolo 30, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Nell'ambito delle funzioni di coordinamento ed assistenza agli enti locali ivi
previste, le regioni promuovono altresì, nel rispetto delle rispettive
competenze, l'adozione di strumenti di raccordo che consentano la collaborazione
e l'azione coordinata tra i diversi enti ed organi preposti, per i diversi
aspetti, alla vigilanza sugli impianti termici.
Art. 17. - Istituzione
o completamento del catasto degli impianti termici
1. Al
fine di costituire il catasto degli impianti o di completare quello già
esistente all'atto della data di entrata in vigore del presente decreto, gli
Enti locali competenti possono richiedere alle società distributrici di
combustibile per il funzionamento degli impianti di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, che sono tenute a provvedere
entro 90 giorni, di comunicare l'ubicazione e la titolarità degli impianti da
esse riforniti nel corso degli ultimi dodici mesi; i comuni trasmettono i
suddetti dati alla provincia ed alla regione, anche in via informatica.
Art. 18. - Allegati
1. Al
decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, dopo l'allegato
G, sono inseriti gli allegati H ed I al presente decreto.
Il punto 1 dell'allegato E del decreto del Presidente della Repubblica 26
agosto 1993, n. 412, è soppresso.
Art. 19. - Norma
transitoria
1. Le
attività di verifica ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 9 gennaio
1991, n. 10, avviate prima della data di entrata in vigore del presente decreto
conservano la loro validità e possono essere portate a compimento secondo la
normativa preesistente.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Regolamento recante
norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli
impianti termici degli edifici ai
Decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 242, del 14 ottobre 1993
Art. 1
Definizioni
Art. 2
Art. 3
Classificazione generale degli edifici per categorie
E.1
Edifici adibiti a residenza e assimilabili:
E.2
Edifici adibiti a uffici e assimilabili: pubblici o privati, indipendenti o contigui a costruzioni adibite anche ad attività industriali o artigianali, purché siano da tali costruzioni scorporabili agli effetti dell’isolamento termico;
E.3
Edifici adibiti a ospedali, cliniche o case di cura e assimilabili: ivi compresi quelli adibiti a ricovero o cura di minori o anziani nonché le strutture protette per l’assistenza ed il recupero dei tossico-dipendenti e di altri soggetti affidati a servizi sociali pubblici;
E.4
Edifici adibiti ad attività ricreative, associative o di culto e assimilabili:
E.5
Edifici adibiti ad attività commerciali e assimilabili: quali negozi, magazzini di vendita all’ingrosso o al minuto, supermercati, esposizioni;
E.6
Edifici adibiti ad attività sportive:
E.7
Edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili;
E.8
Edifici adibiti ad attività industriali ed artigianali e assimilabili.
Art. 4
Valori massimi della temperatura ambiente
Art. 5
Requisiti e dimensionamento degli impianti termici
Art. 6
Rendimento minimo dei generatori di calore
Art. 7
Termoregolazione e contabilizzazione
Art. 8
Valori limite del fabbisogno energetico normalizzato per la climatizzazione
invernale
Art. 9
Limiti di esercizio degli impianti termici
Al di fuori di tali periodi gli impianti termici possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l’esercizio e comunque con una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita a pieno regime.
a. agli edifici rientranti nella categoria E.3;
b. alle sedi delle rappresentanze diplomatiche e di organizzazioni internazionali, che non siano ubicate in stabili condominiali;
c. agli edifici rientranti nella categoria E.7, solo se adibiti a scuole materne e asili nido;
d. agli edifici rientranti nella categoria E.1 (3), adibiti ad alberghi, pensioni ed attività assimilabili;
e. agli edifici rientranti nella categoria E.6 (1), adibiti a piscine saune e assimilabili;
f. agli edifici rientranti nella categoria E.8, nei casi in cui ostino esigenze tecnologiche o di produzione.
. edifici rientranti nella categoria E.2 ed E.5, limitatamente alle parti adibite a servizi senza interruzione giornaliera delle attività;
a. impianti termici che utilizzano calore proveniente da centrali di cogenerazione con produzione combinata di elettricità e calore;
b. impianti termici che utilizzano sistemi di riscaldamento di tipo a pannelli radianti incassati nell’opera muraria;
c. impianti termici al servizio di uno o più edifici dotati di circuito primario, al solo fine di alimentare gli edifici di cui alle deroghe previste al comma 5, di produrre acqua calda per usi igienici e sanitari, nonché al fine di mantenere la temperatura dell’acqua nel circuito primario al valore necessario a garantire il funzionamento dei circuiti secondari nei tempi previsti;
d. impianti termici centralizzati di qualsivoglia potenza, dotati di apparecchi per la produzione di calore aventi valori minimi di rendimento non inferiori a quelli richiesti per i generatori di calore installati dopo l’entrata in vigore del presente regolamento e dotati di gruppo termoregolatore pilotato da una sonda di rilevamento della temperatura esterna con programmatore che consenta la regolazione almeno su due livelli della temperatura ambiente nell’arco delle 24 ore; questi impianti possono essere condotto in esercizio continuo purché il programmatore giornaliero venga tarato e sigillato per il raggiungimento di una temperatura degli ambienti pari a 16 gradi centigradi + 2 gradi centigradi di tolleranza nelle ore al di fuori della durata giornaliera di attivazione di cui al comma 2 del presente articolo;
e. impianti termici centralizzati di qualsivoglia potenza, dotati di apparecchi per la produzione di calore aventi valori minimi di rendimento non inferiori a quelli richiesti per i generatori di calore installati dopo l’entrata in vigore del presente regolamento e nei quali sia installato e funzionante, in ogni singola unità immobiliare, un sistema di contabilizzazione del calore ed un sistema di termoregolazione della temperatura ambiente dell’unità immobiliare stessa dotato di un programmatore che consenta la regolazione almeno su due livelli di detta temperatura nell’arco delle 24 ore;
f. impianti termici per singole unità immobiliari dotati di apparecchi per la produzione di calore aventi valori minimi di rendimento non inferiori a quelli richiesti per i generatori di calore installati dopo l’entrata in vigore del presente regolamento e dotati di un sistema di termoregolazione della temperatura ambiente con programmatore giornaliero che consenta la regolazione di detta temperatura almeno su due livelli nell’arco delle 24 ore nonché lo spegnimento del generatore di calore sulla base delle necessità dell’utente;
g. impianti termici condotti mediante ‘contratti di servizio energia’ i cui corrispettivi siano essenzialmente correlati al raggiungimento del comfort ambientale nei limiti consentiti dal presente regolamento, purché si provveda, durante le ore al di fuori della durata di attivazione degli impianti consentita dal comma 2 ad attenuare la potenza erogata dall’impianto nei limiti indicati alla lettera e).
. l’indicazione del periodo annuale di esercizio dell’impianto termico e dell’orario di attivazione giornaliera prescelto nei limiti di quanto disposto dal presente articolo;
a. le generalità e il domicilio del soggetto responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto termico.
Art. 10
Facoltà delle Amministrazioni comunali in merito ai limiti di esercizio degli
impianti termici
Art. 11
Esercizio e manutenzione degli impianti termici e controlli relativi
Art. 12
Entrata in vigore
si omettono gli allegati
Impianto ed esercizio
di ascensori e montacarichi in servizio privato
L. 24 Ottobre 1942, n. 1415
(In G.U. n. 297 del 16 dicembre 1942)
Art. 1:
1.Sono soggetti alle prescrizioni della presente legge tutti gli
ascensori e montacarichi compresi nelle seguenti categorie, installati in
edifici pubblici o privati, a scopi e ad usi privati, anche se accessibili al
pubblico:
2.Le
norme della presente legge non si applicano agli ascensori ed ai montacarichi
per miniere e per navi, a quelli con corsa inferiore a metri due, agli
apparecchi di sollevamento a trazione funicolare, scorrevoli su guide inclinate
ed agli ascensori in servizio pubblico.
3.Sono considerati in servizio pubblico gli ascensori destinati ad un
servizio pubblico di trasporto, ed in particolare quelli che fanno parte
integrante di ferrovie di tram o funivie e quelli destinati a facilitare
comunicazioni con centri abitati o con stazioni ferroviarie o tramviarie.
Art. 2:
1.Nessun ascensore o montacarichi può essere impiantato e tenuto in
esercizio senza preventiva licenza del prefetto da rilasciarsi a persona fisica
determinata.
2.La licenza di impianto è rilasciata in seguito all'esame del relativo
progetto costruttivo e con le modalità stabilite nel regolamento.
3.La licenza di esercizio è concessa in seguito a collaudo dell'impianto
e deve essere rinnovata ogni anno per gli ascensori di cat. A, B, ed E, ogni due
anni per i montacarichi di cat. C ed ogni quattro anni per i montacarichi di
cat. D.
Art. 3:
1.Ogni ascensore di cat. A, B ed E deve essere ispezionato una volta
all'anno per accertare lo stato di conservazione dell'impianto ed il suo normale
funzionamento.
2.I montacarichi di cat. C devono essere ispezionati ogni due anni e
quelli di cat. D ogni quattro anni. Il rinnovo della licenza, ai sensi
dell'ultimo comma dell'art. 2, è subordinato all'esito favorevole delle
ispezioni periodiche anzicennate.
3.É in facoltà del prefetto di ordine in ogni tempo, quando lo ritenga
opportuno, ispezioni straordinarie agli ascensori o ai montacarichi in
esercizio.
4.Il proprietario dello stabile in cui è impiantato l'ascensore o il
montacarichi è tenuto a richiedere una ispezione straordinaria ogni qualvolta
apporti modificazioni all'impianto, oppure quando, per importanti riparazioni
degli organi di sollevamento o di sicurezza, l'ascensore o il montacarichi sia
stato messo temporaneamente fuori servizio.
5.In caso di incidenti di notevole importanza, anche se non siano seguiti
da infortunio, deve essere immediatamente sospeso l'esercizio dell'ascensore in
attesa delle disposizioni dell'organo incaricato delle ispezioni, al quale il
proprietario deve dare immediata notizia dell'incidente.
Art. 4:
1.Il proprietario è tenuto a fornire i mezzi e gli aiuti indispensabili
perché siano eseguiti il collaudo di primo impianto e le successive ispezioni.
2.Il verbale del collaudo di primo impianto, la licenza prefettizia di
esercizio ed i verbali debbono essere annotati su apposito libretto, conforme al
modello determinato dal regolamento.
3.Su ogni cabina dell'ascensore o del montacarichi deve applicarsi, a
cura del proprietario, una targa dalla quale risulti il numero di matricola
corrispondente a quello indicato sul libretto.
4.La spesa per il libretto e per la targa è a carico del proprietario.
Art. 5:
1.Il proprietario è tenuto ad affidare la manutenzione di tutto il
sistema dell'ascensore o del montacarichi a persona munita di certificato di
abilitazione o a ditta specializzata, la quale deve provvedere a mezzo di
personale abilitato.
2.Il certificato di abilitazione è rilasciato dal prefetto, in seguito
all'esito favorevole di una prova teorico-pratica, da sostenersi dinnanzi ad
apposita Commissione esaminatrice, in conformità delle norme stabilite dal
regolamento.
Art. 6:
1.Il collaudo di primo impianto degli ascensori e dei montacarichi e le
ispezioni periodiche, debbono di regola essere eseguite da funzionari del Corpo
del genio civile, forniti di laurea in ingegneria, designati di volta in volta
dall'ispettore generale compartimentale del genio civile.
2.Tuttavia il Ministero dei lavori pubblici può autorizzare l'ente
nazionale di propaganda per la prevenzione degli infortuni ad eseguire, per
tutto il territorio dello Stato o per una parte di tale territorio, a mezzo di
ingegneri forniti di laurea dipendenti dall'ente medesimo e scelti da apposito
elenco annualmente approvato dal detto Ministero, le prove di collaudo e le
ispezioni degli ascensori e dei montacarichi, esclusi quelli delle
Amministrazioni statali, e degli stabilimenti industriali e delle aziende
agricole.
3.La vigilanza sul servizio di cui al precedente comma è esercitato dal
Ministero dei lavori pubblici.
4.Spetta esclusivamente all'Ispettorato del lavoro di eseguire, a mezzo
degli ispettori dipendenti, forniti di laurea in ingegneria, visite ed ispezioni
agli ascensori ed ai montacarichi degli stabilimenti industriali ed a quelli
delle aziende agricole.
5.Per gli ascensori ed i montacarichi delle Amministrazioni statali
provvedono, di regola, al collaudo ed alle ispezioni, gli ingegneri del Corpo
del genio civile.
6.Le Amministrazioni statali che hanno propri ruoli di ingegneri
provvedono direttamente, per mezzo degli ingegneri dei rispettivi ruoli.
Art. 7:
1.La licenza per l'impianto degli ascensori e dei montacarichi e la
licenza di esercizio sono soggette alle tasse stabilite dalla tabella A),
annessa alla presente legge, le quali sostituiscono quelle contenute nel n. 3413
della tabella di cui all'art. 4 del R.D.L. 29 dicembre 1926, n. 2191, convertito
con modificazioni nella legge 5 febbraio 1928, n. 188.
2.Le licenze di impianto e di esercizio degli ascensori e dei
montacarichi in stabilimenti industriali destinati alla trasformazione o
lavorazione delle materie prime sono esenti dalle tasse di concessione
governativa.
3.Sono del pari esenti dalle tasse di licenza di impianto e di esercizio
gli ascensori ed i montacarichi impiantati in edifici in uso nelle
amministrazioni dello Stato, gli ascensori ed i montacarichi degli istituti di
assistenza ospedaliera, destinati al servizio degli ammalati ed al trasporto dei
feretri, quelli degli altri istituti pubblici di assistenza e beneficenza,
destinati al servizio dei ricoverati, e quelli impiantati in edifici adibiti
come sede di Uffici dell'opera nazionale per la protezione ed assistenza ai
mutilati ed agli invalidi di guerra.
4.Il pagamento della tassa di licenza per l'esercizio degli ascensori e
dei montacarichi è annuale.
5.Chi omette o ritarda il pagamento delle tasse di licenza è soggetto
alla pena pecuniaria da un minimo pari al doppio della tassa dovuta sino ad un
massimo pari al quadruplo della tassa medesima.
Art. 8:
1.Per il collaudo di primo impianto e per le ispezioni periodiche o
straordinarie, eseguite da funzionari del Corpo del genio civile, spettano
all'erario, al quale vanno versate anticipatamente dal proprietario dello
stabile ove è impiantato l'ascensore od il montacarichi, escluse le
amministrazioni dello Stato, le contribuzioni stabilite dalla tabella B) annessa
alla presente legge.
2.Le stesse contribuzioni sono dovute per i collaudi e le ispezioni
eseguite, a norma del precedente art. 6, dagli ispettori dell'Ispettorato del
lavoro.
3.Per i collaudi e le ispezioni eseguite dagli ingegneri dell'ente
nazionale di propaganda per la prevenzione degli infortuni sono dovute all'ente
le contribuzioni fissate nel regolamento dell'ente medesimo, nella misura che
sarà approvata con decreto del Ministro per i lavori pubblici e comunque non
eccedente quella stabilita dalla sopraindicata tabella B).
Art. 9:
1.È vietato l'uso degli ascensori e dei montacarichi ai minori di anni
12, non accompagnati da persone di età più elevata.
2.É inoltre vietato l'uso degli ascensori a cabine multiple a moto
continuo ai ciechi, alle persone con abolita o diminuita funzionalità degli arti
ed ai minori di 12 anni, anche se accompagnati.
3.Resta fermo il divieto di occupazione dei fanciulli e delle donne
minorenni in lavori di manovra degli ascensori, montacarichi ed apparecchi di
sollevamento a trazione meccanica, ai sensi della voce 69, tabella A) annessa al
R.D. 7 agosto 1936, n. 1720.
Art. 10:
1.Per la costruzione, l'impianto, il collaudo e l'esercizio degli
ascensori e dei montacarichi in servizio privato, previsti nell'art. 1 della
presente legge, si applicano le norme emanate ai termini dell'art. 18 del R.D.L.
25 giugno 1937, n. 1114 convertito nella legge 11 aprile 1938, n. 569, e
dell'articolo unico del R.D.L. 5 settembre 1938, n. 1787 convertito nella legge
5 gennaio 1939, n. 388.
Art. 11:
1.Chiunque impianti o tenga in esercizio un ascensore od un montacarichi
senza la licenza del prefetto è punito con l'arresto sino a tre mesi o l'ammenda
sino a lire seicentomila.
2.Se la licenza sia stata negata, revocata o sospesa, le pene
dell'arresto e della ammenda si applicano congiuntamente.
3.Qualora non si osservino, per l'esercizio e la manutenzione
dell'ascensore o del montacarichi le prescrizioni della presente legge la pena è
dell'arresto sino a due mesi o dell'ammenda sino a lire quattrocentomila.
Art. 12:
1.Le norme di esecuzione della presente legge saranno emanate a norma
dell'art. 1, n. 1, della legge 31 gennaio 1926, n. 100, su proposta del Ministro
per i lavori pubblici, di intesa con quelli per l'interno, per le finanze, per
la comunicazione e per le corporazioni, sentito anche il parere del Consiglio
nazionale delle ricerche.
Disposizioni in materia
di parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno
di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto.
DECRETO 22 novembre 2002
IL MINISTRO DELL'INTERNO
Vista la legge 27 dicembre 1941, n. 1570; Visto l'art. 1 della legge 13 maggio
1961, n. 469; Visto l'art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 966; Visto il
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, ed
in particolare gli articoli 3 e 11; Visto il proprio decreto 1 febbraio 1986
recante "Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l'esercizio di
autorimesse e simili";
Vista la serie 01 di emendamenti al regolamento ECE/ONU n. 67 recante
"Prescrizioni uniformi relative alla approvazione di dispositivi di
alimentazione dei veicoli a propulsione gas di petrolio liquefatto, ed alla
omologazione di veicoli per cio' che concerne l'installazione di impianti gas di
petrolio liquefatto";
Viste le circolari del Ministero dei trasporti e della navigazione n. 82/1999
del 25 novembre 1999 e n. 63/2000, relative, rispettivamente, all'entrata in
vigore della serie 01 di emendamenti al regolamento ECE/ONU n. 67 ed al
differimento al 1 gennaio 2001 della data di applicazione obbligatoria in ambito
nazionale;
Ritenuto di dover disciplinare, nelle more di un aggiornamento della vigente
normativa di sicurezza antincendio per le autorimesse, il parcamento di
autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse
in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto;
Acquisito il parere espresso dal Comitato centrale tecnico scientifico per la
prevenzione incendi di cui all'art. 10 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, sulla base dell'attivita' di sperimentazione
e dei documenti di analisi del rischio sviluppati per l'occasione;
Decreta:
Art. 1.
Parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di
autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto
1. Il parcamento degli autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto con
impianto dotato di sistema di sicurezza conforme al regolamento ECE/ONU 67-01 e'
consentito nei piani fuori terra ed al
primo piano interrato delle autorimesse, anche se organizzate su piu' piani
interrati.
2. Le definizioni di piano interrato e di piano fuori terra sono riportate nel
punto 1.1.1 dell'allegato al decreto ministeriale 1 febbraio 1986,
rispettivamente alla lettera a) ed al primo periodo della lettera b).
Art. 2.
Condizioni di sicurezza delle autorimesse
1. Le autorimesse di cui al precedente art. 1 sono conformi al decreto
ministeriale 1 febbraio 1986. Nel caso di autorimesse soggette ai controlli di
prevenzione incendi e' richiesto il rispetto delle procedure di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37.
2. All'ingresso dell'autorimessa e' installata cartellonistica idonea a
segnalare gli eventuali divieti derivanti dalle limitazioni al parcamento di
autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto di cui al precedente art. 1.
Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Roma, 22 novembre 2002
Il Ministro: Pisanu
Modifiche ed
integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
recante testo unico delle disposizioni legislative e regolame
Decreto Legislativo 27 dicembre 2002, n. 301
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio 2003
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visti gli articoli 14 e 16 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visti gli articoli 14, 16, 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;
Vista la legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni;
Vista la legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Visto il decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94, e successive modificazioni;
Visto il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, e successive modificazioni;
Visto il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
Visto il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni;
Vista la legge 5 novembre 1971, n. 1086, e successive modificazioni;
Vista la legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modificazioni;
Vista la legge 9 gennaio 1989, n. 13, e successive modificazioni;
Visto l'articolo 24 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni;
Vista la legge 5 marzo 1990, n. 46, e successive modificazioni;
Visto il decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 378;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 379;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
Vista la legge 21 dicembre 2001, n. 443, cosi' come modificata dalla legge 1 agosto 2002, n. 166;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 dicembre 2002;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 dicembre 2002;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
1.
Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 3, comma 1, lettera d), le parole: "successiva
fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di
sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente" sono sostituite
dalle seguenti: "ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello
preesistente";
b) all'articolo 10, comma 1, lettera c), dopo le parole: "ristrutturazione edilizia" sono inserite le seguenti: "che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e";
c) all'articolo 16, comma 2, secondo periodo, dopo le parole: "opere di urbanizzazione" sono inserite le seguenti: ", nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni,";
d)
all'articolo 20, dopo il comma 10 e' aggiunto il seguente:
"10-bis. Il termine per il rilascio del permesso di costruire per gli
interventi di cui all'articolo 22, comma 7, e' di sessanta giorni dalla data di
presentazione della domanda.";
e)
l'articolo 22 e' sostituito dal seguente:
"Art. 22 (L) (Interventi subordinati a denuncia di inizio attivita). -
1. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attivita' gli interventi
non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6, che siano
conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e
della disciplina urbanistico-edilizia vigente.
2. Sono, altresi', realizzabili mediante denuncia di inizio attivita' le
varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e
sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria
edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali
prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell'attivita' di
vigilanza urbanistica ed edilizia, nonche' ai fini del rilascio del certificato
di agibilita', tali denunce di inizio attivita' costituiscono parte integrante
del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale
e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
3. In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati
mediante denuncia di inizio attivita':
a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1,
lettera c);
b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica
qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi
gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise
disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui
sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale
in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;
qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all'entrata in
vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di ricognizione
deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in mancanza
si prescinde dall'atto di ricognizione, purche' il progetto di costruzione venga
accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale venga asseverata
l'esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;
c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta
esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni
plano-volumetriche.
4. Le regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre
l'ambito applicativo delle disposizioni di cui ai commi precedenti. Restano,
comunque, ferme le sanzioni penali previste all'articolo 44.
5. Gli interventi di cui al comma 3 sono soggetti al contributo di
costruzione ai sensi dell'articolo 16. Le regioni possono individuare con legge
gli altri interventi soggetti a denuncia di inizio attivita', diversi da quelli
di cui al comma 3, assoggettati al contributo di costruzione definendo criteri e
parametri per la relativa determinazione.
6. La realizzazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 che
riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o
paesaggistica-ambientale, e' subordinata al preventivo rilascio del parere o
dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell'ambito
delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al
decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.
7. E' comunque salva la facolta' dell'interessato di chiedere il rilascio
di permesso di costruire per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1
e 2, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui
all'articolo 16, salvo quanto previsto dal secondo periodo del comma 5. In
questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comporta
l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44 ed e' soggetta
all'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 37.";
f)
l'articolo 23, e' sostituito dal seguente:
"Art. 23 (L comma 3 e 4 - R comma 1, 2, 5, 6 e 7) (Disciplina della denuncia
di inizio attivita). - 1. Il proprietario dell'immobile o chi abbia
titolo per presentare la denuncia di inizio attivita', almeno trenta giorni
prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la
denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista
abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformita'
delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in
contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonche' il
rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
2. La denuncia di inizio attivita' e' corredata dall'indicazione
dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed e' sottoposta al termine
massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata
dell'intervento e' subordinata a nuova denuncia. L'interessato e' comunque
tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori.
3. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un
vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa
amministrazione comunale, il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre
dal rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, la
denuncia e' priva di effetti.
4. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un
vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale, ove il parere
favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia allegato alla denuncia, il
competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi degli
articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, della legge 7
agosto 1990, n. 241. Il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre
dall'esito della conferenza. In caso di esito non favorevole, la denuncia e'
priva di effetti.
5. La sussistenza del titolo e' provata con la copia della denuncia di
inizio attivita' da cui risulti la data di ricevimento della denuncia, l'elenco
di quanto presentato a corredo del progetto, l'attestazione del professionista
abilitato, nonche' gli atti di assenso eventualmente necessari.
6. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove
entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o piu'
delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non
effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del
professionista abilitato, informa l'autorita' giudiziaria e il consiglio
dell'ordine di appartenenza. E' comunque salva la facolta' di ripresentare la
denuncia di inizio attivita', con le modifiche o le integrazioni necessarie per
renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.
7. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia
un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con
il quale si attesta la conformita' dell'opera al progetto presentato con la
denuncia di inizio attivita'.";
g)
all'articolo 31, dopo il comma 9 e' aggiunto il seguente:
"9-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3.";
h)
all'articolo 33, dopo il comma 6 e' aggiunto il seguente:
"6-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 22, comma 3,
eseguiti in assenza di denuncia di inizio attivita' o in totale difformita'
dalla stessa.";
i)
all'articolo 34, dopo il comma 2 e' aggiunto il seguente:
"2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3, eseguiti in parziale
difformita' dalla denuncia di inizio attivita'.";
l)
all'articolo 35, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente:
"3-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza di
denuncia di inizio attivita', ovvero in totale o parziale difformita' dalla
stessa.";
m) all'articolo 36, comma 1, dopo le parole: "in difformita' da esso," sono aggiunte le seguenti: "ovvero in assenza di denuncia di inizio attivita' nelle ipotesi di cui all'articolo 22, comma 3, o in difformita' da essa,";
n) all'articolo 37, comma 1, dopo le parole: "di cui all'articolo 22," sono aggiunte le seguenti: "commi 1 e 2,";
o)
all'articolo 38, dopo il comma 2 e' aggiunto il seguente:
"2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3, in caso di accertamento
dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo.";
p)
all'articolo 39, dopo il comma 5 e' aggiunto il seguente:
"5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3, non conformi a prescrizioni
degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto
con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della scadenza del
termine di 30 giorni dalla presentazione della denuncia di inizio attivita'.";
q)
all'articolo 40, dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente:
"4-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3, realizzati in assenza di
denuncia di inizio attivita' o in contrasto con questa o con le prescrizioni
degli strumenti urbanistici o della normativa urbanistico-edilizia vigente al
momento della scadenza del termine di 30 giorni dalla presentazione della
denuncia di inizio attivita'.";
r)
all'articolo 44, dopo il comma 2 e' aggiunto il seguente:
"2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio
attivita' ai sensi dell'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale
difformita' dalla stessa.";
s)
all'articolo 46, dopo il comma 5 e' aggiunto il seguente:
"5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi realizzati mediante denuncia di inizio attivita' ai sensi
dell'articolo 22, comma 3, qualora nell'atto non siano indicati gli estremi
della stessa.";
t)
all'articolo 48, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente:
"3-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio
attivita' ai sensi dell'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza della
stessa.".
Fascicolo del fabbricato
DDL 4339/2000
Art. 1 - Fascicolo del fabbricato -
1. E’ istituito, relativamente a ciascun fabbricato, il fascicolo del
fabbricato. Detto fascicolo è redatto, aggiornato con cadenza non superiore a
dieci anni e tenuto a cura del proprietario o dell'amministratore del
condominio. Sul fascicolo sono annotate le informazioni relative all'edificio -
di tipo identificativo, progettuale, strutturale, impiantistico - con
l'obiettivo di pervenire ad un idoneo quadro conoscitivo a partire, ove
possibile, dalle fasi di costruzione dello stesso e su cui registrare le
modifiche apportate rispetto alla configurazione originaria, con particolare
riferimento alle componenti statiche, funzionali ed impiantistiche.
2. La produzione del fascicolo del fabbricato, debitamente aggiornato, è
presupposto del rilascio di autorizzazioni o certificazioni di competenza
comunale relative all'intero fabbricato od a singole parti dello stesso. Al
momento della stipula o di rinnovo di contratti di locazione nonché in caso di
alienazione del fabbricato o di singole unità immobiliari è resa, da parte del
proprietario e dell'amministratore del condominio, apposita dichiarazione circa
l'avvenuto adempimento degli obblighi previsti dalla presente legge.
3. Alla compilazione del fascicolo di fabbricato provvede un tecnico abilitato
sulla base della documentazione tecnico-amministrativa fornita dal proprietario
o dall'amministratore del condominio ovvero, qualora necessario, previa
acquisizione di ulteriori elementi conoscitivi, di indagini e rilievi.
4. L'acquisizione presso gli uffici pubblici, a livello centrale e locale, della
documentazione tecnico-amministrativa necessaria alla predisposizione del
Fascicolo, avviene senza oneri per la parte interessata.
5. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, da emanare entro centoventi
giorni dall'entrata in vigore della presente legge, è approvato lo schema tipo
del Fascicolo del fabbricato e sono indicati, altresì, i contenuti e le modalità
di redazione e di aggiornamento dello stesso.
Art. 2 - Messa in sicurezza del patrimonio edilizio -
1. I comuni individuano, entro sei mesi dall'entrata in vigore della
presente legge, le aree al cui interno sono compresi i fabbricati da
assoggettare prioritariamente al programma di messa in sicurezza del patrimonio
edilizio, attraverso la puntuale ricognizione del singolo fabbricato e del
relativo stato di conservazione, nonché l'attuazione delle misure tese a
favorirne la manutenzione programmata. 2. L'individuazione delle aree di cui al
comma 1 è effettuata sulla base dei seguenti criteri:
a) particolari caratteristiche del sottosuolo;
b) manifesta presenza di abusivismo edilizio;
c) inclusione tra quelle assoggettate a vincoli derivanti da condizioni di
fragilità (sismico, idrogeologico, ecc.
d) presenza di insediamenti definibili come centri storici. 3. In relazione a
particolari situazioni territoriali, i comuni, ai fini della individuazione
delle aree di cui al comma 1, possono indicare criteri aggiuntivi rispetto a
quelli elencati alle lettere a), b), c), e d) del medesimo comma 1.
4. All'interno delle aree delimitate ai sensi dei commi 1 e 2, i comuni possono
graduare l'obbligo di sottoporre a verifica gli edifici tenendo conto anche dei
seguenti caratteri:
a) epoca di costruzione;
b) sistema costruttivo (muratura, cemento armato, acciaio, struttura mista,
ecc.);
c) rilevanza di interventi di risanamento o ristrutturazione edilizia che
abbiano comportato mutamento nella destinazione d'uso ovvero siano stati oggetto
di incremento di volumetria, superiore al venti per cento, rispetto a quella
originaria;
d) particolare consistenza in termini volumetrici o dimensionali.
5. Le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli edifici
ricadenti nel territorio nazionale, qualunque ne sia la destinazione funzionale,
ad eccezione degli edifici aventi un numero di piani fuori terra non superiore a
due. Sono escluse, altresì, dall'ambito di applicazione le costruzioni ad uso
artigianale, commerciale o industriale aventi un'altezza non superiore a metri
nove.
Art. 3 - Termini di predisposizione del fascicolo del fabbricato
- 1. Per gli edifici ricadenti nelle aree individuate ai sensi del comma 1
dell'articolo 6, il fascicolo del fabbricato è predisposto entro ventiquattro
mesi dalla avvenuta individuazione delle aree.
2. Per gli edifici ricadenti in aree esondabili, a rischio frana e, nei comuni
classificati a rischio sismico per quelli realizzati anteriormente al 1975, il
fascicolo del fabbricato è comunque predisposto entro ventiquattro mesi
dall'entrata in vigore della presente legge.
3. Fermo restando quanto stabilito ai commi 1 e 2, i comuni definiscono altresì,
anche con riferimento alla data di ultimazione del fabbricato ed ai criteri di
cui al comma 3 dell'articolo 2, le modalità di graduazione della predisposizione
del fascicolo del fabbricato in modo che l'obbligo dell'adempimento venga
esteso, entro il termine di dieci anni dall'entrata in vigore della presente
legge, alla totalità degli edifici ricadenti nell'ambito territoriale di
competenza.
4. In caso di mancata adozione, da parte di singoli comuni, dei provvedimenti
indicati all'articolo 6, per ciascun edificio ricadente all'interno dei comuni
inadempienti il fascicolo del fabbricato è comunque predisposto entro trenta
mesi dall'entrata in vigore. della presente legge.
Art. 4 - Attestato di conformità e certificato di idoneità statico-funzionale
-
1. Il professionista incaricato, all'atto di predisporre il Fascicolo del
fabbricato e in occasione di ogni suo aggiornamento, rilascia una delle seguenti
certificazioni:
a) attestazione di conformità alla originaria configurazione del fabbricato, nel
caso che l'immobile non abbia subito modifiche sostanziali sia sotto il profilo
strutturale che funzionale, e di rispondenza degli impianti alla vigente
normativa nonché dichiarazione di assenza di elementi rilevabili senza ausilio
di specifica strumentazione che possano far ritenere come necessarie ulteriori
verifiche;
b) certificazione di idoneità statico-funzionale dell'edificio in relazione alle
attuali condizioni di esercizio dello stesso nel caso siano state apportate
modifiche sostanziali rispetto alla configurazione originaria dell'immobile
ovvero siano stati prescritti, in sede di redazione del Fascicolo, interventi
ritenuti necessari ai fini del raggiungimento di adeguate condizioni di
sicurezza.
2. Nell'impossibilità di immediato rilascio della attestazione di cui alla
lettera a) del comma 1, il professionista incaricato propone al proprietario o
all'amministratore del condominio, in apposita relazione tecnica, le ulteriori
indagini e gli eventuali interventi da predisporre ovvero i provvedimenti da
assumere al fine di poter dichiarare, entro i successivi dodici mesi,
l'idoneità, sia sotto il profilo statico che funzionale dell'edificio o
l'adeguamento alla normativa vigente per quanto attiene l'impiantistica.
3. Copia conforme delle certificazioni di cui al comma 1, nonché della relazione
di cui al comma 2, dovranno essere trasmesse, a cura del proprietario o
dell'amministratore del condominio, al competente ufficio comunale entro i
successivi sessanta giorni dall'acquisizione.
Art. 5 - Requisiti professionali del tecnico incaricato -
Il professionista incaricato dello svolgimento delle attività professionali
derivanti dalla presente legge deve avere una anzianità di iscrizione, nel
rispettivo albo professionale, non inferiore ad anni dieci.
Art. 6 - Convenzioni nazionali -
1. In considerazione delle particolari finalità sociali della presente
legge, il Ministro dei lavori pubblici, entro 30 giorni dall'entrata in vigore
della presente legge, convoca gli Ordini ed i Collegi dei professionisti
abilitati alla redazione del Fascicolo del fabbricato al fine di promuovere una
convenzione nazionale per la definizione agevolata dei relativi compensi.
2. Con le medesime finalità di cui al comma 1, il Ministro dei lavori pubblici,
entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, convoca le
organizzazioni delle società di assicurazione e quelle della proprietà edilizia
al fine di promuovere una convenzione nazionale che definisca premi assicurativi
agevolati per i fabbricati dotati del fascicolo di cui all'articolo 5.
Art. 7 - Schema tipo del fascicolo del fabbricato -
1. Con decreto del ministro dei Lavori Pubblici da emanare entro centoventi
giorni dall'entrata in vigore della presente legge, è approvato lo schema tipo
del fascicolo di fabbricato e sono indicati, altresì, i contenuti e le modalità
di redazione e di aggiornamento dello stesso.
Art. 8 - Controllo -
1. E' demandato ai comuni il controllo sugli adempimenti indicati negli
articoli del presente capo e, a tal fine, può prevedersi l'istituzione di una
speciale anagrafe del patrimonio edilizio.(Omissis...)
Sconti fiscali per la
ristrutturazione degli edifici
Legge 449/97
La
presente Legge è stata modificata dalla Legge 23 dicembre 1999, n. 488
(Finanziaria 2000) e dalla successiva Legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Finanziaria 2001)
La norma 388/00 (pubblicata sulla G.U. del 29.12.2000, Suppl. 219/L) all’art.
2.2 prevede la proroga della detrazione - ex lege 449/97 e successiva modifica
con la 488/2000 - sino al 31 dicembre 2001.
Tale slittamento di data è previsto anche per la riduzione dell’IVA al 10% (art.
30.3, L. 388/2000).
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 1997 - Supplemento Ordinario n. 255
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
promulga la seguente legge:
TITOLO I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENTRATA
Capo I
Incentivi allo sviluppo e sostegno alle categorie svantaggiate
Art. 1
Disposizioni tributarie concernenti interventi di recupero del patrimonio
edilizio
127-duodecies)
prestazioni di servizi aventi ad oggetto la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 31, primo comma, lettera b), della legge 5 agosto 1978, n. 457, agli edifici di edilizia residenziale pubblica.
omissis
Art. 21
Disposizioni per il recupero d'imponibile
omissis
l'articolo 17 è sostituito dal seguente:
“Art. 17. - (Cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili).
“NOTE:
I. Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale, l'imposta, se corrisposta per l'intera durata del contratto, si riduce di una percentuale pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità; la cessione senza corrispettivo degli stessi contratti è assoggettata all'imposta nella misura fissa di lire 100.000.
II. In ogni caso l'ammontare dell'imposta, per le locazioni e gli affitti di beni immobili, non può essere inferiore alla misura fissa di lire 100.000”;
0. nell'articolo 2, comma 1, dopo le parole: “non autenticate” sono inserite le seguenti: “ad eccezione dei contratti di cui all'articolo 5 della tariffa, parte I”;
1. l'articolo 2-bis è sostituito dal seguente:
“Art. 2-bis. - Locazioni ed affitti di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell'anno”.
“NOTA:
I
contratti relativi alle operazioni e ai servizi bancari e finanziari e al
credito al consumo, per i quali il titolo VI del decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385, prescrive a pena di nullità la forma scritta, sono
assoggettati a registrazione solo in caso d'uso”.
omissis
Inquinamento acustico
Legge 26/10/1995 N.447
Legge quadro sull'inquinamento acustico.
1. Finalità della legge.
1. La presente legge stabilisce i princìpi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 117 della Costituzione.
2. I princìpi generali desumibili dalla presente legge costituiscono per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
2. Definizioni.
1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) inquinamento acustico: l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi;
b) ambiente abitativo: ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o di comunità ed utilizzato per le diverse attività umane, fatta eccezione per gli ambienti destinati ad attività produttive per i quali resta ferma la disciplina di cui al D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, salvo per quanto concerne l'immissione di rumore da sorgenti sonore esterne ai locali in cui si svolgono le attività produttive;
c) sorgenti sonore fisse: gli impianti tecnici degli edifici e le altre installazioni unite agli immobili anche in via transitoria il cui uso produca emissioni sonore; le infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali, marittime, industriali, artigianali, commerciali ed agricole; i parcheggi; le aree adibite a stabilimenti di movimentazione merci; i depositi dei mezzi di trasporto di persone e merci; le aree adibite ad attività sportive e ricreative;
d) sorgenti sonore mobili: tutte le sorgenti sonore non comprese nella lettera c);
e) valori limite di emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa;
f) valori limite di immissione: il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori;
g) valori di attenzione: il valore di rumore che segnala la presenza di un potenziale rischio per la salute umana o per l'ambiente;
h) valori di qualità: i valori di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla presente legge.
2. I valori di cui al comma 1, lettere e), f), g) e h), sono determinati in funzione della tipologia della sorgente, del periodo della giornata e della destinazione d'uso della zona da proteggere.
3. I valori limite di immissione sono distinti in:
a) valori limite assoluti, determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale;
b) valori limite differenziali, determinati con riferimento alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale ed il rumore residuo.
4. Restano ferme le altre definizioni di cui all'allegato A al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991.
5. I provvedimenti per la limitazione delle emissioni sonore sono di natura amministrativa, tecnica, costruttiva e gestionale. Rientrano in tale ambito:
a) le prescrizioni relative ai livelli sonori ammissibili, ai metodi di misurazione del rumore, alle regole applicabili alla fabbricazione;
b) le procedure di collaudo, di omologazione e di certificazione che attestino la conformità dei prodotti alle prescrizioni relative ai livelli sonori ammissibili; la marcatura dei prodotti e dei dispositivi attestante l'avvenuta omologazione;
c) gli interventi di riduzione del rumore, distinti in interventi attivi di riduzione delle emissioni sonore delle sorgenti e in interventi passivi, adottati nei luoghi di immissione o lungo la via di propagazione dalla sorgente al ricettore o sul ricettore stesso;
d) i piani dei trasporti urbani ed i piani urbani del traffico; i piani dei trasporti provinciali o regionali ed i piani del traffico per la mobilità extraurbana; la pianificazione e gestione del traffico stradale, ferroviario, aeroportuale e marittimo;
e) la pianificazione urbanistica, gli interventi di delocalizzazione di attività rumorose o di ricettori particolarmente sensibili.
6. Ai fini della presente legge è definito tecnico competente la figura professionale idonea ad effettuare le misurazioni, verificare l'ottemperanza ai valori definiti dalle vigenti norme, redigere i piani di risanamento acustico, svolgere le relative attività di controllo. Il tecnico competente deve essere in possesso del diploma di scuola media superiore ad indirizzo tecnico o del diploma universitario ad indirizzo scientifico ovvero del diploma di laurea ad indirizzo scientifico.
7. L'attività di tecnico competente può essere svolta previa presentazione di apposita domanda all'assessorato regionale competente in materia ambientale corredata da documentazione comprovante l'aver svolto attività, in modo non occasionale, nel campo dell'acustica ambientale da almeno quattro anni per i diplomati e da almeno due anni per i laureati o per i titolari di diploma universitario .
8. Le attività di cui al comma 6 possono essere svolte altresì da coloro che, in possesso del diploma di scuola media superiore, siano in servizio presso le strutture pubbliche territoriali e vi svolgano la propria attività nel campo dell'acustica ambientale, alla data di entrata in vigore della presente legge nonché da coloro che, a prescindere dal titolo di studio, possano dimostrare di avere svolto, alla data di entrata in vigore della presente legge, per almeno cinque anni, attività nel campo dell'acustica ambientale in modo non occasionale.
9. I soggetti che effettuano i controlli devono essere diversi da quelli che svolgono le attività sulle quali deve essere effettuato il controllo.
3. Competenze dello Stato.
1. Sono di competenza dello Stato:
a) la determinazione, ai sensi della L. 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dei valori di cui all'articolo 2;
b) il coordinamento dell'attività e la definizione della normativa tecnica generale per il collaudo, l'omologazione, la certificazione e la verifica periodica dei prodotti ai fini del contenimento e dell'abbattimento del rumore; il ruolo e la qualificazione dei soggetti preposti a tale attività nonché, per gli aeromobili, per i natanti e per i veicoli circolanti su strada, le procedure di verifica periodica dei valori limite di emissione relativa ai prodotti medesimi. Tale verifica, per i veicoli circolanti su strada, avviene secondo le modalità di cui all'articolo 80 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
c) la determinazione, ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e, secondo le rispettive competenze, con il Ministro dei lavori pubblici, con il Ministro dei trasporti e della navigazione e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico, tenendo conto delle peculiari caratteristiche del rumore emesso dalle infrastrutture di trasporto;
d) il coordinamento dell'attività di ricerca, di sperimentazione tecnico-scientifica ai sensi della L. 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, e dell'attività di raccolta, di elaborazione e di diffusione dei dati. Al coordinamento provvede il Ministro dell'ambiente, avvalendosi a tal fine anche dell'Istituto superiore di sanità, del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), del Centro superiore ricerche e prove autoveicoli e dispositivi (CSRPAD) del Ministero dei trasporti e della navigazione, nonché degli istituti e dei dipartimenti universitari;
e) la determinazione, fermo restando il rispetto dei valori determinati ai sensi della lettera a), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e, secondo le rispettive competenze, con il Ministro dei lavori pubblici, con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei requisiti acustici delle sorgenti sonore e dei requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti, allo scopo di ridurre l'esposizione umana al rumore. Per quanto attiene ai rumori originati dai veicoli a motore definiti dal titolo III del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, restano salve la competenza e la procedura di cui agli articoli 71, 72, 75 e 80 dello stesso decreto legislativo;
f) l'indicazione, con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei criteri per la progettazione, l'esecuzione e la ristrutturazione delle costruzioni edilizie e delle infrastrutture dei trasporti, ai fini della tutela dall'inquinamento acustico;
g) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei requisiti acustici dei sistemi di allarme anche antifurto con segnale acustico e dei sistemi di refrigerazione, nonché la disciplina della installazione, della manutenzione e dell'uso dei sistemi di allarme anche antifurto e anti-intrusione con segnale acustico installato su sorgenti mobili e fisse, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 71, 72, 75, 79, 155 e 156 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
h) la determinazione, con le procedure previste alla lettera e), dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante o di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi;
i) l'adozione di piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore prodotte per lo svolgimento di servizi pubblici essenziali quali linee ferroviarie, metropolitane, autostrade e strade statali entro i limiti stabiliti per ogni specifico sistema di trasporto, ferme restando le competenze delle regioni, delle province e dei comuni, e tenendo comunque conto delle disposizioni di cui all'articolo 155 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
l) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei criteri di misurazione del rumore emesso da imbarcazioni di qualsiasi natura e della relativa disciplina per il contenimento dell'inquinamento acustico;
m) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei criteri di misurazione del rumore emesso dagli aeromobili e della relativa disciplina per il contenimento dell'inquinamento acustico, con particolare riguardo:
1) ai criteri generali e specifici per la definizione di procedure di abbattimento del rumore valevoli per tutti gli aeroporti e all'adozione di misure di controllo e di riduzione dell'inquinamento acustico prodotto da aeromobili civili nella fase di decollo e di atterraggio;
2) ai criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico;
3) alla individuazione delle zone di rispetto per le aree e le attività aeroportuali e ai criteri per regolare l'attività urbanistica nelle zone di rispetto. Ai fini della presente disposizione per attività aeroportuali si intendono sia le fasi di decollo o di atterraggio, sia quelle di manutenzione, revisione e prove motori degli aeromobili;
4) ai criteri per la progettazione e la gestione dei sistemi di monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti;
n) la predisposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della L. 8 luglio 1986, n. 349, nonché le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative, di campagne di informazione del consumatore di educazione scolastica.
2. I decreti di cui al comma 1, lettere a), c), e), h) e l), sono emanati entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. I decreti di cui al comma 1, lettere f), g) e m), sono emanati entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. I provvedimenti previsti dal comma 1, lettere a), c), d), e), f), g), h), i), l) e m), devono essere armonizzati con le direttive dell'Unione europea recepite dallo Stato italiano e sottoposti ad aggiornamento e verifica in funzione di nuovi elementi conoscitivi o di nuove situazioni.
4. I provvedimenti di competenza dello Stato devono essere coordinati con quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1°marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991.
4. Competenze delle regioni.
1. Le regioni, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, definiscono con legge:
a) i criteri in base ai quali i comuni, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), tenendo conto delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio ed indicando altresì aree da destinarsi a spettacolo a carattere temporaneo, ovvero mobile, ovvero all'aperto procedono alla classificazione del proprio territorio nelle zone previste dalle vigenti disposizioni per l'applicazione dei valori di qualità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), stabilendo il divieto di contatto diretto di aree, anche appartenenti a comuni confinanti, quando tali valori si discostano in misura superiore a 5 dBA di livello sonoro equivalente misurato secondo i criteri generali stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1°marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991. Qualora nell'individuazione delle aree nelle zone già urbanizzate non sia possibile rispettare tale vincolo a causa di preesistenti destinazioni di uso, si prevede l'adozione dei piani di risanamento di cui all'articolo 7;
b) i poteri sostitutivi in caso di inerzia dei comuni o degli enti competenti ovvero di conflitto tra gli stessi;
c) modalità, scadenze e sanzioni per l'obbligo di classificazione delle zone ai sensi della lettera a) per i comuni che adottano nuovi strumenti urbanistici generali o particolareggiati;
d) fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 8, comma 4, le modalità di controllo del rispetto della normativa per la tutela dall'inquinamento acustico all'atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive;
e) le procedure e gli eventuali ulteriori criteri, oltre a quelli di cui all'articolo 7, per la predisposizione e l'adozione da parte dei comuni di piani di risanamento acustico;
f) i criteri e le condizioni per l'individuazione, da parte dei comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, di valori inferiori a quelli determinati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della presente legge; tali riduzioni non si applicano ai servizi pubblici essenziali di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1990, n. 146;
g) le modalità di rilascio delle autorizzazioni comunali per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora esso comporti l'impiego di macchinari o di impianti rumorosi;
h) le competenze delle province in materia di inquinamento acustico ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142;
i) l'organizzazione nell'ambito del territorio regionale dei servizi di controllo di cui all'articolo 14;
l) i criteri da seguire per la redazione della documentazione di cui all'articolo 8, commi 2, 3 e 4;
m) i criteri per la identificazione delle priorità temporali degli interventi di bonifica acustica del territorio.
2. Le regioni, in base alle proposte pervenute e alle disponibilità finanziarie assegnate dallo Stato, definiscono le priorità e predispongono un piano regionale triennale di intervento per la bonifica dall'inquinamento acustico, fatte salve le competenze statali relative ai piani di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i), per la redazione dei quali le regioni formulano proposte non vincolanti. I comuni adeguano i singoli piani di risanamento acustico di cui all'articolo 7 al piano regionale.
5. Competenze delle province.
1. Sono di competenza delle province:
a) le funzioni amministrative in materia di inquinamento acustico previste dalla L. 8 giugno 1990, n. 142;
b) le funzioni ad esse assegnate dalle leggi regionali di cui all'articolo 4;
c) le funzioni di controllo e di vigilanza di cui all'articolo 14, comma 1.
6. Competenze dei comuni.
1. Sono di competenza dei comuni, secondo le leggi statali e regionali e i rispettivi statuti:
a) la classificazione del territorio comunale secondo i criteri previsti dall'articolo 4, comma 1, lettera a);
b) il coordinamento degli strumenti urbanistici già adottati con le determinazioni assunte ai sensi della lettera a);
c) l'adozione dei piani di risanamento di cui all'articolo 7;
d) il controllo, secondo le modalità di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del rispetto della normativa per la tutela dall'inquinamento acustico all'atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive;
e) l'adozione di regolamenti per l'attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela dall'inquinamento acustico;
f) la rilevazione e il controllo delle emissioni sonore prodotte dai veicoli, fatte salve le disposizioni contenute nel D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
g) i controlli di cui all'articolo 14, comma 2;
h) l'autorizzazione, anche in deroga ai valori limite di cui all'articolo 2, comma 3, per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile, nel rispetto delle prescrizioni indicate dal comune stesso.
2. Al fine di cui al comma 1, lettera e), i comuni, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano i regolamenti locali di igiene e sanità o di polizia municipale, prevedendo apposite norme contro l'inquinamento acustico, con particolare riferimento al controllo, al contenimento e all'abbattimento delle emissioni sonore derivanti dalla circolazione degli autoveicoli e dall'esercizio di attività che impiegano sorgenti sonore.
3. I comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, hanno la facoltà di individuare limiti di esposizione al rumore inferiori a quelli determinati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), secondo gli indirizzi determinati dalla regione di appartenenza, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera f). Tali riduzioni non si applicano ai servizi pubblici essenziali di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1990, n. 146.
4. Sono fatte salve le azioni espletate dai comuni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991, prima della data di entrata in vigore della presente legge. Sono fatti salvi altresì gli interventi di risanamento acustico già effettuati dalle imprese ai sensi dell'articolo 3 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991. Qualora detti interventi risultino inadeguati rispetto ai limiti previsti dalla classificazione del territorio comunale, ai fini del relativo adeguamento viene concesso alle imprese un periodo di tempo pari a quello necessario per completare il piano di ammortamento degli interventi di bonifica in atto, qualora risultino conformi ai princìpi di cui alla presente legge ed ai criteri dettati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera a).
7. Piani di risanamento acustico.
1. Nel caso di superamento dei valori di attenzione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), nonché nell'ipotesi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), ultimo periodo, i comuni provvedono all'adozione di piani di risanamento acustico, assicurando il coordinamento con il piano urbano del traffico di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, e con i piani previsti dalla vigente legislazione in materia ambientale. I piani di risanamento sono approvati dal consiglio comunale. I piani comunali di risanamento recepiscono il contenuto dei piani di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i), e all'articolo 10, comma 5.
2. I piani di risanamento acustico di cui al comma 1 devono contenere:
a) l'individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare individuate ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a);
b) l'individuazione dei soggetti a cui compete l'intervento;
c) l'indicazione delle priorità, delle modalità e dei tempi per il risanamento;
d) la stima degli oneri finanziari e dei mezzi necessari;
e) le eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
3. In caso di inerzia del comune ed in presenza di gravi e particolari problemi di inquinamento acustico, all'adozione del piano si provvede, in via sostitutiva, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b).
4. Il piano di risanamento di cui al presente articolo può essere adottato da comuni diversi da quelli di cui al comma 1, anche al fine di perseguire i valori di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h).
5. Nei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti la giunta comunale presenta al consiglio comunale una relazione biennale sullo stato acustico del comune. Il consiglio comunale approva la relazione e la trasmette alla regione ed alla provincia per le iniziative di competenza. Per i comuni che adottano il piano di risanamento di cui al comma 1, la prima relazione è allegata al piano stesso. Per gli altri comuni, la prima relazione è adottata entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
8. Disposizioni in materia di impatto acustico.
1. I progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 6 della L. 8 luglio 1986, n. 349, ferme restando le prescrizioni di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377, e successive modificazioni, e 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, devono essere redatti in conformità alle esigenze di tutela dall'inquinamento acustico delle popolazioni interessate.
2. Nell'ambito delle procedure di cui al comma 1, ovvero su richiesta dei comuni, i competenti soggetti titolari dei progetti o delle opere predispongono una documentazione di impatto acustico relativa alla realizzazione, alla modifica o al potenziamento delle seguenti opere:
a) aeroporti, aviosuperfici, eliporti;
b) strade di tipo A (autostrade), B (strade extraurbane principali), C (strade extraurbane secondarie), D (strade urbane di scorrimento), E (strade urbane di quartiere) e F (strade locali), secondo la classificazione di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
c) discoteche;
d) circoli privati e pubblici esercizi ove sono installati macchinari o impianti rumorosi;
e) impianti sportivi e ricreativi;
f) ferrovie ed altri sistemi di trasporto collettivo su rotaia.
3. é fatto obbligo di produrre una valutazione previsionale del clima acustico delle aree interessate alla realizzazione delle seguenti tipologie di insediamenti:
a) scuole e asili nido;
b) ospedali;
c) case di cura e di riposo;
d) parchi pubblici urbani ed extraurbani;
e) nuovi insediamenti residenziali prossimi alle opere di cui al comma 2.
4. Le domande per il rilascio di concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché le domande di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive devono contenere una documentazione di previsione di impatto acustico.
5. La documentazione di cui ai commi 2, 3 e 4 del presente articolo è resa, sulla base dei criteri stabiliti ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera l), della presente legge, con le modalità di cui all'articolo 4 della L. 4 gennaio 1968, n. 15.
6. La domanda di licenza o di autorizzazione all'esercizio delle attività di cui al comma 4 del presente articolo, che si prevede possano produrre valori di emissione superiori a quelli determinati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), deve contenere l'indicazione delle misure previste per ridurre o eliminare le emissioni sonore causate dall'attività o dagli impianti. La relativa documentazione deve essere inviata all'ufficio competente per l'ambiente del comune ai fini del rilascio del relativo nulla-osta.
9. Ordinanze contingibili ed urgenti.
1. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della L. 3 marzo 1987, n. 59, e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri.
2. Restano salvi i poteri degli organi dello Stato preposti, in base alle leggi vigenti, alla tutela della sicurezza pubblica.
10. Sanzioni amministrative.
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, chiunque non ottempera al provvedimento legittimamente adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 9, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2.000.000 a lire 20.000.000.
2. Chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e) e f), fissati in conformità al disposto dell'articolo 3, comma 1, lettera a), è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 10.000.000.
3. La violazione dei regolamenti di esecuzione di cui all'articolo 11 e delle disposizioni dettate in applicazione della presente legge dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 500.000 a lire 20.000.000.
4. Il 70 per cento delle somme derivanti dall'applicazione delle sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, per essere devoluto ai comuni per il finanziamento dei piani di risanamento di cui all'articolo 7, con incentivi per il raggiungimento dei valori di cui all'articolo 2, comma 1, lettere f) e h).
5. In deroga a quanto previsto ai precedenti commi, le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, nel caso di superamento dei valori di cui al comma 2, hanno l'obbligo di predisporre e presentare al comune piani di contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive emanate dal Ministro dell'ambiente con proprio decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Essi devono indicare tempi di adeguamento, modalità e costi e sono obbligati ad impegnare, in via ordinaria, una quota fissa non inferiore al 7 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture stesse per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento del rumore. Per quanto riguarda l'ANAS la suddetta quota è determinata nella misura dell'2,5 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione. Nel caso dei servizi pubblici essenziali, i suddetti piani coincidono con quelli di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i); il controllo del rispetto della loro attuazione è demandato al Ministero dell'ambiente.
11. Regolamenti di esecuzione.
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto, secondo le materie di rispettiva competenza, con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, dei lavori pubblici e della difesa, sono emanati regolamenti di esecuzione, distinti per sorgente sonora relativamente alla disciplina dell'inquinamento acustico avente origine dal traffico veicolare, ferroviario, marittimo ed aereo, avvalendosi anche del contributo tecnico-scientifico degli enti gestori dei suddetti servizi, dagli autodromi, dalle piste motoristiche di prova e per attività sportive, da natanti, da imbarcazioni di qualsiasi natura, nonché dalle nuove localizzazioni aeroportuali.
2. I regolamenti di cui al comma 1 devono essere armonizzati con le direttive dell'Unione europea recepite dallo Stato italiano.
3. La prevenzione e il contenimento acustico nelle aree esclusivamente interessate da installazioni militari e nelle attività delle Forze armate sono definiti mediante specifici accordi dai comitati misti paritetici di cui all'articolo 3 della L. 24 dicembre 1976, n. 898 , e successive modificazioni.
12. Messaggi pubblicitari.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica dodici mesi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. La vigilanza e le sanzioni sono disposte ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 74.
13. Contributi agli enti locali.
1. Le regioni nell'ambito dei propri bilanci possono concedere contributi in conto interessi ed in conto capitale per le spese da effettuarsi dai comuni e dalle province per l'organizzazione del sistema di monitoraggio e di controllo, nonché per le misure previste nei piani di risanamento.
2. Nella concessione dei contributi ai comuni, di cui al comma 1 del presente articolo, è data priorità ai comuni che abbiano adottato i piani di risanamento di cui all'articolo 7.
14. Controlli.
1. Le amministrazioni provinciali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza per l'attuazione della presente legge in ambiti territoriali ricadenti nel territorio di più comuni ricompresi nella circoscrizione provinciale, utilizzano le strutture delle agenzie regionali dell'ambiente di cui al D.L. 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 gennaio 1994, n. 61.
2. Il comune esercita le funzioni amministrative relative al controllo sull'osservanza:
a) delle prescrizioni attinenti il contenimento dell'inquinamento acustico prodotto dal traffico veicolare e dalle sorgenti fisse;
b) della disciplina stabilita all'articolo 8, comma 6, relativamente al rumore prodotto dall'uso di macchine rumorose e da attività svolte all'aperto;
c) della disciplina e delle prescrizioni tecniche relative all'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 6;
d) della corrispondenza alla normativa vigente dei contenuti della documentazione fornita ai sensi dell'articolo 8, comma 5.
3. Il personale incaricato dei controlli di cui al presente articolo ed il personale delle agenzie regionali dell'ambiente, nell'esercizio delle medesime funzioni di controllo e di vigilanza, può accedere agli impianti ed alle sedi di attività che costituiscono fonte di rumore, e richiedere i dati, le informazioni e i documenti necessari per l'espletamento delle proprie funzioni. Tale personale è munito di documento di riconoscimento rilasciato dall'ente o dall'agenzia di appartenenza. Il segreto industriale non può essere opposto per evitare od ostacolare le attività di verifica o di controllo.
15. Regime transitorio.
1. Nelle materie oggetto dei provvedimenti di competenza statale e dei regolamenti di esecuzione previsti dalla presente legge, fino all'adozione dei provvedimenti e dei regolamenti medesimi si applicano, per quanto non in contrasto con la presente legge, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991, fatta eccezione per le infrastrutture dei trasporti, limitatamente al disposto di cui agli articoli 2, comma 2, e 6, comma 2.
2. Ai fini del graduale raggiungimento degli obiettivi fissati dalla presente legge, le imprese interessate devono presentare il piano di risanamento acustico di cui all'articolo 3 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, entro il termine di sei mesi dalla classificazione del territorio comunale secondo i criteri di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), della presente legge. Nel piano di risanamento dovrà essere indicato con adeguata relazione tecnica il termine entro il quale le imprese prevedono di adeguarsi ai limiti previsti dalle norme di cui alla presente legge.
3. Le imprese che non presentano il piano di risanamento devono adeguarsi ai limiti fissati dalla suddivisione in classi del territorio comunale entro il termine previsto per la presentazione del piano stesso.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità per l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991.
16. Abrogazione di norme.
1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, è emanato, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della L. 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri competenti, un apposito regolamento con il quale sono individuati gli atti normativi incompatibili con la presente legge, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.
17. Entrata in vigore.
1. La presente legge entra in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Disposizioni per favorire il
superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici
privati
Legge 13/1989
1. 1. I progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla
ristrutturazione di interi edifici, ivi compresi quelli di edilizia residenziale
pubblica, sovvenzionata ed agevolata, presentati dopo sei mesi dall'entrata in
vigore della presente legge sono redatti in osservanza delle prescrizioni
tecniche previste dal comma 2.
2. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei
lavori pubblici fissa con proprio decreto le prescrizioni tecniche necessarie a
garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici
privati e di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata.
3. La progettazione deve comunque prevedere:
a) accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l'accesso ai
piani superiori, ivi compresi i servoscala;
b) idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità
immobiliari;
c) almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di
sollevamento;
d) l'installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di
un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di
gradini.
4. é fatto obbligo di allegare al progetto la dichiarazione del professionista
abilitato di conformità degli elaborati alle disposizioni adottate ai sensi
della presente legge.
2. 1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli
edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui
all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo
1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n.
384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di
dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'intemo
degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o
in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo 1136, secondo
e terzo comma, del codice civile.
2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre
mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i
portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al
titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie
spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono
anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più
agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages.
3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo
comma, del codice civile.
3. 1. Le opere di cui all'articolo 2 possono essere realizzate in deroga alle
norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le
chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati.
2. é fatto salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e
907 del codice civile nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i
fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o
di uso comune.
4. 1. Per gli interventi di cui all'articolo 2, ove l'immobile sia soggetto al
vincolo di cui all'articolo 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, le regioni, o
le autorità da esse subdelegate, competenti al rilascio dell'autorizzazione di
cui all'articolo 7 della citata legge, provvedono entro il termine perentorio di
novanta giorni dalla presentazione della domanda, anche impartendo, ove
necessario, apposite prescrizioni.
2. La mancata pronuncia nel termine di cui al comma 1 equivale ad assenso.
3. In caso di diniego, gli interessati possono, entro i trenta giorni
successivi, richiedere l'autorizzazione al Ministro per i beni culturali e
ambientali, che deve pronunciarsi entro centoventi giorni dalla data di
ricevimento della richiesta.
4. L'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le
opere senza serio pregiudizio del bene tutelato.
5. Il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della
serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui
l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente
prospettate dall'interessato.
5. 1. Nel caso in cui per l'immobile sia stata effettuata la notifica ai sensi
dell'articolo 2 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, sulla domanda di
autorizzazione prevista dall'articolo 13 della predetta legge la competente
soprintendenza è tenuta a provedere entro centoventi giorni dalla presentazione
della domanda, anche impartendo, ove necessario, apposite prescrizioni. Si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 4, commi 2, 4 e 5.
6. 1. L'esecuzione delle opere edilizie di cui all'articolo 2, da realizzare nel
rispetto delle norme antisismiche e di prevenzione degli incendi e degli
infortuni, non è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 18 della legge
2 febbraio 1974, n. 64.
2. Resta fermo l'obbligo del preavviso e dell'invio del progetto alle competenti
autorità, a norma dell'articolo 17 della stessa legge 2 febbraio 1974, n. 64.
7. 1. L'esecuzione delle opere edilizie di cui all'articolo 2 non è soggetta a
concessione edilizia o ad autorizzazione. Per la realizzazione delle opere
interne, come definite dall'articolo 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47,
contestualmente all'inizio dei lavori, in luogo di quella prevista dal predetto
articolo 26, l'interessato presenta al sindaco apposita relazione a firma di un
professionista abilitato.
2. Qualora le opere di cui al comma 1 consistano in rampe o ascensori esterni
ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell'edificio, si applicano le
disposizioni relative all'autorizzazione di cui all'articolo 48 della legge 5
agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni ed integrazioni.
8. 1. Alle domande ovvero alle comunicazioni al sindaco relative alla
realizzazione di interventi di cui alla presente legge, è allegato certificato
medico in carta libera attestante l'handicap e dichiarazione sostitutiva
dell'atto di notorietà, ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n.
15, dalla quale risultino l'ubicazione della propria abitazione, nonché le
difficoltà di accesso.
9. 1. Per la realizzazione di opere direttamente finalizzate al superamento e
all'eliminazione di barriere architettoniche in edifici già esistenti, anche se
edibiti a centri o istituti residenziali per l'assistenza ai soggetti di cui al
comma 3, sono concessi contributi a fondo perduto con le modalità di cui al
comma 2. Tali contributi sono cumulabili con quelli concessi a qualsiasi titolo
al condominio, al centro o istituto o al portatore di handicap.
2. Il contributo è concesso in misura pari alla spesa effettivamente sostenuta
per costi fino a lire cinque milioni; è aumentato del venticinque per cento
della spesa effettivamente sostenuta per costi da lire cinque milioni a lire
venticinque milioni, e altres“ di un ulteriore cinque per cento per costi da
lire venticinque milioni a lire cento milioni.
3. Hanno diritto ai contributi, con le procedure determinate dagli articoli 10 e
11, i portatori di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti, ivi compresa
la cecità, ovvero quelle relative alla deambulazione e alla mobilità, coloro i
quali abbiano a carico i citati soggetti ai sensi dell'articolo 12 del decreto
del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché i condomini ove
risiedano le suddette categorie di beneficiari.
4. Nella lettera e) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole "mezzi necessari per la
deambulazione e la locomozione", sono sostituite dalle parole "mezzi necessari
per la deambulazione, la locomozione e il sollevamento". La presente
disposizione ha effetto dal 1° gennaio 1988.
10. 1. é istituito presso il Ministero dei lavori pubblici il Fondo speciale per
l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici
privati.
2. Il Fondo è annualmente ripartito tra le regioni richiedenti con decreto del
Ministro dei lavori pubblici di concerto con i Ministri per gli affari sociali,
per i problemi delle aree urbane e del tesoro, in proporzione del fabbisogno
indicato dalle regioni ai sensi dell'articolo 11, comma 5. Le regioni
ripartiscono le somme assegnate tra i comuni richiedenti.
3. I sindaci, entro trenta giorni dalla comunicazione delle disponibilità
attribuite ai comuni, assegnano i contributi agli interessati che ne abbiano
fatto tempestiva richiesta.
4. Nell'ipotesi in cui le somme attribuite al comune non siano sufficienti a
coprire l'intero fabbisogno, il sindaco le ripartisce con precedenza per le
domande presentate da portatori di handicap riconosciuti invalidi totali con
difficoltà di deambulazione dalle competenti unità sanitarie locali e, in
subordine, tenuto conto dell'ordine cronologico di presentazione delle domande.
Le domande non soddisfatte nell'anno per insufficienza di fondi restano valide
per gli anni successivi.
5. I contributi devono essere erogati entro quindici giorni dalla presentazione
delle fatture dei lavori, debitamente quietanzate.
11. 1. Gli interessati debbono presentare domanda al sindaco del comune in cui è
sito l'immobile con indicazione delle opere da realizzare e della spesa prevista
entro il 1° marzo di ciascun anno.
2. Per l'anno 1989 la domanda deve essere presentata entro il 31 luglio.
3. Alla domanda debbono essere allegati il certificato e la dichiarazione
sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 8.
4. Il sindaco, nel termine di trenta giorni successivi alla scadenza del termine
per la presentazione delle domande, stabilisce il fabbisogno complessivo del
comune sulla base delle domande ritenute ammissibili e le trasmette alla
regione.
5. La regione determina il proprio fabbisogno complessivo e trasmette entro
trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma 4 al Ministero dei
lavori pubblici la richiesta di partecipazione alla ripartizione del Fondo di
cui all'articolo 10, comma 2.
12. 1. Il Fondo di cui all'articolo 10 è alimentato con lire 20 miliardi per
ciascuno degli anni 1989, 1990 e 1991. Al predetto onere si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 1989-1991, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero
del tesoro per l'anno 1989 all'uopo utilizzando l'accantonamento "Concorso dello
Stato nelle spese dei privati per interventi volti al superamento delle barriere
architettoniche negli edifici" per lire 20 miliardi per ciascuno degli anni
1989, 1990 e 1991.
2. Le somme eventualmente non utilizzate nell'anno di riferimento sono
riassegnate al fondo per l'anno successivo.
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
Costruzione parcheggi
Lege 122/1989
(in Gazz. Uff., 6 aprile, n. 80).
Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonchè modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393. (TOGNOLI)
Art. 1.
1.
E' costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per
i problemi delle aree urbane, un fondo per gli investimenti nel settore dei
parcheggi non escludendo, nel rispetto delle competenze dei Ministeri
interessati, le opere di viabilità di accesso, i relativi impianti e le
tecnologie di informazione.
Art. 2.
1. Il Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro per i problemi delle aree urbane, sentita la commissione interregionale di cui all'art. 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge provvede a determinare i criteri di valutazione del fabbisogno dei parcheggi, con particolare riguardo alle diverse tipologie e funzioni, anche ai fini dell'aggiornamento degli standards urbanistici relativamente alle quantità minime da destinare a spazi per parcheggi di cui agli articoli 3, 4, 5 e 6 del decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'interno, 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 97 del 16 aprile 1968.
2. L'art. 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, è sostituito dal seguente:
<<Art. 41-sexies.
1. Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione>>.
3.
Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro
per i problemi delle aree urbane, di concerto con il Ministro del tesoro,
definisce con decreto i criteri di priorità tra gli interventi ai fini
dell'ammissione ai contributi di cui ai successivi articoli 4 e 7 e alla
determinazione della relativa misura, in rapporto alla tipologia di parcheggio.
Art. 3.
1. Le regioni, entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, individuano i comuni, con esclusione di quelli di cui al Titolo II, i quali, sulla base di una preventiva valutazione del fabbisogno e tenendo conto del piano urbano del traffico, nonchè del decreto di cui al comma 3 dell'art. 2, sono tenuti alla realizzazione del programma urbano dei parcheggi. Tale programma deve tra l'altro indicare le localizzazioni ed i dimensionamenti, le priorità di intervento ed i tempi di attuazione, privilegiando le realizzazioni volte a favorire il decongestionamento dei centri urbani mediante la creazione di parcheggi finalizzati all'interscambio con sistemi di trasporto collettivo e dotati anche di aree attrezzate per veicoli a due ruote, nonchè le disposizioni necessarie per la regolamentazione della circolazione e dello stazionamento dei veicoli nelle aree urbane.
2. Il programma, corredato delle previsioni economiche e finanziarie, è adottato dal comune entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento di cui al comma 1 ed è trasmesso, entro i successivi 30 giorni, alla regione. La regione, entro 30 giorni, approva il programma. La mancata deliberazione di rigetto della regione nel termine di 30 giorni equivale ad approvazione del programma. Il silenzio-approvazione è attestato dal Sindaco entro 10 giorni dalla sua formazione.
3. Per l'ammissione ai contributi previsti dall'art. 4 i comuni comunicano
annualmente alla regione l'elenco degli interventi, compresi nel programma, che
verranno attivati precisando per ciascuna opera che si intenda realizzare:
a) il regime giuridico prescelto per la realizzazione dell'opera e per la gestione del servizio, anche con riferimento all'eventuale trasferimento dei diritti di cui all'art. 952, commi primo e secondo, del codice civile;
b) i tempi previsti per la progettazione esecutiva, la eventuale concessione, la messa a disposizione delle aree necessarie, la esecuzione dei lavori;
c) il piano economico-finanziario per la realizzazione dell'opera e per la gestione del servizio;
d) tempi e modalità per la verifica dello stato di attuazione;
e) le misure organizzative di coordinamento previste e, in particolare, le intese, le convenzioni e gli accordi attuativi da concludersi tra i soggetti interessati;
f) la misura dell'eventuale contributo richiesto ai sensi della presente legge.
4. Per gli anni successivi al primo l'elenco degli interventi è comunicato alla regione entro il 31 gennaio.
5. La regione trasmette annualmente al Ministro per i problemi delle aree urbane l'elenco degli interventi comunali indicando le priorità. Per gli anni successivi al primo la trasmissione degli atti dovrà avvenire entro il 28 febbraio di ciascun anno.
6. Esaurita la procedura di cui ai precedenti commi, il Presidente del Consiglio dei ministri, o, per sua delega, il Ministro per i problemi delle aree urbane, entro 60 giorni dall'approvazione del programma, su parere, da esprimersi entro 30 giorni dalla richiesta, della commissione interregionale di cui all'art. 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281, determina con decreto, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, le opere e gli interventi da ammettere ai contributi previsti dall'art. 4. Decorsi i 30 giorni previsti senza che la commissione abbia espresso parere, i Ministri possono procedere direttamente all'emanazione del decreto.
7. Il programma approvato, qualora contenga disposizioni in contrasto con quelle contenute negli strumenti urbanistici vigenti, costituisce variante degli strumenti stessi. L'atto di approvazione del programma costituisce altresì dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere da realizzare.
8.
Entro il 31 gennaio di ciascun anno i comuni di cui al comma 1 trasmettono alla
regione e al Ministro per i problemi delle aree urbane una relazione dettagliata
sullo stato di attuazione degli interventi programmati per l'anno precedente,
unitamente ad eventuali proposte di modifica del programma. Per tali proposte
valgono le norme di cui ai precedenti commi.
Art. 4.
1. L'ammissione ai contributi è disposta annualmente dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro per i problemi delle aree urbane tenendo conto delle opere programmate dai comuni per l'anno di emanazione e del rispetto dei tempi indicati nel programma per la realizzazione degli interventi, secondo le risultanze della relazione di cui al comma 8 dell'art. 3. Per gli anni successivi al primo il decreto di ammissione ai contributi è emanato entro il 31 marzo.
2. Il contributo, commisurato alla spesa massima ammissibile determinata sulla base di costi standard individuati annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro per i problemi delle aree urbane di concerto con il Ministro del tesoro, può essere corrisposto alternativamente:
a) in misura non superiore al 90 per cento del tasso di interesse dei finanziamenti contratti e, comunque, al 90 per cento del tasso di riferimento stabilito per le operazioni di credito fondiario ed edilizio;
b) in misura pari al 4,20 per cento, per ogni semestre e per la durata di 15 anni, della spesa massima ammissibile.
3. Per la concessione dei contributi previsti dal presente articolo è autorizzato il limite di impegno quindicennale di lire 100 miliardi per il 1989 e di lire 50 miliardi per il 1990.
4. L'ammissione è disposta nell'ambito di un volume massimo di mutui di lire 1.000 miliardi per il 1989 e di lire 500 miliardi per il 1990. Le quote di mutuo non contratte in ciascun anno possono esserlo negli anni successivi.
5. La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere ai comuni i mutui occorrenti per l'attuazione degli interventi di cui al presente titolo nella misura massima del 50 per cento dei limiti di mutuo di cui al comma 4. Con decreto del Ministro del tesoro, di concerto col Ministro per i problemi delle aree urbane, la suddetta percentuale può essere modificata in relazione all'effettivo ricorso al credito effettuato presso gli istituti di cui al comma 6.
6. Le opere e gli interventi di cui all'art. 3 possono essere realizzati con mutui concessi da istituti di credito speciale o sezioni autonome autorizzate nonchè da istituti di credito esteri.
7. Il comune, se l'opera viene realizzata su area di sua proprietà, è autorizzato ad intervenire all'atto di stipula del mutuo quale terzo datore dell'ipoteca sull'immobile a garanzia del mutuo stesso o comunque a costituire a favore del mutuatario diritto di superficie, sul quale quest'ultimo potrà iscrivere ipoteca a garanzia del mutuo.
8.
Il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi dei mutui sono garantiti
dallo Stato.
Art. 5.
1. Per l'attuazione del piano il comune interessato provvede alla progettazione ed alla esecuzione dei lavori, nonchè alla gestione del servizio direttamente ovvero mediante concessione di costruzione e gestione con affidamento a società, imprese di costruzione anche cooperative, loro consorzi. Per le opere da ammettere ai contributi previsti dall'art. 4, la concessione è subordinata alla stipula di una convenzione redatta secondo gli schemi-tipo predisposti dal Ministro per i problemi delle aree urbane di concerto con il Ministro del tesoro e diretta, tra l'altro, a garantire l'equilibrio economico della gestione. A tal fine il comune è tenuto ad inviare al Ministro per i problemi delle aree urbane copia dell'atto di concessione e della convenzione stipulata.
2.
La concessione avrà una durata non superiore a novanta anni e potrà prevedere la
costituzione di diritti di superficie su parte o sull'intera area.
Art. 6.
1. I comuni di Roma, Milano, Torino, Genova, Venezia, Trieste, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Messina, Cagliari, Catania e Palermo formulano entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge un programma urbano dei parcheggi per il triennio 1989-1991. Il programma deve essere redatto tenendo conto del decreto di cui al comma 3 dell'art. 2 indicando, tra l'altro, le localizzazioni, i dimensionamenti, le priorità di intervento nonchè le opere e gli interventi da realizzare in ciascun anno; il programma dovrà privilegiare le realizzazioni più urgenti per il decongestionamento dei centri urbani mediante la creazione di parcheggi finalizzati all'interscambio con sistemi di trasporto collettivo e dotati anche di aree attrezzate per veicoli a due ruote. L'inserimento nel programma di parcheggi finalizzati all'interscambio con sistemi di trasporto collettivo situati anche sul territorio di comuni limitrofi può essere disposto su iniziativa dei comuni di cui al primo periodo del presente comma, sentite le aziende di trasporto pubblico e previa intesa con i comuni interessati promossa dall'amministrazione provinciale.
2. L'Ente Ferrovie dello Stato e le ferrovie in regime di concessione ed in gestione governativa richiedono ai comuni di cui al primo periodo del comma 1 l'inserimento nel programma dei parcheggi di interscambio che intendono realizzare su aree di propria disponibilità. La localizzazione e il dimensionamento di tali infrastrutture sono individuati d'intesa con il comune sul cui territorio sono ubicate le aree. La realizzazione di tali parcheggi non è ammessa ai contributi di cui all'art. 7.
3. Il programma dovrà descrivere dettagliatamente le opere e per ogni opera che si intenda realizzare dovrà indicare quanto previsto dalle lettere da a) a f) del comma 3 dell'art. 3.
4. Entro il termine di cui al comma 1, il programma è trasmesso alla regione la quale, entro i 60 giorni successivi, lo approva e lo trasmette al Ministro per i problemi delle aree urbane. In caso di mancata approvazione anche parziale del programma, la regione, entro lo stesso termine di 60 giorni, è tenuta a trasmettere il programma stesso al Ministro per i problemi delle aree urbane indicando sia le ragioni del diniego, sia le tecnologie, le localizzazioni, i dimensionamenti alternativi e, comunque, tutti gli elementi sostitutivi di quelli rigettati con precisa e dettagliata motivazione delle alternative proposte. La mancata deliberazione di rigetto della regione nel termine di 60 giorni equivale ad approvazione del programma. Il silenzio-approvazione è attestato dal Sindaco ed è comunicato dal Sindaco stesso al Ministro per i problemi delle aree urbane entro 10 giorni dalla sua formazione.
5. Ove il comune non provveda nel termine di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, il Ministro per i problemi delle aree urbane invita la regione a formulare entro 90 giorni, sentito il comune, il programma ed a trasmetterlo entro lo stesso termine; ove la regione non provveda e nel caso di rigetto, totale o parziale, del programma comunale da parte della regione, il Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, il Ministro per i problemi delle aree urbane convoca il comune e la regione al fine di definire il programma da realizzare.
6. Il programma approvato, qualora contenga disposizioni in contrasto con quelle contenute negli strumenti urbanistici vigenti, costituisce variante degli strumenti stessi. L'atto di approvazione del programma costituisce altresì dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere da realizzare.
7. Entro il 31 gennaio di ciascun anno i comuni di cui al primo periodo del comma 1 trasmettono alla regione e al Ministro per i problemi delle aree urbane una relazione dettagliata sullo stato di attuazione degli interventi programmati per l'anno precedente, unitamente ad eventuali proposte di modifica del programma triennale. Per tali proposte valgono le norme di cui ai precedenti commi.
8.
Per l'attuazione del piano valgono le norme di cui all'art. 5.
Art. 7.
1. Esaurita la procedura di cui all'art. 6, il Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, il Ministro per i problemi delle aree urbane, entro 60 giorni dall'approvazione del programma, su parere, da esprimersi entro 30 giorni dalla richiesta, della commissione interregionale di cui all'art. 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281, determina con decreto le opere e gli interventi da ammettere al contributo previsto dal comma 2. Decorsi i 30 giorni previsti senza che la commissione abbia espresso parere, il Ministro può procedere direttamente all'emanazione del decreto.
2. L'ammissione ai contributi è disposta annualmente dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro per i problemi delle aree urbane tenendo conto delle opere programmate dai comuni per l'anno di emanazione e del rispetto dei tempi indicati nel programma per la realizzazione degli interventi, secondo le risultanze della relazione di cui al comma 7 dell'art. 6. Per gli anni successivi al primo il decreto di ammissione ai contributi è emanato entro il 31 marzo. I contributi sono corrisposti con le modalità di cui al comma 2 dell'art. 4.
3.
L'ammissione è disposta nell'ambito di un volume massimo di mutui di lire 2.000
miliardi nel triennio 1989-1991, da autorizzare nel limite di lire 500 miliardi
per ciascuno degli anni 1989 e 1990 e di lire 1.000 miliardi per l'anno 1991. Le
quote di mutuo non contratte in ciascun anno possono esserlo negli anni
successivi.
Art. 8.
1. Per la concessione dei contributi previsti dall'art. 7 è autorizzato il limite di impegno quindicennale di lire 50 miliardi per ciascuno degli anni 1989 e 1990 e di lire 100 miliardi per l'anno 1991.
2. La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere ai comuni i mutui occorrenti per l'attuazione degli interventi di cui al presente titolo nella misura massima del 50 per cento dei limiti di mutuo di cui al comma 3 dell'art. 7. Con decreto del Ministro del tesoro, di concerto col Ministro per i problemi delle aree urbane, la suddetta percentuale può essere modificata in relazione all'effettivo ricorso al credito effettuato presso gli istituti di cui al comma 6 dell'art. 4.
3.
Si applicano altresì le norme di cui ai commi 6, 7 e 8 dell'art. 4.
Art. 9.
1. I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni.
2. L'esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è soggetta ad autorizzazione gratuita. Qualora si tratti di interventi conformi agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, l'istanza per l'autorizzazione del Sindaco ad eseguire i lavori si intende accolta qualora il Sindaco stesso non si pronunci nel termine di 60 giorni dalla data della richiesta. In tal caso il richiedente può dar corso ai lavori dando comunicazione al Sindaco del loro inizio.
3. Le deliberazioni che hanno per oggetto le opere e gli interventi di cui al comma 1 sono approvate dalla assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con la maggioranza prevista dall'art. 1136, secondo comma, del codice civile. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.
4. I comuni, previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di superficie e su richiesta dei privati interessati o di società anche cooperative appositamente costituite tra gli stessi, possono prevedere nell'ambito del programma urbano dei parcheggi la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse. La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipula di una convenzione nella quale siano previsti:
a) la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni;
b) il dimensionamento dell'opera ed il piano economico-finanziario previsti per la sua realizzazione;
c) i tempi previsti per la progettazione esecutiva, la messa a disposizione delle aree necessarie e la esecuzione dei lavori;
d) i tempi e le modalità per la verifica dello stato di attuazione nonchè le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti.
5. I parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli.
6.
Le opere e gli interventi di cui ai precedenti commi 1 e 4, nonchè gli acquisti
di immobili destinati a parcheggi, effettuati da enti o imprese di assicurazione
sono equiparati, ai fini della copertura delle riserve tecniche, ad immobili ai
sensi degli articoli 32 ed 86 della legge 22 ottobre 1986, n. 742.
Art. 10.
1. Gli enti concessionari di autostrade o le società da essi appositamente costituite possono realizzare e gestire in regime di concessione infrastrutture di sosta e corrispondenza e relative adduzioni, purchè connesse alla rete autostradale e finalizzate all'interscambio con sistemi di trasporto collettivo.
2. La localizzazione e il dimensionamento di tali infrastrutture e le relative adduzioni sono individuate nell'ambito del programma urbano dei parcheggi, di intesa tra il comune e i soggetti di cui al comma 1.
3. La concessione di cui al comma 1 è assentita con decreto del Ministro dei lavori pubblici Presidente dell'ANAS di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il consiglio di amministrazione dell'ANAS. Con lo stesso provvedimento è approvato l'atto convenzionale da stipularsi con l'ANAS, con l'intervento del comune interessato, disciplinante anche le modalità di utilizzo delle risorse a tal fine destinate, nonchè di erogazione dei mutui e dei contributi di cui ai commi 4 e 5.
4. Per il conseguimento delle esclusive finalità di cui al presente articolo possono essere utilizzate fino al 31 dicembre 1992 le disponibilità di cui all'art. 5 della legge 3 ottobre 1985, n. 526, fermi i limiti di spesa e la garanzia dello Stato in esso previsti.
5.
Per le medesime finalità il Fondo centrale di garanzia per le autostrade e
ferrovie metropolitane, utilizzando il saldo netto, accertato al 1º gennaio di
ciascun anno, delle disponibilità finanziarie ad esso affluite, ivi comprese
quelle derivanti dai rimborsi di cui all'art. 15 della legge 12 agosto 1982, n.
531, è autorizzato ad erogare ai soggetti di cui al comma 1 contributi in conto
interessi a fronte di contratti di mutuo da essi stipulati per il finanziamento
delle infrastrutture di cui al medesimo comma 1. Con decreto del Ministro del
tesoro, ad integrazione ed aggiornamento del decreto ministeriale 29 maggio
1969, si provvede alla definizione delle modalità attuative del presente comma
ed alla fissazione della misura del contributo in conto interessi da erogare a
fronte delle suddette operazioni finanziarie.
Art. 11.
1. Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'art. 9, primo comma, lettera f), della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
2. Le prestazioni derivanti da contratti aventi per oggetto la realizzazione delle opere e degli interventi previsti dalla presente legge sono soggette all'imposta sul valore aggiunto con l'aliquota del 2 per cento. La stessa aliquota si applica ai trasferimenti degli immobili o di porzioni degli stessi anche in diritto di superficie.
3.
L'atto di cessione del diritto di superficie è soggetto all'imposta di registro
in misura fissa.
Art. 12.
1.
Al primo comma dell'art. 2 del testo unico delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15
giugno 1959, n. 393, e successive modificazioni, dopo il primo alinea, sono
aggiunti i seguenti: <<Area pedonale urbana: zona urbana interdetta alla
circolazione dei veicoli, salvo consenso per i velocipedi e per i veicoli al
servizio di persone portatrici di handicap con limitate capacità motorie; Zona a
traffico limitato: area in cui l'accesso e la circolazione sono limitati ad ore
prestabilite e/o a particolari categorie di utenza o di veicoli;>>.
Art. 13.
1. I comuni con deliberazione del consiglio comunale - immediatamente esecutiva - provvedono a delimitare le aree pedonali urbane e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull'ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio. In caso di urgenza il provvedimento potrà essere adottato con ordinanza del Sindaco, ancorchè di modifica o integrazione di quello del consiglio comunale. Analogamente i comuni provvedono a delimitare altre zone di particolare rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari di traffico, di cui al secondo periodo dell'ottavo comma dell'art. 4 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, come sostituito dall'art. 15, comma 2, della presente legge.
2. Le zone indicate nel comma 1 saranno indicate mediante appositi segnali stradali stabiliti dal Ministro dei lavori pubblici con proprio decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con il medesimo decreto saranno altresì stabiliti gli altri segnali previsti dalla presente legge e dalle norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, modificato o integrato con la presente legge.
3.
Nell'ambito delle zone di cui al comma 1 e delle altre zone di particolare
rilevanza urbanistica nelle quali sussistono condizioni di esigenze analoghe a
quelle previste nel medesimo comma 1 i comuni hanno facoltà di riservare, con
ordinanza del Sindaco, superfici o spazi di sosta per veicoli privati dei soli
residenti nella zona, a titolo gratuito od oneroso.
Art. 14.
1.
All'art. 3 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959,
n. 393, e successive modificazioni, il quattordicesimo comma è sostituito dal
seguente: <<Chiunque viola gli obblighi, i divieti e le limitazioni disposti ai
sensi del presente articolo, è soggetto alla sanzione pecuniaria amministrativa
da lire ottantamila a lire duecentomila. Se la violazione riguarda i divieti o
le limitazioni di cui al terzo comma, lettera c), la sanzione è da lire
quarantamila a lire centomila>>.
Art. 15.
1. Al quinto comma dell'art. 4 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, è aggiunta infine la seguente lettera:
<<d) stabilire con deliberazione del Consiglio comunale aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo della durata anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe>>.
2. I commi ottavo e decimo dell'art. 4 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, sono rispettivamente sostituiti dai seguenti: <<Qualora il comune assuma l'esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l'installazione dei dispositivi di controllo della sosta di cui al quinto comma, lettera d), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze deve essere autorizzato un adeguato parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite a norma del primo comma dell'art. 2 <<area pedonale urbana>> e <<zona a traffico limitato>>, nonchè per quelle definite <<A>> dall'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e in altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dal comune, nelle quali sussistono esigenze e condizioni particolari di traffico>>. <<Chiunque viola gli obblighi, i divieti e le limitazioni disposte ai sensi del presente articolo, è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa da lire ottantamila a lire duecentomila, salvo che siano stabilite dalle presenti norme sanzioni diverse. Se la violazione riguarda i divieti o le limitazioni di cui all'art. 3, terzo comma, lettera c), la somma è da lire quarantamila a lire centomila>>.
3. All'art. 4 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, dopo l'ultimo comma, sono aggiunti i seguenti:
<<La stessa sanzione di cui al secondo periodo del comma precedente si applica a
chiunque usufruisca arbitrariamente del rinnovo del periodo di sosta
predeterminato dai dispositivi di controllo. Ai sensi dell'art. 3, settimo
comma, l'inizio e la fine delle zone disciplinate con i dispositivi di cui al
quinto comma, lettera d), sono evidenziate con segnali stradali stabiliti con
decreto dal Ministro dei lavori pubblici. Nelle strade e nei tratti di esse in
cui con ordinanza del Sindaco viene stabilito che la sosta degli autoveicoli
costituisce grave intralcio o pericolo per la circolazione stradale il segnale
di divieto di sosta dovrà essere integrato da un pannello aggiuntivo indicante
la rimozione coatta del mezzo. Le caratteristiche del pannello saranno stabilite
con decreto del Ministro dei lavori pubblici. Chiunque viola i divieti di sosta
di cui al comma precedente è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa da
lire ottantamila a lire duecentomila salvo che siano stabilite dalle presenti
norme sanzioni diverse. Nelle aree pedonali urbane e nelle zone a traffico
limitato l'inosservanza dei divieti di sosta comporta inoltre la rimozione
forzata dei veicoli lasciati in sosta abusiva>>.
Art. 16.
1.
Al terzo comma dell'art. 7 del testo unico delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15
giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, sono aggiunte le parole: <<non
inferiore ad un metro e mezzo>>.
Art. 17.
1.
I commi terzo e quarto dell'art. 16 del testo unico delle norme sulla disciplina
della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, sono sostituiti
dai seguenti: <<Chiunque viola le prescrizioni degli agenti che regolano il
traffico è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa da lire ottantamila
a lire duecentomila. Qualora il conducente di un veicolo prosegua la marcia
nonostante l'agente vieti il passaggio la sanzione amministrativa è da lire
centomila a lire trecentomila>>.
Art. 18.
1.
I commi settimo e ottavo dell'art. 17 del testo unico delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, sono
sostituiti dai seguenti: <<Chiunque viola gli obblighi o i divieti indicati dai
segnali luminosi di circolazione è punito con la sanzione pecuniaria
amministrativa da lire ottantamila a lire duecentomila. Qualora il conducente di
un veicolo prosegua la marcia nonostante il semaforo vieti il passaggio è punito
con la sanzione pecuniaria amministrativa da lire settantacinquemila a lire
trecentomila>>.
Art. 19.
1. Al quinto comma dell'art. 115 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, dopo la lettera d), sono aggiunte le seguenti:
<<e) sulle aree destinate alla fermata o sosta dei taxi e a quelle dei veicoli per il carico e lo scarico delle merci;
f) sui marciapiedi, sulle banchine, sotto i fornici e i portici, salvo diversa segnalazione;
g) sulle piste di cicli o agli sbocchi delle medesime;
h) negli spazi riservati alla fermata o alla sosta dei veicoli per handicappati e in corrispondenza degli scivoli o dei raccordi tra i marciapiedi, rampe o corridoi di transito e la carreggiata utilizzati dagli stessi veicoli;
i) nelle isole pedonali, nelle zone a traffico limitato, nelle corsie riservate ai mezzi pubblici>>.
2. Dopo il quinto comma dell'art. 115 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, è inserito il seguente:
<<In alternativa alla rimozione, nelle ipotesi previste nei due commi precedenti, gli organi di polizia possono provvedere, anche previo spostamento del veicolo, al blocco dello stesso con un attrezzo a chiave applicato alle ruote, ovvero alla asportazione della targa posteriore mediante svitaggio. Le caratteristiche dell'attrezzo a chiave e le modalità di asportazione della targa saranno definite con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dei trasporti. Il veicolo verrà sbloccato o la targa restituita previo pagamento delle spese per il servizio. L'amministrazione comunale non è tenuta alla custodia del veicolo fino al ritiro da parte dell'interessato>>.
3.
I commi settimo e ottavo dell'art. 115 del testo unico delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, sono
sostituiti dai seguenti: <<Chiunque viola le disposizioni del quinto comma del
presente articolo è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa da lire
ottantamila a lire duecentomila; chi viola invece le altre disposizioni è punito
con la sanzione pecuniaria amministrativa da lire quarantamila a lire centomila.
Se la sosta è effettuata in corrispondenza del crocevia, delle curve, dei dossi
o delle gallerie, la sanzione pecuniaria amministrativa è da lire centomila a
lire trecentomila>>.
Art. 20.
1. L'art. 138 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
<<Art. 138 (Pagamento in misura ridotta).
1. Per le violazioni alle presenti norme per le quali è stabilita la sola sanzione amministrativa pecuniaria il trasgressore è ammesso a pagare immediatamente a chi accerta la violazione una somma pari ad un quarto del massimo stabilito.
2. Il trasgressore, qualora sia pedone, conducente di animali o di veicoli non a motore nelle violazioni previste dalle presenti norme per le quali è stabilita la sola sanzione amministrativa pecuniaria fino a lire diecimila, ventimila, quarantamila, cinquantamila, centomila, duecentomila e trecentomila, è ammesso a pagare immediatamente a chi accerta la violazione la somma rispettivamente di lire duemila, quattromila, cinquemila, diecimila, ventimila, venticinquemila e trentamila.
3. Qualora, per qualsiasi motivo, il pagamento non avvenga immediatamente, il trasgressore può provvedere anche a mezzo di versamento in conto corrente postale entro 60 giorni dalla contestazione o notificazione, presso l'ufficio che deve essergli all'uopo indicato.
4. Il pagamento previsto dai commi precedenti non è ammesso quando il trasgressore non abbia ottemperato all'invito a fermarsi, ovvero, trattandosi di conducente di veicolo a motore, si sia rifiutato di esibire il documento di circolazione, la patente di guida o qualsiasi altro documento che, ai sensi delle norme stesse, debba avere con sè. In tali casi il verbale di accertamento sarà inviato immediatamente al prefetto che procederà ai sensi dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
5. L'importo delle somme dovute ai sensi dei precedenti commi è arrotondato, ove occorre, alle cinquecento lire superiori.
6. In deroga a quanto stabilito dal primo comma dell'art. 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nell'ambito delle aree pedonali urbane e nelle zone a traffico limitato il trasgressore ai divieti di accesso e agli altri singoli obblighi, divieti o limitazioni disposti, soggiace alla sanzione prevista per ogni singola violazione commessa>>.
2. Sono abrogati i commi primo, secondo e terzo dell'art. 11 della legge 14 febbraio 1974, n. 62.
3.
La disposizione risultante dal combinato disposto dell'art. 11 della legge 14
febbraio 1974, n. 62 e degli articoli 113 e 114 della legge 24 novembre 1981, n.
689, in relazione alla disposizione del quarto comma del citato art. 11, deve
essere interpretata nel senso che la somma di lire 5.000 era dovuta soltanto
fino alla vigenza delle sanzioni edittali previste prima degli aumenti operati
dagli stessi articoli 113 e 114.
Art. 21.
1. Nelle aree disciplinate dalla legge 7 aprile 1976, n. 125, come modificata dalla legge 26 luglio 1984, n. 415, l'autorità cui compete il potere di ordinanza può disporre l'istituzione dei dispositivi atti al controllo della sosta di cui all'art. 4 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, come integrato dall'art. 15 della presente legge.
2. Alle aree di cui al comma 1 sono estese le norme che stabiliscono l'istituzione dei parcheggi non a pagamento di cui all'ottavo comma dell'art. 4 del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, come sostituito dal comma 2 dell'art. 15 della presente legge.
3. Nelle aree aeroportuali è sempre ammessa la rimozione forzata dei veicoli in sosta irregolare fermo l'obbligo per la direzione della circoscrizione aeroportuale competente di comunicare agli organi di pubblica sicurezza i dati di ogni rimozione effettuata.
4.
Alla legge 7 aprile 1976, n. 125, come modificata dalla legge 26 luglio 1984, n.
415, dopo l'art. 3 è aggiunto il seguente: <<Art. 3-bis. - 1. La rimozione, il
trasporto e la custodia dei veicoli sono svolti dalla società o ente di gestione
aeroportuale per gli aeroporti affidati in concessione e a cura della
circoscrizione aeroportuale competente per gli aeroporti gestiti dallo Stato. Il
veicolo rimosso è trasportato in aree all'uopo destinate e sarà restituito al
legittimo proprietario o detentore previo pagamento delle relative spese dovute
a titolo di trasporto e custodia>>.
Art. 22.
1. Il primo comma dell'art. 141 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
<<Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata debbono essere notificati gli estremi entro 150 giorni dall'accertamento al trasgressore o, quando questi non sia identificato e si tratti di violazione commessa da un conducente di veicolo a motore munito di targa di riconoscimento, all'intestatario del documento di circolazione del veicolo o al proprietario del veicolo stesso che risulti al pubblico registro automobilistico alla data dell'accertamento. La notificazione effettuata entro il predetto termine ad uno dei soggetti indicati non estingue l'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione nei confronti dell'effettivo trasgressore o proprietario del veicolo alla data dell'accertamento della violazione>>.
2. Dopo l'ultimo comma dell'art. 141 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, è aggiunto il seguente: <<Le notificazioni si intendono validamente eseguite quando siano fatte alla residenza o domicilio risultanti dalla carta di circolazione o dai registri di immatricolazione o dal pubblico registro automobilistico, ovvero dalla patente di guida del conducente>>.
3.
Il Ministro dei lavori pubblici, sentiti i Ministri dell'interno e di grazia e
giustizia, provvederà con decreto da emanarsi entro 30 giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge ad emanare norme di attuazione degli
articoli 141, 142, 142-bis e 143 del testo unico citato nel comma 1, come
modificato dalla presente legge, nonchè alla modifica dell'art. 606 del
regolamento per l'esecuzione del testo unico delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1959, n. 420.
Art. 23.
1. L'art. 142 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
<<Art. 142 (Ricorso e rapporto al prefetto).
1. Il trasgressore nel termine di sessanta giorni dall'accertamento o dalla notificazione della violazione, può proporre ricorso al prefetto del luogo della commessa violazione, da presentarsi allo stesso ufficio o comando cui appartiene l'organo accertatore.
2. Il responsabile dell'ufficio o del comando è tenuto a trasmettere entro quindici giorni dal deposito o ricevimento del ricorso gli atti al prefetto con prova delle eseguite contestazioni o notificazioni nonchè ogni altro elemento utile alla determinazione dell'illecito, anche se fornito dal trasgressore.
3. Il prefetto procederà ai sensi dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
4. Contro l'ordinanza di ingiunzione del prefetto, il trasgressore può proporre opposizione ai sensi dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Il relativo giudizio è disciplinato dall'art. 23 della stessa legge.
5.
Qualora nel termine di sessanta giorni dall'accertamento o dalla notificazione
della violazione non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento
in misura ridotta non si applica la norma di cui al primo e al secondo comma
dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689>>.
Art. 24.
1. Dopo l'art. 142 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, è aggiunto il seguente:
<<Art. 142-bis (Riscossione dei proventi delle sanzioni pecuniarie).
1. Il sommario processo verbale per il quale non sia stato effettuato il pagamento previsto dall'art. 138 e non sia stato presentato ricorso a norma dell'art. 142, primo comma, costituisce titolo esecutivo per la somma pari alla metà del massimo della sanzione pecuniaria edittale.
2. I ruoli di cui all'art. 27, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono preparati e trasmessi dalla provincia e dal comune all'intendente di finanza competente e dagli organi dello Stato all'intendente di finanza della provincia in cui si trovano il comando e l'ufficio dell'organo accertatore.
3. L'intendente di finanza dà in carico all'esattore il ruolo per la riscossione in unica soluzione.
4.
Si applicano i commi terzo, quarto, quinto, sesto e settimo dell'art. 27 della
legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili>>.
Art. 25.
1. L'art. 143 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
<<Art. 143 (Provvedimenti dell'autorità giudiziaria).
1. Per le violazioni costituenti reati ai sensi delle norme del presente testo unico il rapporto viene presentato al pretore con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni.
2. Quando la contravvenzione non sia stata notificata nel termine prescritto dall'art. 141 il pretore pronuncia sentenza di non doversi procedere.
3.
Il pretore quando in seguito all'esame degli atti e alle investigazioni che
reputa necessarie, ritenga di infliggere soltanto la pena dell'ammenda,
pronuncia condanna mediante decreto penale senza procedere al dibattimento,
salvi i casi previsti dalla legge. é ammessa ove possibile l'oblazione ai sensi
dell'art. 162-bis del codice penale>>.
Art. 26.
1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 150 miliardi per l'anno 1989, in lire 250 miliardi per l'anno 1990 ed in lire 350 miliardi per l'anno 1991, si provvede mediante utilizzo delle proiezioni per gli anni medesimi dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1989-1991, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, per l'anno 1989, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento: <<Progetti integrati per l'avvio di un piano pluriennale di infrastrutture, impianti tecnologici e linee metropolitane nelle aree urbane>>.
2.
Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le
occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 27.
1. Per l'esercizio delle competenze di cui alla presente legge il Ministro per i problemi delle aree urbane si avvale di una commissione, nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro per i problemi delle aree urbane e composta da nove membri scelti fra il personale civile e militare dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche collocati in posizione di comando presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Ufficio del Ministro per i problemi delle aree urbane per tutta la durata dell'incarico.
2.
Possono essere chiamati a far parte della commissione in qualità di esperti
anche soggetti estranei alla Pubblica amministrazione in numero non superiore a
tre unità.
Art. 28.
1.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, o per sua delega, il Ministro per i
problemi delle aree urbane riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione
delle norme di cui ai Titoli I, II e III della presente legge entro il 30 giugno
di ciascun anno.
Art. 29.
1. Le norme contenute nei Titoli I, II, III e V della presente legge entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge stessa nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
2. Le norme contenute nel Titolo IV della presente legge entrano in vigore dal 1º giugno 1989 e si applicano alle violazioni accertate da tale data.
Istituzione della
figura del responsabile condominiale della sicurezza
Legislatura 14º - Disegno di legge N. 3309
SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIV LEGISLATURA ———–
N. 3309
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori DEMASI, ULIVI, D’AMBROSIO, DANZI, MELELEO, COSSIGA, MULAS, MINARDO, IERVOLINO, BISCARDINI, BATTAGLIA Antonio, TOFANI, PALOMBO e FORLANI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 FEBBRAIO 2005
———–
Istituzione della
figura del responsabile
condominiale della sicurezza
———–
Art. 1.
(Istituzione del
responsabile
condominiale della sicurezza)
1. Dopo l’articolo 1129 del codice civile sono inseriti i seguenti:
«Art. 1129-bis. - (Nomina e revoca del responsabile condominiale della sicurezza) – Quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un responsabile condominiale della sicurezza. Se l’assemblea non provvede, la nomina è fatta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
Il responsabile della sicurezza dura in carica un anno e può essere revocato
in ogni tempo dall’assemblea.
Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun
condomino, oltre che nel caso previsto per l’amministratore dall’ultimo comma
dell’articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione,
ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.
La nomina e la cessazione per qualunque causa del responsabile della
sicurezza sono annotate in apposito registro.
Art. 1129-ter. - (Attribuzioni del responsabile condominiale della sicurezza) – Il responsabile condominiale della sicurezza deve collaborare con l’amministratore di condominio per tutte le opere e i servizi affidati in appalto a terzi, per l’esecuzione dei quali il condominio ha l’obbligo di rispettare quanto prescritto dall’articolo 7 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 696, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, in materia di sicurezza.
Per l’esecuzione delle opere di cui al primo comma, il responsabile della sicurezza deve affiancare l’amministratore ottemperando a quanto prescritto dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 626 del 1994, che dispone l’osservanza dei seguenti obblighi:
a) affidare i lavori a soggetti che hanno i necessari requisiti tecnico-professionali;
b) verificare la loro iscrizione, siano essi appaltatori o
lavoratori autonomi, alla camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura;
c) fornire loro informazioni dettagliate sui rischi condominiali
specifici;
d) acquisire il documento di valutazione del rischio dell’impresa
appaltatrice, che riporta le procedure per l’esecuzione in sicurezza dei lavori
appaltati;
e) comunicare le misure di emergenza adottate per la prevenzione
degli incendi».
Art. 2.
(Requisiti e corsi
di formazione)
1. Il responsabile condominiale della sicurezza deve essere in possesso di specifici requisiti conseguiti con la frequenza di corsi organizzati dalla regione o da privati accreditati ai sensi dell’articolo 3, ovvero con la certificazione di attività di amministrazione di condominio svolta per almeno cinque anni continuativamente.
2. Il responsabile condominiale della sicurezza deve essere iscritto in
apposito registro tenuto presso la camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura della provincia ove ha la propria residenza.
3. Con decreto del Ministero delle attività produttive, da adottare entro
trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono
individuati l’elenco dei requisiti di cui al comma 1 nonché le modalità di
accesso e le condizioni di permanenza nel registro di cui al comma 2.
Art. 3.
(Accreditamento dei corsi tenuti da privati)
1. I corsi di cui al comma 1 dell’articolo 2 possono essere svolti da privati accreditati secondo modalità previste dal Ministero delle attività produttive, con proprio decreto.
2. I privati accreditati ai sensi del comma 1 possono tenere anche i corsi per amministratore di condominio, ma non quelli per architetto dell’edificio.
Il servizio di pulizia
nel condominio
Legge 25 gennaio 1994 n. 82
Gli adempimenti richiesti dalla legge n.82 del 25 gennaio 1994
La Gazzetta Ufficiale del 3 febbraio 1994 n.27 ha pubblicato la legge n. 82/1994 sulla "disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione " disponendo che le imprese che svolgono tali servizi devono essere iscritte nel registro delle ditte di cui al testo unico approvato con R.D. 20 settembre 1934 n. 2011 o nell’albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla legge n. 443)1985.
Il Ministro dell’industria dovrà provvedere a definire:
a) - le attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione;
b) - i requisiti di capacita’ economico - finanziaria, tecnica e organizzativa delle imprese che svolgono tali attività che devono essere certificati ai sensi della normativa in materia;
c) - la misura del contributo per l’iscrizione nel registro delle ditte o nell’albo provinciale delle imprese artigiane cui al comma 1, nonché le relative modalità di versamento;
d) - le fasce nelle quali devono essere classificate, nel registro delle ditte o nell’albo provinciale delle imprese artigiane, le imprese di pulizia, tenuto conto del volume d’affari al netto dell’Iva ai fini della partecipazione, secondo la normativa comunitaria, alle procedure di affidamento dei servizi previsti.
Le sanzioni
L’art. 6, comma quarto, prevede espresse sanzioni a carico, per quanto ci occupa dell’amministratore del condominio (" a chiunque stipuli contratti per lo svolgimento di attività di cui alla presente legge, o comunque si avvalga di tali attività a titolo oneroso, con imprese di pulizia non iscntte o cancellate dal registro delle ditte o dall’albo provinciale delle imprese artigiane, o la cui iscrizione sia stata sospesa, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire due milioni."). Aggiunge poi che i contratti stipulati con imprese non iscritte o cancellate o la cui iscrizione sia stata sospesa, siano nulli.
I requisiti di onorabilità
La legge prevede poi - art. 2 - ai fini dell’iscrizione alcuni requisiti che devono essere posseduti dal titolare e dal direttore, in capo poi a tutti i soci se si tratta di società in nome collettivo, agli accomandatari se in accomandita e agli amministratori nel caso di società o di cooperative. Infatti l’iscrizione e’ accordata qualora nei confronti delle persone di cui sopra:
a) - non sia pronunciata sentenza penale definitiva di condanna o non siano in corso procedimenti penali nei quali sia gia’ stata pronunciata sentenza di condanna per reati non colposi, a pena detentiva superiore a due anni o sentenza di condanna per reati contro la fede pubblica o il patrimonio, o alla pena accessoria dell’interdizione dall’esercizio di una professione o di un’arte o dell’interdizione dagli uffici direttivi delle imprese, salvo che sia intervenuta la riabilitazione;
b) - non sia stata svolta o non sia in corso procedura fallimentare, salvo che sia intervenuta la riabilitazione ai sensi degli articoli 142, 143 e 144 delle disposizioni approvate con R.D. 16 marzo 1942, n. 267;
c) - non siano state applicate misure di sicurezza o di prevenzione ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956 n. 1423, 10 febbraio 1962 n. 57,31 maggio 1%5 n. 575, e 13 settembre 1982 n. 46, e successive modificazioni, o non siano in corso procedimenti penali per reati di stampo mafioso; corso procedimenti penali per reati di stampo mafioso;
d) - non sia stata pronunciata sentenza penale definitiva di condanna per il reato di cui all’articolo 413-bis del codice penale;
d) - non sia stata pronunciata sentenza penale definitiva di condanna per il reato di cui all’Art.413 bis del cod. Pen.;
e) - non siano state accertate contravvenzioni per violazioni di norme in materia di lavoro, di previdenza e di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, non conciliabili in via amministrativa. Parimenti il Ministro dell’industria dovrà, con decreto, disciplinare i casi e le modalità di sospensione, di cancellazione e di reiscrizione delle imprese.
Il regime transitorio
L’art. 7 prevede poi che le imprese di pulizia che svolgono le attivita’ di cui sopra alla data del 18 febbraio 1994 possono continuare ad esercitarle, purche’ presentino domanda di iscrizione nel registro delle ditte o nell’albo provinciale delle imprese artigiane, corredata dalla certificazione di cui sopra, entro novanta giorni dalla data di emanazione del decreto previsto dimostrando di avere effettuato le attivita’ in parola prima della data della sua entrata in vigore.
A questo punto sembra delinearsi l’ennesima responsabilita’ dell’amministratore, che ha in corso un contratto d’opera : il che lo induce a risolvere immediatamente il contratto ovvero ad invitare la controparte ad ademipiere a quanto prescritto dalla legge. Ma dovra’ altresi’ pretendere la certificazione idonea, al fine di accertare se la stessa ha provveduto ad espletare quanto previsto dalla legge. Non dimentichiamo che anche nel corso del rapporto l’indagme va comunque espletata: la cancellazione o la sospensione impone la nullita’ del contratto e la sanzione pecuniaria a carico dell’amministratore di condominio.
Ci troviamo quindi di fronte ad una norma imperativa, che si sovrappone a qualsiasi contratto d’opera, che diventa inefficace e portatrice di grane per le parti.
ARTICOLI
Trasformazione in pubblico
esercizio di unità immobiliare
A cura di Carlo Musto
Il quotidiano Italia Oggi pubblica, in un articolo di Giuseppe Bordilli, una
importante sentenza del TAR Campania n. 4235/2004 che si è espresso in merito ad
vicenda strettamente connessa con la materia condominiale.
Il proprietario di un locale posto al secondo piano di un condominio aveva
ottenuto il cambio di destinazione d'uso degli ambienti per trasformarli in
locali per la ristorazione, nonchè le relative licenze commerciali.
Il Tar ha stabilito che la trasformazione in pubblico esercizio di unità
immobiliare che fino ad allora era sempre stata utilizzata per civile
abitazione, incide "indubitabilmente sui diritti soggettivi (salute, privacy e
diritti patrimoniali sulla proprietà) degli altri proprietari del medesimo
fabbricato", che pertanto hanno il diritto ad essere informati dell'avvio dei
procedimenti modificativi richiesti.
Il Tar ha idividuato nel Comune il soggetto obbligato a darne loro comunicazione
onde consentirgli di "bloccare ogni decisione favorevole a consentire nello
stabile le attività considerate incompatibili con la presenza di abitazioni".
Le violazioni del locatario
Nel caso di violazione di disposizioni legittimamente contenute nel
regolamento condominiale che stabiliscano il divieto di destinare singoli locali
dell'edificio a determinati usi, il condominio può chiedere nei diretti
confronti del conduttore di un appartamento sito nel fabbricato condominiale, la
cessazione della destinazione abusiva e l’osservanza in forma specifica delle
istituite limitazioni, in quanto il conduttore non può trovarsi, rispetto al
condominio, in posizione diversa da quella del condomino suo locatore.
In tali circostanze, qualora il conduttore sia chiamato in giudizio
perché cessi il comportamento abusivo, dovrà essere chiamato anche il
proprietario dell’immobile. In tali ipotesi. (litisconsorzio necessario).
La Suprema Corte ha affermato [ sentenza n. 8239 del 29 agosto 1997] che
il condomino-locatore, in quanto principale destinatario delle norme
regolamentari, si pone nei confronti della collettività condominiale non solo
come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua, ma
anche come responsabile delle violazione delle stesse norme da parte del
conduttore del suo bene, essendo tenuto non solo ad imporre contrattualmente al
conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento, ma
altresì a prevenire le violazioni ed a sanzionarle anche mediante la cessazione
del rapporto di locazione.
Rapporti tra inquilino e
proprietario
L'inquilino è tenuto al rispetto del regolamento condominiale a osservare
le deliberazioni dell'assemblea condominiale.
Ha diritto di voto per quanto riguarda le spese e le modalità di gestione
dell'impianto di riscaldamento e degli altri servizi comuni.
Elenchiamo di seguito alcune regole fondamentali per una locazione sicura:
- Consegnate le chiavi della casa all'inquilino solo dopo la stipula del
contratto.
- Pretendete il deposito cauzionale.
- Concordate sempre l'accettazione della Tabella Confedilizia per la
ripartizione degli oneri accessori.
- Non accettate la proposta di intestare all'inquilino le utenze (luce,
acqua, ecc.).
- Fatevi dare precise referenze sulla solvibilità dell'inquilino.
- Vietate la sublocazione a canone superiore a quello pagato
dall'inquilino.
- Evitate di non registrare il contratto o di far figurare in contratto
un canone inferiore.
Si agli sfratti anche se il
proprietario non paga le tasse
Il proprietario di casa che intende sfrattare l’inquilino non dovra’ piu’
dimostrare di essere in regola con il fisco. e’ quanto ha stabilito la corte
costituzionale con la sentenza n. 333 del 5 ottobre 2001( presidente ruperti
,relatore marini),dichiarando l’illeggittimita’costituzionale dell’art.7 della
legge 199, n. 431,che condiziona la messa in esecuzione dei provvedimenti di
rilascio degli immobili locati ad uso abitativo alla dimostrazione di avere
adempiuto agli obblighi fiscali relativo all’irpef,ici, e imposte di registro).
Gli impedimenti di carattere giurisdizionale dei diritti, quando non siano
connessi alle esigenze del processo ,violano l’art. 24 della costituzione sulla
liberta’ di agire in giudizio.
Decreto ingiuntivo: email e
fax costituiscono prova scritta
Tribunale di Ancona con ordinanza 09.04.2005
Nell'evoluzione del linguaggio commerciale una e-mail e un fax non possono
NON essere considerati documenti validi giuridicamente e quindi costituire
"forma scritta" e "prova scritta" (a fini contrattuali e processuali).
La prova scritta ostativa alla concessione della provvisoria esecuzione di un
provvedimento monitorio richiesta nel corso di un giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo, ex art. 648, c.p.c., può ravvisarsi anche nell’intercorsa
corrispondenza, trasmessa via fax ed e-mail a sostegno della domanda
riconvenzionale spiegata dall’opponente per il riconoscimento della pretesa di
credito vantata nei confronti dell’opposto"
Quale tutela per il
condominio nella morosità
Tutti gli Amministratori Condominiali sanno che, qualora un condomino non paghi
le spese di amministrazione, sono tenuti ad adire l'Autorità Giudiziaria al fine
di ottenere un decreto ingiuntivo immeditamente esecutivo, molti di loro hanno
anche maturato l'esperienza di cosa accada dopo la notifica del decreto in quei
casi, sempre piu' frequenti, in cui la morosità non sia conseguenza di
contestazioni o di periodi transitori di difficoltà, ma sia sintomo di effettivo
dissesto economico del condomino e quando, fatto ancora piu' grave, la morosità
nella contribuzione condominiale coincida con la morosità nella corresponsione
delle rate del mutuo all'istituto bancario erogatore.
In questa ipotesi, infatti, il condominio si inserisce in un procedura esecutiva
che impiega anni a definirsi e che, alla fine, riesce a malapena asoddisfare il
creditore ipotecario (la banca mutuante) ed i professionisti impiegati (avvocati
del procedente in via principale, consulenti tecnici, notaio ecc..) frustrando
le legittime aspettative dei condòmini.
Il condominio è, nella quasi totalità dei casi costretto a dare la precedenza
all'istituto di credito.
Ma questo orientamento dei Tribunali è legittimo’ Solo una minoranza di
pronunzie vanno nel senso che le spese di manutenzione del caseggiato, in caso
di vendità dell'immobilie all'asta, prevalgono quali spese conservative sui
crediti privilegiati da ipoteca (Trib. Bologna 1471/2000) mentre la maggioranza
dei Giudici ritiene il contrario.
Oggi un istituto di credito puo' accendere un mutuo su un immobile disastrato,
con la coscienza che i lavori necessari e le relative spese renderanno
impossibile per il nuovo proprietario mutuato adempiere quindi, in caso di
mancato pagamento, procedere alla vendità all'asta, incamerando tutto il
ricavato e, soprattutto, beneficiando delle opere che i condomini avranno
eseguito contribuendo in luogo del moroso.
Invero detto orientamento non convince dal punto di vista costituzionale.
L' ipoteca è un diritto reale, sia pure di credito, e cio' postula che il
titolare si sobbarchi anche gli oneri correlati al diritto stesso.
La S.C. è uniformemente orientata nel ritenere i contributi di manutenzione
condominiali di manutenzione obbligatoria propter rem ovvero legate alla
titolarità del bene, per cui è tenuto alla contribuzione il proprietario o
l'usufruttuario a seconda della tipologia delle opere. Anche l'ipoteca è un
diritto reale ma, quale diritto reale di credito, i suoi effetti si
concretizzano soltanto al momento della realizzazione economica data dalla
vendità forzosa del bene, che ne determina, con effetto purgativo,
l'estinzione del diritto.
A questo punto, è legittimo che il proprietario debba contribuire alla
manutenzione al fine di ricavarne un effetto economico (dato dall'incremento del
valore del bene) ed il creditore ipotecario ricavi il beneficio dall'intervento
dagli altri condomini senza alcun onere’
Le norme relative all'esecuzione immobiliare e l'art. 2770 c.c., così
interpretate, danno luogo ad una disparità di trattamento illogica tra titolari
di diritti reali atteso che, nel momento della realizzazione ecomica del bene,
uno dei due acquisisce un vantaggio ulteriore all'altro.
Il proprietario infatti, nel momento della realizzazione economica data dalla
libera vendità dell'immobile, beneficia anche delle opere che ha contribuito a
fare eseguire a proprie spese, il creditore ipotecario, al momento della
realizzazione economica del bene, che si verifica con l'effetto purgativo dato
dall'estinzione dell'ipoteca a seguito della vendità giudiziaria, incamera un
utile dato anche dai lavori eseguiti a cura e spese degli altri condomini;
l'obbligazione propter rem non tocca il titolare di ipoteca, nonostante
questa sia annoverata come la proprietà, tra i diritti reali.
Le realizzazioni economiche date dalla cessione dei diritti reali sono analoghe,
ma trattate in maniera totalmente diversa atteso che il titolare di ipoteca
si arricchisce indebitamente sulle spalle del condominio.
Tra i suggerimenti inviati al Senato nella riforma del condominio è inserita la
previsione spressa che i crediti del condominio derivanti da opere di
mantenzione siano privilegiati, nelle procedure esecutive, ai sensi dell'art.
277 c.c.; nel frattempo la questione potrà essere inviata alla Consulta.
Obblighi dell'amministratore
e proroga al 31 dicembre 2005 delle misure di sicurezza privacy
Disegno di legge Senato della Repubblica 09/02/2005, n. 3294
Prorogato il termine per l'adozione delle misure minime di sicurezza al
31 dicembre 2005.
E' stato trasmesso al Senato il disegno di legge n. 5521 della Camera dei
Deputati di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2004,
n. 314, recante proroga di termini.
Il nuovo art. 6-bis prevede, infatti, la proroga del termine per
l'adozione delle misure minime di sicurezza al 31 dicembre 2005.
Trattasi delle misure di sicurezza di cui agli articoli da 33 a 35 (trattamenti
con e senza l'ausilio di strumenti elettronici) e all'allegato B (disciplinare
tecnico delle misure minime) del D.Lgs. n. 196/2003, non previste dal D.P.R. n.
318/1999, fra cui è compresa anche la stesura del documento programmatico sulla
sicurezza.
Le protezioni previste dal Codice della privacy avrebbero dovuto essere
approntate entro fine 2004 (si tratta già di una proroga, la scadenza
originaria era il 30 giugno 2004), mentre ora si potrà aspettare fino al 31
dicembre 2005.
Inoltre, è stato prorogato al 31 marzo 2006, il termine per
l'adeguamento per i titolari di trattamenti effettuati con strumenti
elettronici, che oggettivamente non sono in grado di rispettare le
prescrizioni di legge e che sono tenuti a descriverne le ragioni in un documento
con data certa da conservare presso la propria struttura.
Il compenso dell’ amministratore di condominio
La legge nulla dispone in relazione al compenso dell’amministratore di condominio, se non che rappresenta una competenza decisionale dell’assemblea.
Il problema, peraltro, non riguarda solo il fatto se il compenso sia o meno dovuto, controversia ormai da tempo superata dalla giurisprudenza nel senso che il mandato si debba presumere, in ogni caso, oneroso, ma anche se il compenso pattuito all’inizio della gestione debba ricomprendere o meno, ad esempio, i lavori straordinari e le assemblee straordinarie.
Riguardo alla seconda fattispecie, la S.C., di recente, si è pronunziata nel senso che il compenso pattuito necessariamente ricomprenda anche le assemblee straordinarie in quanto costituiscano, a differenza di quanto avvenga in materia societaria, dove vi sono competenze specifiche, eventi accessori alla gestione ordinaria del caseggiato (Cass. 3596 del 12/3/03).
In altre parole, nelle assemblee straordinarie non si decide su particolari materie non ricomprese nella gestione ordinaria, ma le riunioni sono espletate quando l’amministratore o i condomini (questi ultimi secondo le quote disposte dalla legge) ritengano opportuno chiamare l’assemblea, oltre la seduta ordinaria che avviene una volta all’anno, a decidere anche su questioni inerenti la gestione ordinaria.
Problema più complesso riguarda i lavori straordinari; quando si pattuisce un onorario forfetizzato e, nel corso della gestione, si verifichi la necessità di procedere a lavori di rilevante entità, è dovuto o meno all’amministratore un compenso maggiore per il carico di lavoro supplementare’
La S.C. non si è ancora pronunciata, mentre le Corti di merito presentano indirizzi contrastanti; la Pretura di Perugia, infatti, ritiene che, in caso di lavori straordinari, spetti all’amministratore una quota maggiore di compenso (Pret. PG 9/98); la motivazione, peraltro, presenta punti poco chiari; si parla, infatti, di ‘straordinaria amministrazione’ mentre i lavori straordinari, pur di rilevante entità, rientrano nella gestione ordinaria del caseggiato e non rappresentano ‘amministrazione straordinaria’ competenza sottratta all’amministratore e, in generale, all’assemblea, riguardando cessioni di parti comuni o innovazioni di vasta portata ecc..
Il Tribunale di Genova, al contrario, si è pronunciato nel senso che l’onorario forfetizzato contenga anche eventuale gestione di lavori di rilevante entità (Trib. GE 1501/01), in quanto l’amministratore, qualora rilevi che il compenso non appaia più congruo, potrà sempre recedere dal contratto.
In definitiva, è bene che le parti, al momento del conferimento dell’incarico, stabiliscano bene qual è il compenso che può essere individuato a tariffa (con tassazione per ogni singola attività) o forfetizzato (con una somma stabilita inizialmente); diverse associazioni di proprietari e amministratori hanno stabilito un sistema misto (un compenso forfetario con previsione di somme ulteriori in ipotesi, ad esempio, di lavori o assemblee straordinarie) che può essere richiamato dalle parti al fine di evitare incomprensioni. Molti amministratori, infatti, stabiliscono un compenso forfetario molto basso per ‘bruciare’ la concorrenza, poi lo ‘gonfiano’ con spese non documentate quali stampa rendiconti, corrispondenza ecc. in realtà veri e propri compensi che sfuggono anche al fisco.
L'Amministratore revocato
puo' rifiutarsi di consegnare la documentazione’
La detenzione della documentazione contabile del condominio da parte
dell'Amministratore deve cessare con la revoca del mandato ed il rifiuto di
restituire la documentazione relativa al condominio,per qualsiasi ragione
avvenga, e' illegittimo. Pret. Roma 28 settembre 1984.
L'azione proposta nei confronti dell'Amministratore precedente, al fine di
ottenere la restituzione della documentazione relativa alla gestione contabile
di sua competenza, rientra fra le azioni spettanti nei confronti del mandatario;
si ritiene in giurisprudenza che detta azione possa essere esperita
dall'Amministratore in carica del condominio, senza necessità di autorizzazioni
assembleari, poichè essa integra un atto diretto alla tutela degli interessi dei
condomini nella loro totalità e come tale rientrante nei limiti delle
attribuzioni dell'Amministratore previste dell'art. 1130 cod civ.
Condominio e privacy :
Vietato pubblicare l’elenco dei morosi
Secondo il Garante per la protezione dei dati personali i condomini possono
legittimamente entrare in possesso di determinati dati riguardanti gli altri.
Infatti, per lui, le disposizione della legge 675/96 sulla tutela della privacy
non escludono assolutamente l’applicazione della disciplina codicistica in
materia condominiale, ed e’ di fondamentale importanza individuare con
precisione i nominativi dei condomini per la valutazione della validita’
dell’assemblea e delle sue deliberazioni.
L’Amministratore di condominio puo’, quindi, mettere a disposizione dei
condomini che ne facciano richiesta tutta la documentazione da lui acquisita, e
che potra’ pero’ essere utilizzata al solo scopo di verificare la regolarita’
delle procedure assembleari o per proporre eventuali impugnazioni delle
deliberazioni.
Potranno essere raccolte notizie relative alla proprieta’ o alla superficie
dell’immobile ai fini del calcolo dei millesimi e non quelle relative,l ad
esempio, al prezzo d’acquisto dell’appartamento, o numeri telefonici dei
condomini in quanto non necessari ai fini della determinazione dei diritti e
degli oneri di ciascun proprietario.
Lo stesso vale riguardo all'esposizione in bacheca dei condomini morosi, in
quanto dalle disposizioni del codice civile e della c.d. legge sulla privacy n.
675/96, nonche’ delle stesse disposizioni del regolamento condominiale (se nel
regolamento e' consentito , nessun problema dai "morosi"), si va incontro ai
principi sulla privacy.
Installazione dell'ascensore
Per deliberare l'installazione di un nuovo ascensore, sia in prima che in
seconda convocazione d'assemblea, occorre l'accordo della maggioranza dei
condomini (prevista dall’art 1136, comma 5, Cod. Civ.) e almeno i due terzi del
valore dell’edificio, trattandosi di un’innovazione (Cass, Civ. 14 nonembre
1977, n. 4921).
Chi si rifiuta di usarlo deve mettere a verbale la sua rinuncia o, se é assente,
comunicarla entro 30 giorni per lettera scritta.
Un'eccezione a queste norme del codice è stata però creata con la legge n. 13
del 1989.
L'articolo 2 afferma infatti che, quando nel condominio c'è un portatore di
handicap , in seconda convocazione di assemblea l'installazione dell'ascensore
può essere decisa anche da un terzo dei condomini che rappresentino un terzo del
valore dell'edificio.
Occorre precisare, però, che l'ascensore é di proprietà comune solo se
installato originariamente nell'edificio all'atto della sua costruzione.
Contrariamente, esso sarà di proprietà di quanti l'avranno installato , inoltre
ove la spesa sia stata affrontata da uno solo dei condomini, non è necessaria
l’approvazione assembleare trovando applicazione la norma generale di cui
all’art 1102 Cod. Civ., secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa
comune, purchè non alteri la destinazione e non impedisca agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
In seguito, gli altri condomini potranno sempre pretendere di utilizzare
l'apparecchio , contribuendo sia alle spese di manutenzione sia a quelle di
installazione.
La sostituzione di ascensori usurati e non più agibili con ascensori
nuovi, anche di tipo e marca diversi, conformi alle nuove tecniche, non
costituisce innovazione poiché le cose comuni oggetto delle modifiche (strutture
del vano ascensore e locali annessi, cabina) non subiscono alcuna sostanziale
trasformazione e conservano la loro destinazione strumentale al servizio, anche
se si realizzano mutamenti alla loro conformazione.
Qualora invece la qualità e l’entità delle modifiche introdotte siano tali da
determinare un mutamento del servizio e mutamenti di destinazione di parti
comuni dell’edificio, si da considerare le suddette opere come interventi di
manutenzione straordinaria, occorrerà un delibera assembleare da assumere con la
maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 4, Cod. Civ..
aldaie riscaldamento. nuovi
adempimenti e sovrapposizioni. le sanzioni
Comunicato Stampa Aduc
Prima di accendere le caldaie per il riscaldamento occorre ricordare gli
adempimenti vecchi e nuovi che attendono gli utenti. Occorre dotarsi dei nuovi
"libretto caldaia" (per i termoautonomi) o "libretto d'impianto" (per gli
impianti centralizzati) [Regolamento n.40/2004 dell'Autorità per l'energia
elettrica e il gas.]
I nuovi libretti vanno conservati insieme ai vecchi e devono riportare gli
interventi di controllo e manutenzione che sono stati fatti dai tecnici
manutentori.
Ogni due anni, infatti, occorre far verificare il rendimento di combustione e
ogni anno effettuare la manutenzione ordinaria prima della accensione. I nuovi
adempimenti consistono nella assicurazione obbligatoria per la sicurezza, che in
precedenza veniva effettuata dalle ditte fornitrici con modalità diverse e che
ora e' unificata per tutti gli utenti e l'avvio di nuovi controlli burocratici
sulla sicurezza, che saranno gestiti direttamente dalle aziende fornitrici.
Questi ulteriori controlli si sovrappongono a quelli sul risparmio energetico,
già effettuati da aziende specializzate, creando probabili confusioni Avremo due
tipi di controlli, quelli che già si effettuano con le aziende specializzate,
[sul risparmio energetico], e quelli meramente formali [il controllo dei
libretti] fatto dalle aziende erogatrici per l a sicurezza.
Il libretto deve essere sempre compilato e aggiornato, pena una multa da 516 a
2.582 euro e chi non ha adeguato l'impianto alle norme di sicurezza rischia
un'ulteriore multa da 252 a 2.582 euro e la chiusura dei rubinetti.
Antenne cellulari
Il problema dell'installazione sulle terrazze condominiali di antenne
cellulari è sempre più discusso: da un lato la richiesta di spazi comuni
per l'installazione di telefonia cellulare è sempre più vasta, dall'altro
c'è una diffidenza da parte di molti condomini all'installazione di queste
antenne in quanto molti credono che possano essere dannose.
Dal punto di vista condominiale, il problema và visto in sede di
legittimità di delibera che concede in locazione un bene comune (quale può
essere un terrazzo) all'azienda di telefonia mobile. Come verrà utilizzata la
terrazza non è connesso alla problematica condominiale, ma privata, in quanto i
singoli condomini potrebbero ricorrere a vie legali per un "danno temuto" una
volta che la delibera sia stata regolarmente effettuata. Questa delibera và
approvata con la maggioranza dei due terzi dei partecipanti al condominio.
In questo settore ci sono ancora pochissimi precedenti: uno è quello del
Tribunale di Piacenza, che in un caso simile ha così risolto il problema:
(sentenza del 13/2/1998, n. 51): ''L'installazione di un ripetitore per
telefonia cellulare su di un lastrico solare situato in un edificio condominiale
non costituisce violazione dell'art. 1122 c.c. in quanto:
a) non sussiste alcun riscontro scientifico della pericolosità di tale impianto
per la salute dei condomini;
b) la concessionaria del servizio di telefonia presenti all'autorità competente
un progetto che attesti come l'impianto suddetto non arrechi danni alla statica
dell'edificio''
La Comunità Europea ha portato la tolleranza alle emissioni a 42V/m; l'Italia
ha dimezzato i limiti previsti dalla U.E. portandoli a 20V/m con l'obbligo
di emissioni pari a non oltre 6 V/m in casi particolari, quali quelli di antenne
poste nelle vicinanze di immobili che vedano una permanenza continuativa
superiore alle 4 ore.
Con il Progetto Cassiopea, Omnitel in collaborazione con il Comune di
Catania ha voluto fare di più e di meglio: le quindici centraline dislocate nei
punti di maggiore attenzione della città di Catania, ovvero presso scuole,
ospedali, giardini pubblici, misurano costantemente i livelli di emissioni
presenti in quella data area e li trasmettono in tempo reale al data base del
Comune che provvede a divulgarli ai cittadini tramite il sito internet ed altri
media. E' Importante sottolineare che il sistema e' stato donato da Omnitel al
Comune ed i soli operatori comunali ne hanno le chiavi di accesso.
Ogni cittadino dunque, può collegarsi con il sito del Comune per sapere i
livelli di campo elettromagnetico presenti in una delle aree cittadine
controllate dalle centraline , oppure può telefonare alla Direzione Tutela
Ambiente dell' Amministrazione comunale per avere i dati richiesti.
Riscaldamento centrallizato:
si paga anche se non scalda
Qualora un condomino ritenga che l’impianto di riscaldamento centralizzato non
eroghi sufficiente calore, questi non ha il diritto di astenersi dal pagamento
delle spese per il mantenimento dello stesso.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12596 del 28
agosto 2002.
La Corte ritiene che l’erogazione insufficiente di calore non costituisca un
motivo valido per astenersi autonomamente dalla contribuzione alle spese per il
mantenimento del servizio di riscaldamento centralizzato.
Lo strumento che la Cassazione concede al condomino insoddisfatto è quello della
richiesta di danni. In questo caso, è necessario che venga effettuato
l’accertamento giudiziale del danno subito, il quale verrà eventualmente
liquidato, tenendo in considerazione i contributi pagati all’amministrazione
condominiale e le spese affrontate per sopperire alla carente erogazione di
calore.
Tale soluzione, però, può richiedere molto tempo e comportare ulteriori spese.
In alternativa, il condomino può richiedere di staccarsi definitivamente
dall’impianto di riscaldamento centralizzato e realizzarne uno autonomo.
Le condizioni necessarie per il distacco sono le seguenti: il costo
dell’operazione dovrà essere a carico del condomino; se dovessero aumentare le
spese di gestione a seguito del distacco, il maggior onere sarà a carico del
condomino che si è distaccato; l’intervento non dovrà danneggiare la sicurezza e
il funzionamento dell’impianto centralizzato.
L'impianto di riscaldamento
centralizzato non scalda abbastanza’ Il condomino deve comunque contribuire alle
spese di mantenimento.
CONDOMINIO NEGLI EDIFICI - PARTI COMUNI DELL'EDIFICIO - IMPIANTI COMUNI -
RISCALDAMENTO (TERMOSIFONE) - Impianto centralizzato - Insufficiente
erogazione del servizio - Contribuzione nelle spese di esercizio - Diritto di
esonero del condomino - Esclusione - Obbligo di contribuzione - Sussistenza -
Danni subiti dal condomino per la carente erogazione del riscaldamento -
Accertamento giudiziale e liquidazione - Affermazione - Criterio.
L'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie alla conservazione
ed al godimento del servizio centralizzato del riscaldamento (come di ogni altra
parte comune) non viene meno per la semplice circostanza che l'impianto non
eroghi sufficiente calore nè, quest'ultima circostanza, può giustificare un
esonero dal contributo.
Tuttavia, in caso di insufficiente erogazione della giusta quantità di calore,
il condomino può far valere la lesione al suo diritto ad una adeguata erogazione
di calore, previo accertamento giudiziale del danno subito e della sua
liquidazione, riferibile, da un lato, ai contributi pagati - a questo scopo - al
condominio e, da un altro lato, alle spese affrontate per supplire - con propri
mezzi - alla carente erogazione del servizio centralizzato.
e Antenne Satellitari sono
"Innovazioni necessarie"
Nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 24 marzo scorso è stata pubblicata la legge
20 marzo 2001, n. 66 la quale stabilisce che entro l’anno 2006 le trasmissioni
televisive dei programmi e dei servizi multimediali devono essere irradiate
esclusivamente in tecnica digitale.
Con questo obbiettivo , al comma 13 dell’art. 2 bis e’ stata prevista
un’importante ‘novità’ della quale l’amministratori e condominio dovranno tener
conto in occasione di delibere relative all’installazione di nuovi impianti
satellitari.
Infatti, per favorire lo sviluppo e la diffusione delel nuove tecnologie , e
per l’installazione di una nuova antenna parabolica centralizzata sarà
sufficiente il voto favorevole di un terzo dei partecipanti al condominio
rappresentanti almeno un terzo del valore millesimale dell’edificio, facilitando
la realizzazione senza la prevista maggioranza qualificata che determinava
difficoltà per l’impegnativo voto assembleare, essendo una ‘innovazione
necessaria’.
Essa contribuisce a migliorare l’aspetto ambientale molto spesso deteriorato
dalla presenza di numerose parabole individuali che non possono essere rimosse
per la garanzia del costituzionale diritto all’informazione.;
Alcuni contro sono l’esclusione dei benefici fiscali e l’osservanza dei
regolamenti edilizi, quando ci sono, emanati dai comuni soprattutto per quanto
riguarda la tutela dei centri storici.
L'uso del cortile come
ricovero per le biciclette
La presenza di clausole nel regolamento condominiale che prevedono il divieto da
parte dei condomini di occupare un bene comune con cose loro o vietano
particolari usi del bene comune , possono impedire l'uso del cortile come
ricovero per le biciclette.
Tali norme non necessitano l'approvazione all'unanimità per essere modificate.
In questo modo l'assemblea, con un numero di voti che rappresentino la
maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore millesimale, può
comunque autorizzare la presenza in cortile delle biciclette.
Inoltre puo' legittimamente decidere a maggioranza semplice, pur in presenza di
una clausola che preveda il divieto di occupare spazi comuni per un uso che sia
di interesse comune, di realizzare un portabiciclette nel cortile per consentire
il ricovero delle biciclette ai condomini richiedenti.
Va infatti sottointeso che l'uso di interesse comune indicato nel regolamento
condominiale non va riferito a un uso che deve potenzialmente essere esercitato
da tutti i condomini.
Le innovazioni vietate
Per innovazione si intende, ha affermato la giurisprudenza, tutte le opere
nuove, che implichino notevoli modifiche, in tutto o in parte nella destinazione
di fatto o di diritto, con l’effetto di migliorarne o peggiorarne il godimento,
o comunque alterarne la destinazione originaria.
Il codice civile indica due articoli molto importanti sul tema delle
innovazioni.
In base all’art. 1120, c. 2°, c.c. sono vietate le innovazioni che
possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che
ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni
dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
In base all’art. 1121, c. 1°, c.c., qualora l’innovazione importi una
spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari
condizioni e all’importanza dell’edificio e consiste in opere, impianti o
manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono
trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Le innovazioni vietate possono egualmente essere apportate alla cosa comune,
a condizione che siano approvate all’unanimità da tutti i condomini, non essendo
sufficiente la maggioranza dei voti (vedi Cass. 9 luglio 1975 sentenza n. 2696).
Deve dunque ritenersi vietata ogni innovazione che si traduce in un
accrescimento di diritto o di utilità a favore di un condomino e in pregiudizio
di altri.
Al fine di stabilire se le opere modificatrici della cosa comune abbiano
pregiudicato il decoro architettonico di un fabbricato condominiale,
devono essere tenute presenti le condizioni in cui quest’ultimo si trovava prima
dell’esecuzione delle opere stesse, con la conseguenza che una modifica non può
essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico se apportata ad un
edificio la cui estetica era stata già menomata a seguito di precedenti lavori
ovvero che sia di mediocre livello architettonico.
Quindi neanche con la maggioranza dei 2/3 i condomini possono deliberare
innovazioni che possono potenzialmente creare problemi alla stabilità o alla
sicurezza del fabbricato, al suo decoro architettonico o che rendano alcune
parti dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo
condomino.
Tra le ipotesi di innovazioni prese in esame dalla giurisprudenza sono state
considerate vietate:
-la costruzione di un’autorimessa condominiale nei casi in cui alteri la
naturale funzione del cortile (consistente nel dare arie e luce ai locali di
proprietà esclusiva che vi si affacciano e di consentire il libero transito per
accedere ai locali stessi;
-la soppressione dell’impianto centralizzato dell’acqua calda compreso
tra le parti comuni dell’edificio (vedi art. 117 n. 2 e 3 c.c.);
-la costruzione che occupi un’area destinata a rimanere libera in
relazione alla sua destinazione ad area verde;
-le innovazioni che coinvolgono parti di proprietà esclusiva;
-la collocazione di una rampa di accesso al portone di ingresso,
richiesta da un portatore di handicap, tale da richiedere opere di carattere
murario all’ingresso ed interventi nel giardino comune tali da modificare
l’estetica dell’edificio ed sottrarre superficie alla cosa comune;
-l’innovazione consistente nella concessione in locazione di una parte
dell’androne per la costruzione di in box da adibire allo svolgimento di
attività commerciale;
Non sono considerate vietate, quelle che compromettono qualche facoltà di
godimento per tutti i condomini, a meno che il danno che subiscano alcuni
condomini non sia compensato dal vantaggio.(ad es. l’installazione di pannelli
solari, la modifica e l’automatizzazione dei cancelli di ingresso,
l’installazione del impianto di citofono.)
Il sottotetto
IL sottotetto non è indicato nell’art. 117 cod. civ. come parte comune
dell’edificio. E' lo spazio compreso tra il tetto ed il solaio che copre
l’ultimo piano e si determina in base al titolo e in mancanza in base alla
funzione cui esso è destinato in concreto.
Pertanto, ove trattisi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione
dell’appartamento dell’ultimo piano esso ne costituisce pertinenza e deve perciò
considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell’ultimo piano, mentre
va annoverato tra le parti comuni se è utilizzabile, anche solo parzialmente,
per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione
prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del
titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da
parte di tutti i proprietari esclusivi. (Cass. civile sez II, 20-07-1999 n.
7764).
Nel caso in cui non siano destinati all'uso comune e non siano annessi a parti
comuni , la tasformazione in vani abitabili dal proprietario, non comporta
l'insorgere di alcun diritto negli altri condomini , a nulla rilevando che le
opere siano o non siano legittime nei confronti della pubblica amministrazione
in relazione agli strumenti urbanistici vigenti (Cassazione, 14 febbraio 1980,
n. 1106) e ogni spesa a essi relativa graverà sui proprietari esclusivi.
Inoltre la trasformazione di un sottotetto in mansarda abitabile non realizza
alcun nuovo piano. Di conseguenza, a quest'opera non si applicheranno le norme
sui sopralzi, tra le quali l'obbligo di corrispondere un'indennità agli altri
condomini (Cassazione, 24 gennaio 1983, n. 680).
Come considerare il balcone’
Un bene condominiale, oppure del singolo condomino’
Ringhiere e parapetti dei balconi: Il parapetto ha come scopo l'impedire
al proprietario di casa di precipitare sulla strada: quindi é lui che deve
occuparsene.
Solo quando al balcone sono aggiunti elementi di abbellimento (stucchi, statue,
fregi), la loro manutenzione compete all'intero condominio.
Balconi a castello: Si definiscono così quei balconi incassati nel
perimetro dei muri portanti dell'edificio.
Il fondo di ogni balcone va mantenuto a cura del proprietario del balcone di
sotto, a cui fa da soffitto.
Inoltre, la struttura portante del piano di un balcone a castello è parte
integrante di quella dell'edificio.
La sua manutenzione è a carico di tutto il condominio. Le spese per la
pavimentazione e per la ringhiera sono a carico del proprietario del balcone,
quelle delle travi portanti vanno sopportate dalla comunità condominiale e
quelle del sottofondo sono a carico del proprietario del balcone di sotto.
Balconi sporgenti: Ogni balcone sporgente appartiene al proprietario
dell'appartamento che serve. Quindi tutte le spese per la sua manutenzione e
ricostruzione ricadono interamente su di lui e, in caso di danni a persone o
cose derivanti dal distacco di intonaco o addirittura pezzi di cemento, lui é il
solo responsabile.
Eventuali eccezioni li abbiamo quando il frontalino corre lungo tutta la
facciata e segue anche il perimetro dei balconi sporgenti, quando lungo la
facciata vi sono decorazioni o stucchi che vanno a coprire in parte o in tutto i
balconi singoli e quando una fila di balconi sporgenti é stata costruita in modo
tale che il fondo del balcone di sopra faccia da soffitto a quello di sotto.
In quest'ultimo caso la manutenzione dell'intonaco o della copertura del
sottofondo di ogni balcone va a carico del proprietario del balcone di sotto,
applicando l'articolo 1125 del codice civile.
I lastrici solari
I lastrici solari sono i piani o terrazzi posti a copertura della sommità degli
edifici per proteggerli dalle intemperie.
A norma dell'art.1117 c.c. il lastrico solare è compreso fra le aree
condominiali. Per contratto il lastrico solare può essere però attribuito in
proprietà od uso esclusivo ad uno dei condomini.
Nella prima ipotesi, la ripartizione delle spese, secondo il principio generale
fissato dall'art. 1123 cc., dovrà avvenire in base al valore del piano o della
porzione di piano di ciascuno dei condomini, ossia, nella normalità dei casi, in
base alle tabelle millesimali.
Nel secondo caso, invece, un terzo della spesa dovrà essere sopportato dal solo
titolare della proprietà esclusiva o dell'uso del lastrico, mentre i rimanenti
due terzi dovranno essere ripartititi fra tutti i proprietari degli appartamenti
siti nella verticale coperta dal lastrico, compreso lo stesso proprietario o
usuario del lastrico se proprietario anche di uno di tali appartamenti.
Diritti sulle aree
condominiali
Tutti i condomini sono comproprietari delle aree condominiali.
Il diritto su tali aree spettante a ciascuno è proporzionale al valore del piano
o della porzione di piano di cui è proprietario.
Nella gran parte dei casi la determinazione di tale quota di comproprietà si
calcola in base alla tabella millesimale, cioè al numero di millesimi attribuiti
a ciascun piano o porzione di piano (appartamenti, cantine, box) in rapporto a
parametri quali l'estensione volumetrica, il piano, l'esposizione, etc.
Il diritto di comproprietà di ciascun condomino comprende il diritto di usare e
di godere delle parti comuni, con i limiti tassativi di rispettarne la
destinazione d'uso (es. un cortile condominiale non può essere adibito a
parcheggio a meno che non sia l'assemblea, con le maggioranze prescritte dalla
legge, a deciderlo) di non impedire o anche solo comprimere l'eguale diritto
d'uso e il godimento spettante agli altri.
I condomini non possono in alcun modo rinunciare ai propri diritti sulle aree
comuni, né sottrarsi al relativo obbligo di contribuire alle spese necessarie
per la loro manutenzione.
Del pari, essi non possono nemmeno procedere di comune accordo alla divisione
dei beni in comunione. L'art. 1119 c.c., infatti, ammette la divisione solo per
quelle parti dell'edificio il cui godimento possa essere reso più comodo per i
condomini mediante il frazionamento.
Un'eventuale divisione disposta dai condomini malgrado tale divieto sarebbe
completamente nulla, ossia destinata a non produrre alcun effetto giuridico.
Associazione di
Amministratori
Se lo scopo dell'associazione è quello di dividere alcune spese (tel., luce,
cancelleria, etc..) senza con cio' toccare l'autonomia dei singoli
professionisti che continuano ad assumere personalmente obblighi nei confronti
dei terzi, la posizione previdenziale è quella dei professionisti senza cassa,
che devono iscriversi alla gestione Inps dei parasubordinati, ed addebitare ai
singoli condomini un contributo a titolo di rivalsa pari al 4% del compenso
lordo percepito.
Mentre se l'associazione opera attraverso una società che assume direttamente
gli obblighi nei confronti dei condomini ed emette fattura per le prestazioni
rese, i singoli soci hanno l'obbligo di iscriversi all'Inps come commercianti e
sulla quota di utili assegnata a fine anno, versare i relativi contributi.
ra Condominio e Gestori
telefonici: i canoni vanno dichiarati
Il rapporto contrattuale che intercorre tra il gestore delle reti di telefonia
mobile e i proprietari degli immobili si sostanzia nel pagamento di un
corrispettivo al fine di poter installare antenne e ripetitori sui lastrici
solari dell'immobile.
Scopo del contratto è quello di consentire al gestore l'installazione di
antenne, ripetitori e stazioni radio e di compiere nei locali stessi lavori di
adattamento, manutenzione e gestione degli impianti. Il caso, pertanto, presenta
i caratteri dell''obbligazione di permettere', assunta dai proprietari degli
immobili nei confronti del gestore dietro il pagamento di un corrispettivo e, in
quanto tale, deve essere considerata anche ai fini del relativo trattamento
tributario.
Le somme percepite vanno imputate, pro quota, a ciascun condomino e di
conseguenza rientrano nella previsione dell'articolo 81, comma 1, lettera l),
del Tuir, redditi diversi.
Si precisa a questo fine che la figura dell'amministratore del condominio
interessato dall'installazione degli impianti ripetitori è assimilabile a quella
di un mandatario con rappresentanza, per cui egli può provvedere alla
sottoscrizione del contratto, previa autorizzazione deliberata in sede di
assemblea condominiale, nonché alla ripartizione dei corrispettivi in capo a
ciascun condomino sulla base delle tabelle millesimali di proprietà.
Ripartizione spese Balconi, Finestre e Antenne
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Ripartizione spese: Muri, Facciate, Terrazze - Tetti & Sottotetti e Lastrici Solari
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Ripartizione spese: Scale & Portoni, Cortili & Giardini e Box auto
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Ripartizione spese: Acqua, Riscaldamento, Canna Fumaria, Ascensore, Antenna, Contatore e Piscina & Campo Tennis
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Ripartizione Spese tra Inquilino e Proprietario: Impianto idrico, gas, riscaldamento, acqua calda, elettrico, Pareti e Soffitti, Pavimenti e Serramenti.
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Ripartizione Spese tra Inquilino e Proprietario: Impianto idrico, gas, riscaldamento, acqua calda, elettrico, Pareti e Soffitti, Pavimenti e Serramenti.
|
Ripartizione Spese tra Inquilino e Proprietario: Amministrazione, Ascensore, Autoclave, Fognature e Impianti di condizionamento, Tv e riscaldamento.
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Ripartizione Spese tra Inquilino e Proprietario: Cortili e Giardini, Cantine, Scale, tetti, muri e atri, Pareti, Acqua e rampe autorimesse
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